Leggevo i salmi dell’ora media del giovedì della terza settimana e l’attenzione si è fermata sui seguenti versetti:
“Prima di essere umiliato
andavo errando,
ma ora osservo la tua parola”.
Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti”
Salmo 118/119 – vv. 67.71)
A seguito di questa lettura mi è venuta una quantità tale di pensieri che non riuscirei mai a fissarli ordinatamente. Ogni pensiero poi diventava un tema importante da sviluppare, anche se tutti i temi erano sempre più stretti in una profondissima unità organica. Ora provo, tuttavia, a mettere giù qualche pensiero, per me e per gli altri, sentendo un bisogno imperioso di comunicare: “Un fuoco ardente chiuso nelle mie ossa” (Ger. 20,9).
1. Umiliato dal mondo, dalla Chiesa e, soprattutto dalla mia personale estrema miseria, comunico in obbedienza allo Spirito e alla Parola.
Io umiliato dal mondo? Direi proprio di no. Anzi, come sacerdote
religioso, nei vari incarichi che mi sono stati affidati in quella
parte del mondo che è l’Italia, mi sembra di essere
stato considerato più del giusto. Eppure mi sento umiliato
dalle innumerevoli e tremende umiliazioni che subisce tanta parte
dell’umanità in un mondo pieno di ingiustizie e
violenze.
Io umiliato dalla Chiesa? Anche qui la prima risposta è no:
son pieno di debiti, non di carattere economico, nei confronti
della mia Chiesa. Né mi sento umiliato dalle umiliazioni che
subisce la Chiesa perché penso che siano sempre delle
grazie. Se ne rendevano bene conto gli apostoli che “se ne
andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore
del nome di Gesù.” (Atti 5, 4l).
Io umiliato dalla mia personale estrema miseria? Qui la risposta
è subito affermativa. La confessione dei miei limiti e dei
miei peccati non finirebbe mai, e se con il tempo c’è
qualche miglioramento, cresce la consapevolezza della mancanza di
fede, di speranza e di carità.
Ciò nonostante oso comunicare in obbedienza allo Spirito e
alla Parola.
Non mi sembra di aver mai sperimentato l’azione in me
dello Spirito e mi sono ritrovato piuttosto confuso quando,
stimolato anche dalle esperienze raccontate da altri, ho provato a
riconoscere dei momenti in cui sono stato ispirato. Ogni passo nel
mio cammino spirituale mi è apparso come logicamente
successivo ai passi precedenti.
Eppure penso di comunicare “in obbedienza a Dio”, che
si è rivelato in Gesù Cristo il quale ha inviato lo
Spirito perchè potessimo capire tutto quello che Lui ci ha
insegnato: “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre
manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e
vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto.” (Giov
14,26) (cfr Giov 16,13-15). Per questo cercando, nella mia estrema
miseria, un’eco della Parola, oso affermare che lo faccio in
obbedienza allo Spirito.
2. Una decina di anni fa rivolsi un appello ai piccoli e ai poveri affinchè si unissero per sostenersi in tale esperienza e portassero così grandi frutti per la società.
Ho riletto quel testo e l’ho trovato pieno di senso e del
tutto attuale. Il compiacimento per quello che lo Spirito mi aveva
dato di capire si fonde con l’amarezza per la scarsità
delle risposte. Più esattamente molti grandi a cui mi ero
rivolto non lo hanno trasmesso come avrebbero dovuto ai piccoli e
ai poveri. Ingenuità della mia attesa!
Premesso che per capire l’appello era necessario cogliere la
tragicità del mondo in cui viviamo, senza sentirsi in esso
ben installati, richiamavo l’attenzione sul fatto che tutti,
per la condizione creaturale, siamo piccoli e poveri e, al tempo
stesso, alcuni sono piccoli e poveri perché altri sono
grandi e ricchi con tante ingiustizie e violenze.
L’appello era ad essere uniti, non in cerca di una maggiore
forza, ma per sostenersi nell’esperienza di debolezza,
ricavandone frutti di cui la società ha particolare bisogno:
conoscere i suoi reali problemi per crescere e governarsi nel modo
migliore, accrescere la carica di gratuità di cui certamente
non è priva, rafforzare la volontà di combattere
contro il male, scoprendo che il problema di fondo sta nel potere e
nella crescita di libertà.
Unirsi, quindi, aiutandosi a riconoscere il valore delle proprie
esperienze.
In tal modo si arriverà a nuove analisi, capaci di
riconoscere le maggiori risorse nella coscienza dei piccoli e dei
poveri. Dalle nuove analisi nasceranno nuovi movimenti, nuove
condivisioni e nuove liberazioni.
Seguivano suggerimenti per i sindacati, per la politica che si
ritiene forte mentre è debole, per le Acli e in particolare
per chi vive esperienze di emarginazione.
Dall’appello, infine, risalivo all’annuncio del Vangelo
e alla necessità di una continua conversione della
Chiesa.
3. Recentemente ho proposto il “giubileo dei piccoli e dei poveri”.
Scorrendo il calendario dell’Anno Santo 2000 sono rimasto
colpito dal numero dei giubilei che vengono proposti, a partire dal
giubileo dei bambini fino a quello del mondo dello
spettacolo.
Mi è venuto così in mente di proporre anche il
Giubileo dei piccoli. E’ chiaro che con il termine
“piccoli” non intendo solo i bambini. La mia è
una proposta trasversale che riguarda tutte le creature che
sperimentano la loro radicale insufficienza nelle condizioni di
peccato e di morte.
Per piccoli intendo quelli di cui parla il Signore: “In
quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito e
disse: Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra,
che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai
rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a
Te è piaciuto” (Lc 10,21).
Essendo il Giubileo tempo di conversione e di festa è
estremamente importante considerare per che cosa il Signore
“esultò” e cercare che la nostra gioia e la
nostra festa abbiano lo stesso motivo di fondo: il disegno del
Padre.
Provo ad indicare alcune caratteristiche del Giubileo dei
piccoli.
In primo luogo penso che debba essere un fatto interiore, un
cammino di conversione del cuore nella docilità allo Spirito
Santo: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in
Cristo Gesù” (Fil. 2,5).
La manifestazione esteriore e comunitaria di questo evento
interiore può essere in qualche misura utile e doverosa. Ma
il Giubileo dei piccoli sarà molto attento ad evitare che la
dimensione esteriore distragga, intralci o addirittura sostituisca
quella interiore.
Il Giubileo dei piccoli sarà un impegno a convertire al
Signore tutta la propria vita e non solo a compiere qualche opera
buona. Questo significa che bisogna cercare la comunione con la
morte e la resurrezione del Signore là dove ci si trova a
vivere. Non si tratta evidentemente solo del luogo spaziale ma
della situazione in cui ci si trova, di quel che accade a noi e
attorno a noi, di tutta le “gioie e le speranze, le tristezze
e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di
coloro che soffrono” (G.S. 1). Stare con fede dove il Signore
ci ha posto, attenti al vicino di casa come ai fenomeni della
globalizzazione. Questo non significa che non possa essere utile
l’andare del pellegrino - non quello del turista - ma occorre
fare attenzione che non si tratti di evasione, assentandosi dai
luoghi del nostro continuo pellegrinaggio terreno, dove ogni giorno
sperimentiamo la nostra piccolezza e con questa la salvezza che
viene dal Signore.
Il Giubileo dei piccoli non può essere datato in un giorno,
in un mese e neppure in un anno. La gioia e la pace della comunione
con il Figlio di Dio e di Maria, che muore e risorge, ci sono
proposte dalla Chiesa in tutte le ore, liete e tristi, della nostra
giornata terrena. Stabilire una data è utile nella misura in
cui serve a ricordarci che tutti i giorni sono buoni, che ogni ora
è un’occasione straordinaria per vivere
“l’amore di Dio che è stato riversato nei nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato
dato” (Rm 5,5).
Il Giubileo dei piccoli è comunione con tutte le creature di
Dio, con tutte le donne e tutti gli uomini della terra, senza
escludere nessuno, come lo Spirito Santo che “tutto unisce
perché conosce ogni linguaggio” (Antifona di
Pentecoste).
Il Giubileo dei piccoli è quindi ricerca di comunione con
tutte le gioie che in ogni momento sperimentano gli abitanti del
mondo, nella fede che Dio è la sorgente di ogni vera gioia e
che, per la resurrezione del Signore, siamo tutti chiamati alla
Gerusalemme celeste dove Dio “tergerà ogni lacrima dai
nostri occhi; non ci sarà più la morte, né
lutto, né lamento, né affanno, perché le cose
di prima sono passate” (Ap. 21,4).
Il Giubileo dei piccoli è condivisione con tutte le
sofferenze umane, è apertura alla compassione universale e
radicale di Dio che “quando venne la pienezza del tempo,
mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per
riscattare coloro che erano sotto la legge, perché
ricevessimo l’adozione a figli” (Gal. 4,4-5).
Quindi il Giubileo dei piccoli è la festa dei peccatori,
grandi e piccoli, che trovano la forza per convertirsi sapendo che
“ci sarà più gioia in cielo per un peccatore
convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di
conversione” (Lc 15,7).
4. Ora nella Chiesa confesso la fede nel Signore veramente risorto.
Credo che la paternità
di Dio si rivela con pienezza nella morte e nella risurrezione di
Gesù Cristo, che la gloria dell’onnipotenza si
manifesta nell’umiliazione della morte in croce.
Le mie parole e i miei pensieri cedono il passo alla lode della
Chiesa e all’adorazione silenziosa del mistero infinito.
E’ il punto di partenza di tutto il resto.
O Spirito Paraclito,
uno col Padre e il Figlio,
discendi a noi benigno
nell’intimo dei cuori.
Voce e mente si accordino
nel ritmo della lode,
e il tuo fuoco ci unisca
in un’anima sola.
O luce di sapienza,
rivelaci il mistero,
del Dio trino e unico,
forte di eterno amore. Amen
(Inno di terza)
5. Con un intervento che, fidando nello Spirito, spero sia profetico, mi rivolgo a tutti gli umiliati dal mondo, dalla Chiesa e dalla propria miseria.
Nonostante
l’insegnamento conciliare circa la vocazione di tutti i
cristiani a partecipare alla regalità, al sacerdozio, e alla
profezia di Gesù Cristo (Lumen Gentium nn. 12, 31,36), il
termine profezia è oggi spesso ignorato e frainteso, fino a
contrapporlo all’impegno nel mondo e nella
politica.
E’ urgente ritrovare e vivere il significato biblico della
profezia per non diventare sale insipido, per non girare a vuoto
nel mondo, con il rischio di aumentarne la confusione e la
violenza.
Spero, nonostante la mia miseria, di comunicare qualcosa che nasca
dall’ascolto della parola di Dio ed abbia, quindi, valenza
profetica.
6. Rivolgendomi anni fa ai piccoli ed ai poveri cercavo di passare dall’appello all’annuncio. Ora mi propongo di entrare direttamente nell’annuncio della Chiesa per aiutare a scoprire in esso un appello urgente.
Allora dicevo: “Dall’appello all’annuncio.
Appello ai piccoli e ai poveri perché si uniscano per
sostenersi in tale esperienza e portare frutti per la
società. E’ questo un appello politico che contiene in
modo implicito l’annuncio del Vangelo. L’esplicitazione
del Vangelo dà senso pieno a questo appello
politico”.
Ora potrei dire: “dall’annuncio
all’appello“. L’annuncio del Vangelo
è chiaramente il fondamento della nostra vocazione. Tutto
parte dall’iniziativa di Dio; il battesimo è
l’inserimento nella morte e nella risurrezione del Signore e
il fondamento dell’etica cristiana (Fuchs).
In tal modo l’urgenza dell’appello politico passa in
secondo piano? Assolutamente no perché l’annuncio del
Vangelo è rivelazione del senso della storia, dalla
città di Caino alla Gerusalemme celeste. (De Lubac).
* I piccoli, i poveri,
gli umili.
Sono categorie importantissime per capire la parola di Dio e per
annunciarla nel mondo, con la vita più che con le nostre
parole.
Ricorrendo, tuttavia, a queste categorie occorre ricordarsi sempre
del mistero insondabile che è ogni persona umana, che
richiede il massimo rispetto, cercando di ridurre al minimo la
violenza delle nostre, pur necessarie, classificazioni.
* C’è una
differenza fra piccoli e poveri da un lato e umiliati
dall’altro?
Di fatto queste categorie per lo più coincidono.
Mi sembra, tuttavia, che si possa cogliere una differenza: Piccoli
e poveri si è, umiliati si diventa. Oserei dire che la
qualifica di umiliati è più dinamica, mette
più in risalto un divenire, un fatto o meglio una serie di
fatti che umiliano. E molto spesso questi fatti sono i
comportamenti di chi per i propri interessi, per la propria
esaltazione umilia gli altri.
Parlare di umiliati significa molto spesso mettere in luce il
peccato di chi è causa dell’umiliazione.
* Il termine
“umiliati” può facilitare il recupero del
concetto di umiltà, così centrale in tutta la
rivelazione e così dimenticato nella riflessione dei
cristiani riguardo al loro impegno sociale e politico. Non mi pare
di aver trovato questa virtù, fondamentale in tutta
l’esperienza spirituale, nella dottrina sociale della Chiesa
(v. Mongillo nel Nuovo Dizionario di Spiritualità; De
Flores, Goffi).
L’umiltà e l’umiliazione sono la chiave della
salvezza (Fil 2; Apoc 5)
7. E’ necessaria una dolorosa denuncia, confessione di peccati personali e comunitari
Nell’Enciclica “Sollicitudo rei socialis”
Giovanni Paolo II dice: “All’esercizio del ministero
dell’evangelizzazione in campo sociale, che è un
aspetto della funzione profetica della Chiesa, appartiene pure la
denuncia dei mali e delle ingiustizie. Ma conviene chiarire che
l’annuncio è sempre più importante della
denuncia, e che questa non può prescindere da quello che le
offre la vera solidità e la forza della motivazione
più alta” (SRS n.41).
Bello, confortante, lieto è l’annuncio, ma convertirsi
al Vangelo è un cammino faticoso che ha in fondo la croce.
Comincia con la denuncia dei propri peccati ma comporta anche il
riconoscimento delle colpe della Chiesa, per essere in essa membra
vive e non lasciarsi trasportare pigramente.
La denuncia del male nella Chiesa può dare a qualcuno un
sollievo giustificatorio dei propri peccati: si corre il rischio di
compiacersi nel giudicare. Il riconoscimento autentico delle
carenze della propria Chiesa aumenta l’umiliazione ma apre
anche a una grande speranza e rafforza l’amore universale.
E’ un atteggiamento ben diverso da certe esaltazioni
ecclesiali prive di discernimento che volgono facilmente in
idolatria e preparano i più tremendi conflitti tra le
diverse religioni.
Nell’umiltà personale e collettiva si ritrova la
bellezza ed il conforto della gioia dell’annuncio.
8. Gli umiliati dal mondo crescono di numero e per la gravità delle umiliazioni nel tempo di una globalizzazione di cui non si vede alternativa.
Il salmo dell’ora media mi ha dato un’ulteriore
spinta a rivolgere la mente e il cuore a tutti gli umiliati del
mondo che sono la realtà in cui cerco di vivere e
specialmente di pregare.
Sei miliardi di sorelle e fratelli, tutti umiliati anche se in
grado diversissimo e non pochi di loro che umiliano gli altri con
ingiustizia e violenze, con piccole o immense
responsabilità. Chi è più da compatire?
La grande umiliazione avviene su vie non molto diverse dalla
globalizzazione. A questo punto il mio pensiero è richiamato
da tante riflessioni che oggi si fanno su questo cambiamento
così radicale, pur nella continuità del cammino
storico. A me sembra che la globalizzazione richiami urgentemente
la contemplazione e in particolare la Chiesa che esiste per
trasmettere e far crescere la tradizione apostolica nella
contemplazione di fede del Mistero rivelato (DV. n. 8).
“Ciò che era fin da principio, ciò che noi
abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri
occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le
nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché
la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di
ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna,
che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello
che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi,
perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra
comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo.
Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia
perfetta”. (1 Gv. 1, 1-4)
Ci sono degli umiliati nella nostra società italiana che mi
sono particolarmente vicini, che occupano uno spazio crescente nei
miei pensieri e nel mio affetto: sono i giovani che incontrano
grandi difficoltà a trovare lavoro.
Appaiono spesso demotivati, specialmente negli studi universitari,
e in qualche misura demoralizzati. Al tempo stesso sono
disincantati, con una maturità che può avere un
grande valore per la costruzione di un futuro sociale profondamente
rinnovato.
Accanto al carrierismo spudorato o nascosto e, ahimè, non di
rado benedetto, ci sono molti giovani che si accontentano, e anche
questo può essere un segno di maturità e un
presupposto della solidarietà. Sono germi di speranza di
cambiamento della società.
9. In occasione del giubileo dell’anno
2000 si evidenziano tentazioni e sbandamenti di molti che nella
Chiesa esercitano il potere e, di conseguenza, l’umiliazione
del popolo di Dio su cui questo potere è esercitato. Non
mancano poi le umiliazioni anche per chi umilia gli
altri.
“Bene per me se sono stato umiliato”; il salmo non dice “guai a chi mi ha umiliato”, ma lo si può immaginare cogliendo un parallelo con le beatitudini nel Vangelo di Luca: “Beati voi poveri – guai a voi ricchi”.
Il mio pensiero corre a tante persone che oggi si sentono
umiliate all’interno della Chiesa e a tante altre che lo sono
senza nemmeno rendersene conto.
L’annuncio del Vangelo, che è il compito primario di
tutta la Chiesa, è il vero conforto per ogni essere umano,
la vera consolazione in ogni sofferenza, l’esaltazione di chi
è piccolo e povero, di chi si umilia, la glorificazione nel
Signore di ogni creatura.
“Gesù si recò a Nazareth, dove era stato
allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella
sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del
profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è
sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato per annunziare ai poveri
un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri
la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore
(Lc 4,16-19)
Questo testo lo si ripete frequentemente in rapporto al prossimo
Giubileo, ma non sempre si agisce coerentemente.
Tante esperienze personali di cristiani diversamente collocati
nella Chiesa-istituzione manifestano l’umiliazione di
ritrovarsi in una Chiesa mondanizzata per i legami economici e le
ricchezze, per la seduzione di ogni forma di potere, per
l’esteriorizzazione nella preoccupazione dell’immagine
e del numero, non quello dei salvati ma quello nella piazza.
Tanti sono umiliati da chi esercita il potere, anche nel campo
spirituale, come se l’azione dello Spirito fosse costretta
nelle canalizzazioni costruite dagli uomini. Così lo spirito
di molti, vivificato dallo Spirito Santo, si trova mortificato da
programmazioni umane, illusorie ed arroganti, che trascurano
l’ascolto della Parola e dell’intelligenza di questa
che è data ai piccoli e negata ai dotti e ai sapienti (cfr.
Mt 11,25-27; Lc 10,21-22). L’umiliazione può
consistere nell’emarginazione ma anche
nell’inquadratura, accompagnata magari da onori formali, in
un sistema o in un programma che non risponde affatto al sentire
profondo di chi è inquadrato.
Ciò può avvenire come sofferenza, ma anche con
acquiescenza, pigra o furbesca; l’umiliazione acconsentita e
compiaciuta è il male peggiore.
Più o meno consapevolmente molti sono umiliati perché
la loro Chiesa si esalta.
* Gli umiliati nella
Chiesa oggi sono tanti anche a causa di un verticismo crescente in
gran contrasto con il Concilio Vaticano II. Nella Chiesa che
è in Italia questo fenomeno è particolarmente
accentuato.
Ci sono umiliati nella Chiesa che soffrono di questa condizione, ma
ce ne sono anche di quelli che se ne compiacciono. Tanti si trovano
bene in una condizione di deresponsabilizzazione. Qualcuno poi
furbescamente strumentalizza la docilità verso i pastori in
vista di un avallo dei suoi affari economici e politici.
A questo punto mi pongo il problema di quanto sia necessario
rilevare dei fatti, fare dei nomi e cognomi. Penso sia questa una
cosa doverosa per non rimanere nel vago, diventando
corresponsabili, con una sorta di omertà.
Resta tuttavia il timore di essere giudicati ma soprattutto di
cadere in quel giudicare che il Signore ha chiaramente
riprovato.
10. Tutti siamo umiliati nella nostra condizione
creaturale, nella contraddizione fra il desiderio di vita e il
destino di morte, dagli innumerevoli contrasti fra i desideri della
carne e quelli dello spirito
L’umiliazione è costitutiva dell’essere
creature. Dio ci crea umiliandoci, non per sadismo, ma per unirci a
sé.
E Dio si umilia per unirci a Lui. Siamo amorevolmente chiamati
ad accettare questa umiliazione-comunione, rinunciando ad ogni
autonomia nei confronti di Dio.
La contraddizione fra desiderio di vita ed esperienza di morte,
quando si acuisce dolorosamente, spinge all’unione con Dio
nell’esercizio delle virtù teologali e alla dimensione
contemplativa della nostra vita.
I contrasti fra i desideri della carne e quelli dello spirito
creano in noi una tensione dolorosa che ci dispone all’attesa
operante della resurrezione in Gesù Cristo.
11. Accogliamo liberamente e generosamente le umiliazioni che ci uniscono al Signore che ha salvato il mondo con la morte in croce.
E’ la vita cristiana. E’ la vocazione della
Chiesa.
Accade in un momento, qui ed ora, e si protrae per tutta la vita.
E’ un gesto interiore, semplice, silenzioso e liberante , che
penetra in tutti i nostri impegni di lavoro, familiari e
sociali.
E’ un cambiamento radicale e rivoluzionario con lo stile e il
fascino della mistica.
E’ al di là di ogni ragionevolezza ma salva la ragione
ed ogni altra facoltà umana.
12.Mi rivolgo a quanti sono umiliati e in quanto si sentono umiliati: aiutiamoci a credere che per la sua umiliazione il Signore dà senso e salva la storia di ognuno e dell’umanità
Elemento centrale dell’appello agli umiliati è
l’invito ad essere uniti nella comunicazione delle proprie
esperienze. L’esperienza è unica e molteplice, la
comunicazione aiuta il discernimento di fede di ciò che
ognuno sperimenta e della realtà ecclesiale e mondana in cui
tutti viviamo.
Aiutiamoci a credere. In che cosa può consistere questo
aiuto dato che credere è un fatto interiore e un dono dello
Spirito che opera in noi?
Immersi e sommersi nella mondanità, cioè in una
continua stimolazione a cercare dei beni che ci distraggono da Dio,
dobbiamo aiutarci ad emergere a resistere. Non si tratta di
ignorare o rifiutare un mondo che dobbiamo amare e in cui dobbiamo
operare, ma di stare in esso, rimanendo in ascolto di Dio.
“Abita la terra e vivi con fede” (Salmo 36/37, 3)
Aiutiamoci a stare in ascolto della Parola, celebrando con fede il
Mistero Pasquale, rendendo la nostra vita una continua
eucarestia.
13. Cominciamo a leggere tutti gli eventi, da quelli personali a quelli che ci coinvolgono nella globalizzazione, come estensione del Mistero Pasquale.
Mi rivolgo agli umiliati in quanto si sentono tali e accettano
in qualche modo questa condizione perché ne intravedono il
valore. Non mi rivolgo quindi, almeno in primo luogo, a quanti sono
solo arrabbiati contro chi li umilia e cercano di vendicarsi
rovesciando la posizione. Gli umiliati che, più o meno
consapevolmente, sono uniti a Gesù Cristo che disse:
“Venite a me voi tutti …. imparate da me che sono mite
ed umile di cuore” (Mt 11), sono coloro che possono capire il
senso di quello che oggi succede.
In un mondo che per molti versi non sa più dove sta andando
sono gli umiliati che possono far luce sul presente e sul futuro.
Loro sono coinvolti ma non stravolti. Chi sta fuori in posizione
privilegiata, perché ricco e potente o perché
distaccato in studi accademici gratificanti, non capisce. Non serve
vedere, magari sul piccolo schermo, per poi giudicare ed agire,
occorre provare sulla propria pelle per capire quel che succede.
Oggi tanti parlano di globalizzazione. Molti essendo già
globalizzati nella mente e nel cuore, non sanno fare altro che
assecondare il fenomeno, vivendo, e quel che è peggio,
diffondendo pie illusioni. Qualcuno che riflette con più
acume (Latouche) rileva che la prima cosa da fare è
liberarsi dal convincimento che le cose non possono andare
diversamente da come vanno.
Solo gli umiliati potranno reagire in modo efficace.
Nel 1995 l’editrice AVE pubblicò un libro da me
curato: “La cattedra dei piccoli e dei poveri”.
Qualcuno raccolse con entusiasmo la proposta - provocazione, ma la
pratica di tale cattedra risulta ardua, forse impossibile senza
un’esperienza di fede adulta. Eppure questa cattedra è
urgente ed è per questo necessario prendere le distanze e
denunciare non poche cattedre di grandi e di ricchi, sul piano
materiale come su quello di una cultura aliena dal servizio.
A proposito di cattedre sarebbe bene aver sempre presente quanto
dice il Signore nel capitolo 23 di Matteo circa l’ipocrisia e
la vanità degli scribi e dei farisei.
14. A partire da una lettura nuova degli eventi gli umiliati potranno diventare soggetti di nuovi movimenti politici.
Con molta esitazione aggiungo a movimenti la qualifica
“politici”. Il termine politica è sempre
più legato al potere, alla ricerca, alla gestione e alla
conservazione del potere. Quanti hanno potere non sono disposti a
riconoscere la soggettività politica a chi opera dal basso
per costruire la società, la polis. E quanti non hanno
potere lo cercano come condizione per migliorare la società.
Chi umilia non dà spazio a chi è umiliato.
Ciò conferma che la novità, il respiro nella
convivenza umana, può venire solo da chi è
umiliato.
L’umiliazione riconosciuta come un bene è forza
vincente (1 Giov. 4). E’ la possibilità di resistenza
alle forze immense della globalizzazione, è la
capacità di rottura in profondità con le forze
dominanti.
L’umiliazione con il suo immenso valore è
l’esperienza più diffusa nell’umanità e
ne è la più grande risorsa, ma è anche la
realtà più negata da una minoranza, sempre più
ristretta e condizionata, di coloro che hanno i grandi poteri del
mondo.
15. Resistiamo alle forze poderose che dall’interno e dall’esterno, anche nella Chiesa, ci spingono a guardare il mondo con sapienza solo umana.
E’ urgente mettere a tema la resistenza, ricordando il passato, ma soprattutto guardando il presente
Occorre prendere coscienza delle forze contrarie che puntano, più o meno consapevolmente, proprio ad ottundere le coscienze.
Per raccogliere il valore dell’umiliazione occorre
rinunciare a innumerevoli compensazioni ragionevoli ma distanti
dalla via del Signore: rinunciare alla rivincita, alla rivalsa,
alla rivendicazione personale e comunitaria, alla appartenenza
religiosa, alla religiosità che sostituisce o lascia in
secondo piano la fede.
E’ necessaria la denuncia non per deresponsabilizzarsi, ma
per promuovere un’alternativa non di potere ma al
potere.
Il cambio di chi gestisce il potere può essere molto
importante. Oggi, tuttavia, tale problema è enfatizzato fino
a trascurare ogni azione dal basso, o anche quella dall’alto
rivolta in primo luogo alla maturazione di una coscienza politica
popolare. Per questo non si comprende il Vangelo come alternativa
“al” potere e lo si forza a diventare alternativa
“di” potere.
16. Stringiamoci a Cristo pietra viva.
“Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le
gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro
latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se
davvero avete già gustato quanto è buono il
Signore.
Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta
e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre
vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un
sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio,
per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pietro 2, 1-5).
Mentre si moltiplicano forme di religiosità che vanno sempre
rispettate anche se appaiono lontane dalla fede, che sta in
silenzio davanti al mistero di Dio, occorre concentrarsi
nell’adorazione di Gesù Cristo, della sua morte e
risurrezione.
L’umiliazione più forte deriva da chi esercita il
potere in modo autoritario rifacendosi a Gesù Cristo che
“humiliavit semetipsum”.
17. Contribuiamo alla crescita della Chiesa dei piccoli, dei poveri e degli umiliati, nella sequela di Gesù Cristo
La Chiesa umiliata.
E’ il contrario della Chiesa trionfante!
La Chiesa umiliata libera ed esalta l’umanità, la
Chiesa trionfante su questa terra l’umilia.
Oggi, come sempre da venti secoli, c’è una chiesa
che si esalta ed è esaltata dal mondo, venendo meno alla sua
vocazione, alla sequela del suo Signore sulla via di Gerusalemme,
verso l’ignominia della croce e il trionfo della
risurrezione.
“Prima di essere umiliato andavo errando, ma ora osservo la
tua parola”. Vale per i singoli, per le comunità, per
tutta la Chiesa. Una Chiesa che nel rapporto con il mondo coltiva
la sapienza umana mettendo da parte la sapienza divina rivelata, ha
urgente bisogno di essere umiliata per ritrovare la parola.
Io penso che tutti i cuori sono umiliati perché in tutti
opera lo Spirito inviato dal Padre e da Gesù.
Constato invece che nel pensiero, nella cultura,
nell’organizzazione, nell’azione pastorale, nel
rapporto con il mondo di molti cristiani si annidano germi di
trionfalismo terreno.
La compiacenza del mondo per una Chiesa mondanizzata, che in quanto
tale non è più un lievito ma solo una bella
confezione che non cambia in nulla il prodotto, è un segnale
molto negativo.
Penso alla speranza teologale, che riguarda il tempo della
nostra vita terrena e della storia in stretto collegamento con il
nuovo cielo e la nuova terra, per cui Dio ci crea, ci redime e ci
santifica. Speranza teologale fondata sulla fede
nell’onnipotenza di Dio che si manifesta soprattutto nella
sua misericordia.
Spero che nell’anno giubilare lo Spirito di Dio converta i
cuori interiormente, nascostamente perché “Il regno di
Dio non viene in modo di attirare l’attenzione, e nessuno
dirà: eccolo qui o eccolo là. Perché il regno
di Dio è in mezzo a voi”. E’ la risposta di
Gesù ai farisei che gli domandavano: “Quando
verrà il regno di Dio?” (Lc 17,20-21). E lo Spirito fa
gustare quanto è buono il Signore, condizione questa per
bramare il puro latte spirituale della parola di Dio (cfr. 1 Pr 2,
1-2).
Questo speriamo per il 2000 nonostante le distrazioni e le
tentazioni che vengono dall’impegno organizzativo, dal
coinvolgimento economico e dalla preoccupazione
dell’immagine.
La speranza teologale si fa ancora più grande per il 2001;
quando lo Spirito di Dio non diminuirà i suoi doni, le
tentazioni di esteriorizzazione e di mondanizzazione saranno meno
violente e più forte sarà il bisogno di ritrovare
nell’interiorità il rapporto con Dio, e in lui con
tutta l’umanità e tutta la creazione.
La riscoperta dell’importanza degli umiliati per la salvezza
del mondo aiuta il superamento della frattura tra la fede e la
vita, fra il cammino spirituale e l’impegno nel mondo, fra la
mistica e la politica.
“Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per
usare a tutti misericordia!
O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza
di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili
le sue vie!” (Rm 11,32-33).
“Prima di essere umiliato andavo errando, ma ora osservo la
tua parola” (Sal. 118-119,67).
Un raggio di luce è penetrato nella confusione dei miei
pensieri e dei miei sentimenti.
“Notte, tenebre e
nebbia,
fuggite: entra la luce,
viene Cristo Signore.
Il sole di giustizia
trasfigura ed accende
l’Universo in attesa.”
(Inno di lodi del mercoledì)
Sono umiliato per l’umiliazione di tutta
l’umanità.
Ogni giorno notizie di sciagure, di guerre, di ingiustizie e di
violenze.
Il declino di tutti e di tutto verso una fine che è sullo
sfondo di ogni più promettente inizio.
La corporeità che mentre sostiene lo spirito lo condiziona e
lo spegne.
Il frastuono che esaspera chi non si lascia travolgere.
L’esaltazione della banalità e
dell’insignificanza.
Il culto idolatrico della personalità.
Questa realtà umiliata è visitata, penetrata,
salvata, glorificata dal Figlio di Dio. E’ l’estensione
del Mistero Pasquale.
Ogni piccola o grande presa di coscienza della miseria della
condizione umana turba il discorso cristiano che da sempre ripeto a
me stesso e agli altri. La mia religiosità è
continuamente messa in crisi, ma la fede scende in
profondità, si purifica e si espande con l’allargarsi
dell’orizzonte della miseria umana.
“La tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa
con l’assistenza dello Spirito Santo” (DV n. 8). E
questo accade nell’umiliazione della Chiesa, dei credenti e
di tutti gli uomini che gridando pregano, più o meno
coscientemente, e il Signore li ascolta.
Con gioia pura ed umile,
tra i canti e le preghiere,
accogliamo il Signore,
Salvatore dei poveri,
la gloria del tuo volto
splenda su un mondo nuovo!
A te sia lode o Cristo,
al Padre e al Santo Spirito,
oggi e sempre nei secoli.
Amen
(Inno di lodi del mercoledì)