9 giugno 2012
Presenti: Francesco Giordani, Laura Marini, Antonio Russodivito, Giulio Cascino, Massimo Panvini, Soana Tortora, Roberto Giordani, Anna Polverari, Damiano Nocilla , Liborio Oddo, Tonino Marzia, Pino Baldassari
Giulio, che conduce l'incontro in assenza di Alberto, ci invita ad iniziare la nostra riflessione recitando la sequenza allo Spirito Santo come ci ha insegnato Pio.
Introduce Francesco Giordani :
Per introdurre l'incontro di oggi, partirei dall'ultimo scritto di Pio, "L'etica dal Mistero", dove la parola "silenzio" ritorna spesso.
Il silenzio che ci consente di vedere le cose per come veramente sono.
Infatti, per Pio, il tema del silenzio è profondamente collegato a quello del mistero: il silenzio è l'unico atteggiamento giusto per accostarsi al Mistero di Dio. E' prima di tutto un atto di umiltà con cui si rinuncia a dominare col proprio pensiero la Realtà che si ha di fronte. Come se fosse l'atto di inginocchiarsi mentalmente di fronte a ciò che ci sovrasta totalmente, è l'unica disposizione interiore giusta per un'adorazione autentica. Al tempo stesso è l'unico modo per sperimentare lo stupore e la meraviglia di fronte al Mistero
Al punto 9 della traccia di Pio su cui stiamo riflettendo "La rivoluzione del silenzio", è presente la relazione fra silenzio e mistero sintetizzata in queste frasi : "il silenzio di fronte alla realtà"- "Il silenzio di chi non ha nulla da dire" - "Il silenzio adorante il Mistero"- "Il silenzio adorante il Mistero di Gesù, il Mistero Pasquale" - "C'è il silenzio di chi ha appreso la buona novella e l'accoglie nell'adorazione silente"- "C'è il silenzio di tutto il popolo, specialmente nella sofferenza. C'è il silenzio dei mistici, ricordando che tutti lo siamo in quanto sperimentiamo il mistero, ed il silenzio che possiamo chiamare popolare, in quanto è esperienza di tutti. Non sono due silenzi diversi, ma è il medesimo silenzio". Frase importante, quest'ultima, per capire come per Pio vadano ricondotti al silenzio adorante anche tanti silenzi che non hanno esplicitamente un carattere di esperienza religiosa. Il silenzio è l'unico modo per stare in comunione con una Realtà che non possiamo capire. Ma è anche l'unico atteggiamento adatto nel rapporto con gli altri e con le altre realtà terrene. Ricollegandoci al tema della messa sul mondo, possiamo dire che la disposizione contemplante verso l'Assoluto ci rimanda alle realtà terrene e ai nostri simili, permettendo con queste un rapporto più pieno ed intimo. Il silenzio è l'unico modo per essere vicino all'altro in una disposizione di accoglienza e non di prepotenza e prevaricazione.
Dal volume "Mistero e Coscienza Politica": "La scelta che oggi appare necessaria è stare in silenzio. Di fronte a qualunque realtà, della singola persona, a un campo delle scienze o ai grandi problemi sociali e politici, stare in silenzio. Questo significa non aver nulla da dire, in partenza o dopo aver esaurito i nostri discorsi, e rimanere, non fuggire. Quando non ho più nulla da dire, spontaneamente sono portato a cambiare discorso, eppure la realtà di fronte a cui mi trovo sussiste con una concretezza ed una ricchezza che mi sfugge e sulla quale non posso più allungare lo sguardo o la mano. E' il momento di stare in silenzio, riconoscendo i miei limiti e l'importanza della persona, della cosa o dell'evento che mi sta davanti . Stare in silenzio è esperienza preziosa di povertà , è umiltà. L'importanza dello stare in silenzio va ricercata in due direzioni. In primo luogo è un momento essenziale di difesa e di resistenza della nostra vita personale, della nostra capacità di vera comunicazione interpersonale, dell'amicizia , della cultura. In secondo luogo lo stare in silenzio è il presupposto della innovazione, della creatività. C'è uno stare in silenzio di fronte a tutta la realtà, un silenzio universale e globale, che è il presupposto della creazione di una nuova politica. "
Queste ultime parole ci aiutano a comprendere il titolo "la rivoluzione del silenzio". E' proprio la parola "rivoluzione" che in questi giorni si ricomincia a sentirla spesso. Capita spesso di ascoltare: "Non si può uscire dai problemi in cui siamo se non con una rivoluzione". Anche se spesso non si capisce bene cosa si voglia veramente intendere con questa parola. Si sente anche dire: "E' il momento in cui la gente inizia a capire che tante cose non vanno bene. Ma mancano ancora le idee che guidino verso un cambiamento". Ciò che ha scritto Pio sul silenzio mi fa pensare che prima di tutto manca un atteggiamento spirituale giusto. In questo clima in cui viviamo, spesso si assiste alla prepotenza del pensiero. Tutti vogliono dire la propria, ma spesso si concentra l'attenzione su aspetti parziali del problema, invece che andare in profondità. Fiumi di parole e discorsi di persone importanti e persone comuni tendono a mantenerci nell'illusione che la situazione sia in fondo sotto controllo, e che le scienze, e in particolare l'economia, possano fornirci le soluzioni tecniche adeguate.
Anna: Su quanto diceva Francesco penso siamo tutti d'accordo. Non credo si possa fare a meno di silenzio in quanto il silenzio è una esperienza, una dimensione indispensabile dell'uomo. La stessa vita ci impone il silenzio con il sonno per un bisogno fisico, biologico. Francesco non ha parlato di un silenzio al singolare, ma di tanti silenzi. Per quanto mi riguarda chi fa esperienza di silenzio deve seguire itinerari molto personali, unici. Ognuno ha il suo modo di approcciarsi al silenzio. Ritengo che c'è silenzio e silenzio. Io ho fatto i conti spesso con una certa ambivalenza: c'è un silenzio buono e uno non buono. Ci sono ombre e luci nel silenzio sulle quali vale la pena di riflettere. Provo a dire che cosa sia per me il silenzio buono e quello non buono.
Il silenzio buono è generatore di vita, di respiro. E' il silenzio che ti incastona nella realtà cosmica, con naturalezza, senza neanche troppo sforzo psicologico. Questo tipo di silenzio ci consente una posizione privilegiata, misteriosa: penso a tutte le volte che ci è permesso di ascoltare una musica, o di ascoltare una poesia o di guardare uno spettacolo naturale che ci incanta, o guardare un'opera d'arte. Sono tutte le occasioni in cui il silenzio si impone. Diventa lo spazio e il ritmo con cui queste arti si spiegano. C'è solo godimento dell'anima, dei sensi. E' questo il silenzio buono che mi fa piacere dà vita, mi conforta l'anima.
Di contro c'è un silenzio che può generare morte, mortificante: leggevo ultimamente Bonhoeffer " che di silenzio se ne intendeva, e parlava di silenzio presuntuoso, superbo, inopportuno, offensivo, quello imposto da altri, e se questo è, vuol dire che il silenzio si connota come interruzione radicale di ogni comunicazione. Questo lo definirei meglio mutismo. Qui il dialogo non è abitato da alcuna relazione umana né da alcuna tensione psicologica.
Vorrei chiedervi se vi è capitato di subire o di "infliggere" una simile esperienza nei confronti di altri. Io ho fatto questa esperienza e ogni tanto continuo a farla. Ho avuto una discreta frequentazione con questa modalità di silenzio. Vi assicuro che con il tacere , con il mutismo si parla, si grida, si urla, senza emettere suoni. Io l'ho vissuta. Posso dire che questo silenzio così, vissuto o imposto, può isolare a tal punto tanto da diventare destabilizzante se solo per poco si abbia la consapevolezza di farlo subire ad altri in modo determinante e intenzionale. (Con piena coscienza e deliberato consenso) .Mi viene in mente la lettera ai Romani quando San Paolo dice "non faccio il bene che voglio ma il male che non voglio".Forse per trovare consolazione. E' un silenzio che a lungo andare diventa una maledizione: può talmente lievitare dentro da portare tanto rancore , tanta amarezza, che poi ci si ritorce contro; si finisce con uno sgomento che dilaga dentro, tanto da far diventare il nostro cuore di pietra. Penso ai figli e agli amici che hanno percepito questo disagio che ho provocato con questo atteggiamento, e mi hanno messo in guardia.
Il richiamo che mi veniva preparava in me una via di correzione, nonostante mi sentissi punta nell'orgoglio. Mi mettevano in guardia da questa impulsiva inclinazione. Questa inclinazione l'ho appresa in alcuni momenti della mia vita, ma è il momento di fare i conti con la realtà. Dovevo capire come superare questa dinamica autodistruttiva . Questa autocorrezione, con il tempo, è diventata un impegno , e per me è ora un impegno e lo vivo come discernimento, e forse come preghiera autentica quando mi metto a nudo di fronte al Signore per offrirgli questa sofferenza che porto. Il silenzio diventa incontro con Dio , scambio di attenzione, di presenza , di accoglienza dell'altro, non più in modo agguerrito o supponente ma in modo disarmato in umiltà: si sta di fronte all'altro anche senza parole. Credo che la frequentazione di tanti anni con Pio mi abbia aiutato molto su questa strada.
Quando morì Maurizio mi era consentito di vederlo 10' al giorno da dividere con molti, lavoro compreso, per cui io non avevo molti spazi, a me rimanevano pochi spazi, mi rimaneva il silenzio. Ci vedemmo la sera prima dell'operazione, ci siamo seduti nel corridoio, volevo dirgli chissà quante cose e aspettavo che mi dicesse tute le cose del mondo, ed invece è rimasto in silenzio; silenzio che nei giorni successivi ho odiato, finché il dolore si è placato. Solo dopo ho capito il senso del suo silenzio. Ho capito che era solo quella la modalità con cui poteva comunicarmi tutto. Questo sta diventando il silenzio per me oggi.
Silenzio è la fatica quotidiana di ogni persona adulta. E' però un lavoro di scavo che non significa erigere mura di protezione, nicchie di sicurezza, in cui ripararsi, ma è l'immersione nel mondo (penso a Suor Chiara Patrizia), purché questa immersione sia preceduta da uno svuotamento interiore dei nostri giudizi/ pregiudizi. Deve essere una resa incondizionata. Ci si denuda di tutto. Solo con questi presupposti c'è la possibilità di essere visitati dal Mistero. C'è prima il vuoto, il silenzio , poi c'è lo stupore. Vuol dire stare, in pura perdita, come diceva Pio.
Ho ripreso una frase di una filosofa francese(Silvy Germain ) su questo tema del silenzio: "Bisogna comportarsi come nomadi del silenzio, denudati da cima a fondo, come coloro che vegliano il nulla, l'impensabile, come rabdomanti di un silenzio insospettato".
Giulio: segnalo che Anna ha fatto bene a richiamare il silenzio cattivo e il silenzio buono. Noi, per ordinare il nostro ragionamento di oggi sul punto 9 della traccia di Pio, diamo per scontato che parliamo del silenzio come aspetto positivo, nel senso che ci indicava Francesco all'inizio, come silenzio di fronte al Mistero.
Liborio: il silenzio negativo, (superbia, disprezzo) può essere vinto dal silenzio buono. Il silenzio buono è la condizione per ascoltare. Il silenzio di Dio non è muto; un Dio che non parla non so chi è. Tutto ciò che è, è la parola di Dio che salva. Gli uomini sono spesso recalcitranti a porsi in silenzio di fronte a un Dio che parla sulla sua creazione. La vera scienza sarebbe meno superba se fosse attenta alla natura, alla creazione, alla Parola di Dio. Il silenzio buono è ascoltare e vedere; noi ci dobbiamo mettere di fronte al mistero adorante di creature di fronte al creatore. La mistica cristiana è questo incontro con la Parola, e è la Parola che mi porta a parlare; ma cosa è questa Parola cristiana? E' la profezia che è frutto dell'ascolto di Dio e della sua creazione. Come annunciare il Vangelo? Questo intervento di Dio nella storia ci deve essere qualcosa che lo spiega: Dio ha risposto alla oppressione del suo popolo con l'incarnazione di Gesù.
Soana : ringrazio Anna per le sue riflessioni. Volevo sottolineare la parla "rivoluzione" guardando che cosa può significare perché noi le diamo un significato di rivolta; e già questo può voler dire "silenzio" da un altro punto di vista. Rivoluzione= ri-evoluzione e quindi "rinnovamento", e chi se non Lui è in grado di far nuove tutte le cose? Mentre Francesco parlava mi è venuto in mente il tema della Messa sul Mondo: sgombriamo la nostra mente da tutti i nostri pensieri per fare spazio a Lui, al Mistero. E questa è una "rivoluzione" perché cambia il nostro punto di vista. Si giunge così a un silenzio compassionevole, misericordioso che entra in comunione con quelli che sono ridotti al silenzio(il tema dei piccoli e dei poveri che non hanno voce). Noi ci dimentichiamo di chi non ha voce in quanto schiavi del pensiero unico, subissati dalle parole, dai decibel in più. Assumiamoci la responsabilità di questo silenzio compassionevole, misericordioso. Quando parliamo di responsabilità del cristiano ci sta dentro proprio tutto. O riusciamo a fare davvero silenzio o i decibel si moltiplicano.
Massimo: a proposito di chi è ridotto al silenzio Erri De Luca aveva fatto una traduzione dove "poveri di spirito" sono quelli che non hanno più fiato; questo si ricollega al silenzio dei sofferenti richiamato da Francesco. Quando Pio si rifaceva al racconto di Sobrino, vedeva in tutta questa povera gente che si rimetteva in moto e cercava di ricostruire, di fare, una grande forma di preghiera e di partecipazione alla creazione. Quelle persone non avevano nessun tipo di pensiero di questo tipo, ma una adesione alla vita, di apertura alla vita , anche inconsapevole; è un silenzio di apertura alla realtà, un silenzio dedito all'ascolto.
Roberto: la traccia di Pio presuppone un percorso nel quale cerchiamo di tenere presenti le diverse tappe.
Nella sua introduzione Pio scrive: "Ora mi sembra di aver capito alcune cose importanti che sento di dover tenere insieme; anche perché son cose che tanti altri hanno compreso molto più sul serio di me, ma raramente le trovo riunite insieme ".
Provo a collegare il punto 2 della traccia "La mia profezia" con il 9 "La rivoluzione del silenzio".
Se la profezia non è, come spiega Pio, "quel che pensiamo e comunichiamo ad altri ma quello che Dio ci comunica e che nei modi più diversi trasmettiamo ad altri", come poter riuscire ad ascoltare la parola di Dio, in noi stessi, se non c'è il "silenzio"?
Non un silenzio qualsiasi, ma quello che possiamo definire il "vero silenzio"; un silenzio al limite, forse, quasi simile alla morte, che fa nascere però la "nuova vita". Non è forse la "morte" la forma finale di stare in silenzio, per aprire lo spazio infinito che accoglie la Vita?
Dice Pio: "Il silenzio più profondo è quando sospendiamo il fluire delle nostre riflessioni e dei nostri sentimenti per "stare in silenzio" come suggerisce il salmo: "Sta' in silenzio davanti al Signore e spera in lui". E' il silenzio della mistica che al di là delle devozioni e della teologia non cerca parole e sentimenti sul sacro ma solo lo accetta nella propria interiorità."
Questo stare in silenzio mi richiama la «Resistenza e resa» (Widerstand und Ergebung), titolo della raccolta di lettere scritte dalla prigione militare di Tegel dal pastore Dietrich Bonhoeffer. L'accostamento mi è suggerito anche dall'associazione che Pio fa della parola silenzio con quella di "rivoluzione", associazione che può suonare quasi contraddittoria.
Dice un commentatore di Bonhoeffer (cfr. articolo di Xavier Charpe in "www.baptises.fr" del 23 aprile 2012) con riferimento alla parola «Widerstand» (resistenza): "In «stand» sento la radice «stehen», che non significa solo stare, ma "stare in piedi". «Donne e uomini in piedi», perché eè Cristo che li fa stare in piedi. Cristo, colui che era morto, che la morte aveva disteso a terra, ma che Dio Padre aveva rialzato, rimesso in piedi. EÈ la parola greca «anastasis», che noi traduciamo con resurrezione. Dopo la disfatta dell'arresto e della morte sulla croce, ecco che i suoi discepoli sono rimessi in piedi, e, di conseguenza, rimessi «in cammino» quando erano già «distesi, a terra».
Ecco la "rivoluzione" che è uno stare in piedi di fronte al mondo, perché si ha forza dal Signore Gesù Cristo. E' una forza che non si ottiene per meriti o capacità personali, essa è solo in funzione del silenzio - spazio che abbiamo fatto in noi nell'accogliere il "messaggio" di Dio, in Gesù Cristo.
L'esempio di Maria - che sapeva conservare nel suo cuore le cose - è, a mio modo di vedere, l'affermazione della "rivoluzione del silenzio", rivoluzione compendiata nel "magnificat" 2.
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2 "L'anima mia magnifica il Signore * e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva. *D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente *e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia *si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio, *ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni, *ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati, *ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo, *ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri, *ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Gloria al Padre e al Figlio *e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen".
Maria opera la "rivoluzione" prima di tutto in se stessa; ha accettato il mistero nella sua interiorità, è stata di fronte alla realtà senza sfuggire a questo confronto con il mistero, libera dai commenti degli altri, dalla loro superbia, dal loro potere, dai loro troni: ha incarnato il "messaggio" divino. Possiamo dire che in Maria c'è già Cristo, che sarà "rivoluzione" vivente.
In sintonia con il discorso di Pio, il Cardinale Martini scrive un articolo: "Senza silenzio non si fa la rivoluzione" (cfr. Carlo Maria Martini, in "Avvenire" del 6 marzo 2012).
In esso si sostiene, tra l'altro, l'esigenza di "evitare le contrapposizioni tra azione, lotta e rivoluzione da un lato, e contemplazione, silenzio e passività dall'altro".
Scrive Martini: "Lo sfondo generale lo daà la cultura occidentale attuale, che ha un indirizzo tutto teso al «fare», al «produrre», ma che genera per contraccolpo un bisogno di silenzio, di ascolto, di respiro contemplativo. Sia l'attivismo frenetico, sia certe maniere di intendere la contemplazione possono rappresentare una «fuga» dal reale. Per far evolvere questa situazione non basterà risvegliare una ricerca di preghiera, occorrerà anche purificare, orientare certe forme scorrette o insufficienti di ricerca".
Bisognerà dare - prosegue Martini - uno specifico orientamento sia all'azione sia alla contemplazione".
Quale è l'orientamento? Pio lo indica nella sua traccia:
"L'incontro fra questi due silenzi, (Pio parla del "silenzio dei mistici" e del "silenzio popolare" che confluiscono in un unico silenzio) .... è quello che costituisce la vera comunità ecclesiale, assemblea di ascolto della parola di Dio. E' l'anima profonda della Chiesa da cui si discosta la Chiesa parlante e parlata".
"E' la Chiesa - prosegue Pio - che nella sequela del suo Signore è la più vera rivoluzione, la novità radicale che non va confusa con la Chiesa moderata che ha abbandonato le orme".
Giulio: E' stata messa in luce la ambiguità del silenzio buono e cattivo. Io vorrei mettere in luce un'altra ambiguità: il silenzio buono è uno strumento per aprirsi al Mistero, ma allo stesso tempo è un obiettivo. Per raggiungere il silenzio devi curare alcune cose. Per costruire il silenzio interiore (ma anche esteriore) occorre curare alcuni strumenti, partendo dai più semplici. Gesù spesso si appartava. Il fatto di appartarsi, qualche volta (alcuni dedicano la prima mezz'ora della giornata alla preghiera) può essere un modo per fare silenzio. Abbiamo imparato che Dio parla con noi. Dio ha parlato, e molta roba è pure scritta; e poi la Messa, tutti strumenti per arrivare al silenzio. Io personalmente faccio molta fatica a fare silenzio interiormente. Il silenzio è un punto di arrivo; è soprattutto questa capacità di ascoltare la Parola di Dio, gli altri, ciò che ci viene dal mondo.
In conclusione dell'incontro, non potendo trattare anche il punto 10 della traccia di Pio "La Chiesa che parla" per mancanza di tempo, Francesco propone di riflettere su quel tema partendo sempre dal libretto "l'etica dal Mistero " dalle pagine 54 e 55 :" Per la pastorale"- "La pastorale delle risposte" - "La pastorale del Mistero". E' questo secondo Pio quello che la Chiesa è chiamata a comunicare , il Mistero, piuttosto che a dare delle risposte. Si tratta di capire come.
Secondo Francesco è bene impostare il prossimo incontro del nuovo anno, e forse anche i successivi tenendo presente un fatto: Pio qualche volta aveva provato a farci riflettere sulla riforma della Chiesa, ma alla fine neanche fra noi se ne era riusciti a parlarne. Francesco riferisce che nelle ultime volte in cui ne ha parlato con Pio aveva intuito che questa era una sua preoccupazione: essere responsabili del futuro della Chiesa.
Secondo Giulio se accettiamo l'impostazione data da Francesco per gli incontri del nuovo anno sarebbe interessante riprendere la lettura che ha fatto Pino Stancari del libro della Sapienza, libro tutto incentrato sul Mistero: Il rivelarsi del Mistero di Dio e l'aprirsi dell'uomo a questo Mistero.
Il prossimo incontro è stato fissato per il giorno 8 settembre. Si proseguirà con il punto 10 "La Chiesa che parla" con introduzione di Francesco Giordani.
Il 15 settembre ,come associazione, aderiamo all'iniziativa sul Concilio Vaticano II organizzata da diverse organizzazioni di base. A margine dell'incontro del giorno 8 se ne parlerà per condividere il contributo da portare come associazione.