14 gennaio 2012
Presenti: Alberto La Porta, Antonio Russodivito, Giulio Cascino, Massimo Panvini, Soana Tortora, Roberto Giordani, Anna Polverari, Pino Macrini, Pino Baldassari, Ketty La Torre, Giuseppe Marucci, Franco Passuello, don Franco Amatori.
L'incontro inizia con la sequenza allo Spirito Santo come ci ha insegnato Pio.
Prima di avviare la riflessione comune Alberto , ricordando la recente scomparsa di Luisito Bianchi, ne cita una frase che potrebbe essere detta da Pio stesso. "L'uomo migliore posto in un luogo di potere o lo distrugge in nome di Cristo o ne è distrutto; e l'uomo più santo, se non distrugge il potere , ne diventa il più dannoso sostenitore perché fa passare come scelta di Chiesa una scelta sua personale" .
Alberto avvia l'incontro con la lettura dei punti 3 (un lume) e 4 (è l'umanità che vive in me) predisposta da Pio, su cui abbiamo impostato i nostri incontri di discernimento di quest'anno, e così continua:
Pino Macrini: Ricorda un'ulteriore puntualizzazione di Pio che non si stancava di sottolineare come esistessero due concezioni, antitetiche l'una all'altra, della " politica " e che così si possono sintetizzare : per una la politica è da intendersi e viversi come gestione del potere, predominio degli uni sugli altri ; per l'altra la politica è e deve essere vissuta come " servizio alla collettività " , "attenzione al bene comune" della collettività .
Naturalmente qui si innescano, ad avviso di Pino, una serie di ulteriori riflessioni su come debba essere individuata la " collettività " di riferimento e sui criteri per individuarne il bene comune da perseguire ; su come, ad. es., sia fondamentale la conoscenza, la partecipazione, la condivisione della vita della collettività cui ci si riferisce, per definire il bene comune da perseguire in relazione ad essa. Pino prosegue sottolineando anche che, in questa prospettiva, in particolare per i " cristiani" occorre superare eventuali (ma , per la sua esperienza personale, abbastanza frequenti) " fratture " se non " contrapposizioni " fra le scelte operative concrete e le pulsioni spirituali .
Franco Passuello: Vorrei continuare su questo tema che con Pio abbiamo discusso a lungo nelle Acli. Ne abbiamo parlato più volte anche qui. Tra esperienza di fede e politica c'è una contraddizione che non si può eliminare: la politica è obbligata ad agire dentro le logiche di questo mondo, che è idolatrico e imperfetto. Per questo Pio, citando Dossetti, sostiene che un cristiano solo per brevi tratti ed in via eccezionale può occuparsi di politica, perché fedeltà al Vangelo e impegno politico, alla lunga, non possono camminare insieme. Per il cristiano la politica è "ordinare le cose del mondo secondo Dio" (Gaudium et Spes). Questo vuol dire che non ci si può compromettere con una politica che allontana la città dell'uomo dal suo tendere verso la Gerusalemme celeste. Un credente, d'altra parte, non può evadere dalla politica che, comunque, è la dimensione che determina i livelli di liberazione, di giustizia, di pace presenti nella storia. Nel nostro impegno dobbiamo però coltivare la consapevolezza che esso prima o poi ci conduce ad una infedeltà e dobbiamo assumercene le responsabilità morali e spirituali. Ricordo il testo di una canzone di Luisito Bianchi in morte di Camillo Torres (il prete guerrigliero). Sul rapporto tra fede e violenza sono giunto a questa convinzione: non esiste una violenza giusta. In certe situazioni, però, un credente che lotta per la giustizia deve assumersi la responsabilità della violenza sapendo che in questo è infedele alla Parola di Dio. Noi siamo profezia parlata di Dio, sua parola vivente: il movimento di salvezza non procede solo da Cristo verso il Regno: tutto il mondo ne è partecipe. Tutto il mondo è parola di Dio. Quando tu ti muovi per farti prossimo ti metti anche nella condizione di discernere la Parola di Dio che si esprime nelle persone che incontri (Mt, 25 e il Magnificat). Nei poveri, nei sofferenti non c'è la protervia di gloriarsi davanti a Dio. Anche nella politica, anche la più imperfetta, devi starci se la vivi come servizio d'amore, per riconoscere nei piccoli, nei poveri, nei sofferenti la profezia iscritta nel loro cuore. E questo genera sofferenza: "è' un continuo sconvolgimento della mia vita interiore" dice Pio - la compassione verso l'altro è riconoscere in lui, fratello, la profezia di Dio. Tutti abbiamo la possibilità di diventare consapevoli della nostra dignità di figli di Dio. Questo, per certi aspetti, mette in discussione la struttura gerarchica/autoritaria della Chiesa, il clericalismo che, per desiderio di carriera e di successo, giunge a negare la missione profetica della Chiesa. Su questi aspetti la profezia ha parlato, ad esempio, sia in Pio sia in Luisito.
Alberto La Porta : nell'intervista di Pio a Giorgio, ripresa nel testo "Dialoghi sulla vita consacrata" , emerge il tema caro a Pio del rapporto fra Spirito e Struttura. Secondo Pio l'organizzazione serve, ma se manca lo Spirito questo crea difficoltà. "La vera sorgente della crescita della società è l'amore che si esprime nella condivisione, nello stare dentro le cose .."
Soana Tortora: Proprio in questo anno che è l'anniversario (50 anni dall'apertura del Concilio) è estremamente attuale la citazione del preambolo della Gaudium et Spes. Sto iniziando a riflettere sul senso della politica che comincia a differire da quanto è accaduto fino ad oggi. Sta cambiando la polis: la crisi che stiamo vivendo porta i segni della globalità. Oggi la politica non può essere degli affari di casa nostra; questo è un limite che impedisce ad un cristiano di rispondere ai bisogni . C'è una schizofrenia in cui nel quotidiano riusciamo a vivere il volo di una gallina e non un volo di aquila come sarebbe necessario. Lo sguardo globale che emerge dalla Gaudium et Spes ( o dalla Populorum Progessio ) è un annuncio profetico che oggi ci dovrebbe aiutare a cogliere il significato dell'universale concreto di cui parla Pio. Il tema non è far crescere le opere, ma occorre moltiplicare opere che rimangono piccole, che si diffondono: è la logica del lievito. Essere operosi nella carità con uno sguardo nella storia, nel futuro, sul vicino, e sul lontano. Anche il nostro cammino di spiritualità o segue questo respiro ampio del mondo o ci si rinchiude su noi stessi.
Roberto Giordani: seguendo la traccia di Pio, ho cercato di vedere un parallelo con le letture della liturgia eucaristica della settimana e derivarne questa mia riflessione. Nel 1° libro di Samuele (1 Samuele 8,4-7.10-22a) si legge che Samuele, ormai vecchio, riceve l'invito, dai personaggi ritenuti più autorevoli, di dare al popolo un re che sia giudice e nuovo capo di Israele. A Samuele, che non è contento di questa richiesta, il Signore dice che deve considerare attentamente le motivazioni del popolo, perché "non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro". Anche se la venuta di un re provocherà un condizionamento negativo della vita del popolo, per il potere esercitato dal re su di esso, il Signore invita Samuele ad ascoltarli. Questo passo dell'Antico Testamento mi pare emblematico di come il rigetto di una visione di vita presentata come inadeguata (il profeta), per favorire una organizzazione più moderna (il re, voluto dai notabili), nasconda in effetti un mutamento di rotta più radicale: alla base della società non si invoca più un rapporto di comunione fra le persone, che si ritrova nell'ascolto della parola del Signore e condivisione di un cammino tra il popolo e Dio, su cui si fonda la dimensione sociale senza condizionamenti e senza servitù. A questo, si sostituisce una logica di potere molto eloquentemente compendiata nella risposta del popolo a Samuele "Ci sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie". E' una risposta che attraversa la storia umana ed è sempre attuale. Essa ci deve far riflettere su come il vero cambiamento e la vera crescita non risiedano tanto nel mutamento istituzionale e delle strutture di potere, ma nascano da una "rivoluzione" che parte dal profondo di tutto il nostro essere (dalla coscienza) per avere un rapporto con Dio ed un rapporto di comunione con la società. In questo vedo il legame con le riflessioni di Pio sul potere e sulla coscienza politica e su ciò che rappresenta il vero progresso: la capacità di portare avanti la storia umana in rapporto al disegno di Dio ("ridurre al nulla le cose che sono", cfr. punto 3 delle riflessioni di Pio).
Don Franco Amatori
a - Viene da chiedersi: la Trasfigurazione è la gloria di Dio che si rivela
in Gesù ai tre apostoli, per mostrare un mistero al di sopra di loro,
estraneo alla realtà terrena, da raggiungere dopo questa vita, oppure è la
rivelazione che tutta quella gloria era racchiusa dentro l'uomo, quell'uomo
di tutti i giorni, festivi e feriali? Per cui guardandosi attorno, non
videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. L'impegno nella politica si
deve esprimere nella scoperta del Mistero che c'è in ogni uomo per far
emergere e valorizzare ciò che è specifico dell'uomo, ciò che Dio vuole
nell'uomo; non soltanto le sovrastrutture psicologiche, culturali sociali o
religiose, ... tutte cose che passano.
"Dio non vuole venire adorato, vuole essere vissuto. Dio vuole essere uomo
in noi". (W. Jäger. L'Onda è il Mare. La Parola)
b - Gesù tese la mano al lebbroso, lo toccò ... (trasgredisce la legge!?) Gesù
gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». Se ha toccato un lebbroso, adesso è
lui che è diventato impuro. ... tanto che Gesù non poteva più entrare
pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti.
Gesù è insieme l'impuro e Colui che non aveva conosciuto peccato.
E' il Gesù che anche a Pilato dice di usare il suo potere come servizio, di
cui dovrà rendere conto. Nella politica, nella Chiesa, mi chiedo come queste
cose vanno vissute concretamente: non possiamo fare a meno delle strutture,
ma le guardiamo da "lebbrosi". Dentro alle strutture dobbiamo starci come
persone libere per fare un servizio, nel rispetto ma anche con la critica
necessaria.
Giulio Cascino : Tutto il dialogo fra Pilato e Gesù è sul potere. Gesù risponde: Si sono re, sono0 venuto al mondo per dare testimonianza della verità. Il punto è che, come sottolineava Padre Corradino, il potere buono è solo quello di Dio. Il Vangelo rivela che il potere, che ci sembra tanto seducente, è transitorio, fragile e destinato a crollare in tempi brevi. La grande rivelazione è che il potere vero è quello della totale donazione di sé. Nel Vangelo c'è un rovesciamento del concetto di potere. Il potere è una cosa buona perché è nelle mani di Dio. Il potere della mamma sul neonato è totale , ma di servizio e di piena donazione di sé. Il potere come servizio è quanto emerge dal Vangelo, il resto è uno scadente surrogato del potere.
Massimo Panvini : Esiste un fatto lessicale, tanto che qualcuno propone di chiamare il "potere buono"= "potenza". Il discorso fondamentale è la politica di Dio: quando Gesù dice" fate questo in memoria di me" significa "spezzate il pane che siete voi stessi e datene agli altri" . Gesù ci dà l'esempio spogliandosi e lavando i piedi. L'onnipotenza di Dio è una potenza d'amore che restituisce a ciascuno la sua dignità, non ci fa tremare, è la donazione di sé, è un potere salvifico attraverso l'amore.
Franco Passuello : la potenza di Dio è una sola: sta nella carità (pensiamo all'inno riportato da S. Paolo). Noi parliamo di potere come capacità di cambiare le cose, ma il potere di Dio è la carità. Gestire il potere in una logica di amore. Questo è possibile a certe persone e a certi movimenti ma impossibile per le strutture. Che sono "strutture di peccato" che, nel caso migliore, sono pensate per regolare le imperfezioni del mondo, e non sono in grado di testimoniare l'amore che cambia i cuori e li rende capaci di essere nella carità.
Giulio Cascino: Non c'è solo una diversità di concezione, il fatto è che il potere vincente è quello che si esprime come donazione di sé. E' importante sapere che si lavora per la strategia vincente che è quella di Dio.
Parlando poi della sua esperienza di vita politica attiva nel PD e nella Sezione ANPI del suo quartiere Giulio sottolinea il tema del conflitto su cui si sono contrapposte due correnti di pensiero: da una parte chi sostiene che il conflitto e le guerre sono un fatto di progresso (Eraclito) e dall'altra che sostiene che la forza vincente della storia è l'integrazione, la collaborazione, l'amore. La politica assume conseguenze del tutto alternative a seconda dell'impostazione che si assume. Teilhard de Chardin , nel pensiero cristiano, ha sottolineato che tutta l'umanità si muove verso l'unità. La parola di Dio, sulla questione del conflitto, non è neutra perché rivela il progetto di Dio di ricostruire rapporti fraterni fra gli uomini in cammino verso la Gerusalemme celeste. Tener conto di questo progetto porta conseguenze concrete su tanti aspetti, per esempio nel campo economico e della gestione d'impresa.
Pino Macrini osserva, con riferimento particolare alle attuali vicende nazionali e internazionali, come in ogni campo, dai dibattiti culturali e politici alle concrete scelte operative di governo del Paese, ci sia un atteggiamento di grande ossequio alle dure leggi dell'economia di mercato, anche quando le scelte, pur se squisitamente tecniche, nell'immediato vanno però ad incidere in modo significativo soprattutto sulle classi più deboli o già sacrificate: "L'economia ( o la salvezza economica ) prima di tutto " sembrerebbe il principio-guida. Quello delle scelte generali, quindi " politiche ", è un campo in cui, ad. es., i cristiani in particolare sono chiamati , ad avviso di Pino, a calare il loro impegno nel discernimento, per individuare criteri orientativi per stabilire fino a che punto le esigenze dell'economia son da salvaguardare, come contemperarle con le esigenze sociali più generali e della "persona ", ed a che punto fermarsi.
Franco Passuello: Chiarisco che fare politica è fondamentale anche per il cristiano. Lo è fino a quando riesce a starci almeno in una logica di riduzione del danno, per limitare la violenza e l'ingiustizia. Fino a quando percepiamo che il nostro stare in politica limita il danno , è bene rimanere. Se invece ci rendiamo conto che nonostante il nostro impegno quella politica porta ad accrescere l'ingiustizia, bisogna tirarsene fuori. Non per estraniarsi dalla politica ma per cercare altre vie per una politica buona e giusta. Con una avvertenza: ingiuste non sono solo le strutture; il male è dentro di noi (Genesi, 8). Le strutture dilatano il male, le strutture di potere diventano idoli. Tutti siamo un po' idolatrici. L'idolatria è comoda, ci impedisce di sentirci responsabili. Il male nasce dalla incapacità di essere responsabili di noi stessi e degli altri. La politica di Dio passa per la conversione del cuore, per l'accoglienza di essere tutti di Dio; solo così si può passare da una politica che limiti il danno ad una costruzione di fraternità , che è la politica dell'amore.
Soana Tortora: A fronte di una politica intesa come lavorare e operare per il bene comune in realtà c'è una politica vissuta in logica competitiva , conflittuale. Tutte le nostre energie sono assorbite per diventare parte di uno scontro fra poteri, uno scontro senza trasparenza. Non promozione delle persone , ma loro strumentalizzazione. La conversione è proprio lo sforzo di tirarsene fuori per mettersi in un'altra prospettiva.
Franco Passuello, rispondendo alla domanda di Giulio sull'uso o meno della violenza, osserva che l'uso della violenza ci allontana dalla sequela e nel Vangelo non si giustifica mai. Se però diventa necessaria per arginare la violenza e l'ingiustizia contro i più deboli e i più poveri, il cristiano può assumersi la responsabilità morale e spirituale di usare violenza. Sapendo, però, che così facendo si allontana dalla testimonianza cristiana.
Massimo Panvini, il discorso sulla violenza fatto da Pio (in uno degli appunti che ci aveva distribuito in occasione di un incontro sulla posizione del Magistero rispetto alla guerra, cui mi pare avesse partecipato anche Scoppola), era : la violenza è contraria al Vangelo, e questo deve essere il nostro abito. E' chiaro che in certi casi (salvare il bambino dal bruto che sta per ucciderlo) sarà inevitabile usarla, ma non dobbiamo stare a fare elucubrazioni su una casistica fortunatamente rarissima, dobbiamo impegnarci per sradicare l'impulso alla violenza che è in noi.
Soana Tortora, interloquendo con Massimo, sottolinea che un conto è che una persona metta alla prova le proprie doti, le proprie capacità, altro conto è la scorretta contrapposizione all'altro. Un conto è usare le proprie capacità per andare contro il fratello, un conto è che lo faccia per sviluppare i doni che il Signore mi ha dato.
Appuntamenti concordati fino a Pasqua 2012
Alberto comunica che il 29 gennaio alle ore 17,00 presso l'Ateneo S. Anselmo c'è l'incontro dell'associazione Teilhard de Chardin - sezione romana - sul tema "Il pensiero di Teilhard de Chardin e le religioni orientali"
Alberto segnala altresì che sono in preparazione , d'intesa con Paolo Tufari, alcuni incontri per gli studenti dell'Associazione, da realizzare subito dopo Pasqua , secondo lo schema della Lectio mundi.