Incontri di discernimento e solidarietà
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14 aprile 2012

La fede non spiega ma illumina tutto - La contemplazione. I ricercatori

Riflessioni sui punti 6 e 7 della traccia di Pio

Presenti: Alberto La Porta, Antonio Russodivito, Giulio Cascino, Massimo Panvini, Soana Tortora, Roberto Giordani, Anna Polverari, Damiano Nocilla , Francesco Verducci, Liborio Oddo, Francesco Giordani, Paolo Bonfanti

L'incontro inizia con la sequenza allo Spirito Santo come ci ha insegnato Pio.

L'incontro è stato preparato da Soana che propone di rileggere i punti 6 e 7 della traccia e di fare di volta in volta alcuni approfondimenti utilizzando sia scritti di Pio ( in particolare l'ultimo suo volumetto "L'etica dal mistero" ) sia scritti di altri amici (Suor Chiara Patrizia, Mario Tronti, Pietro Ingrao) che con lui erano in contatto. Di seguito l' introduzione di Soana con i testi di Pio e degli altri testimoni citati.

Soana : Vorrei procedere facendo insieme la lettura del testo e, mentre leggiamo il testo, inviterei tutti ad "entrarci dentro": mi sembra il modo più ... comunitario per lavorare.

* La fede non spiega ma illumina tutto.

Tante cose a cui si pensava non molto tempo fa che fosse necessario aderire per fede, sono diventate oggetto di spiegazioni razionali. Da questo la fondata speranza che tante altre cose si potranno spiegare con il progresso della scienza e della tecnica. Si tratta fondamentalmente, pensano tanti, di avere pazienza e fiducia che tanti aspetti misteriosi della realtà verranno nel tempo spiegati. Ma ci sono degli interrogativi di fondo, elementari, alla portata di tutti, dotti e persone semplici, che si presentano subito come appartenenti a una realtà che sfugge alla presa della nostra ricerca di spiegazioni. Questioni elementari eppure fondamentali sul senso ultimo della mia esistenza come di quella di tutti i mortali. Questi problemi di fondo si presentano subito alla nostra coscienza come irrisolvibili.

Ciò rattrista la nostra coscienza di credenti perché ci fa sperimentare i limiti delle nostre capacità, senza darci indicazioni di altre direzioni in cui cercare e, al tempo stesso, ci apre all'attesa di una novità non risolta.

Ed ecco un certo tipo di apologetica che cerca assonanze fra la fede e le scienze. Per lo più lascia il tempo che trova e indica sentieri inconcludenti.

Chiedere alla fede una risposta alle nostre domande significa condizionare la risposta di Dio alla nostra ragione.

Qui mi fermerei un attimo perché nei giorni scorsi, pensando alla giornata di oggi, mi è venuto in mente di andare a rileggere "L'etica del Mistero". Qui e lì ci sono addirittura una serie di testi in comune, ma soprattutto sono proposti una serie di collegamenti - come questo a pag.55 - tra la pastorale delle risposte e la pastorale del Mistero.

Vorrei riproporlo: "La pastorale è molto spesso preoccupata di dare delle risposte a chi ha dei dubbi o, preventivamente, per evitare che nascano dei dubbi. Circa una ventina di anni, una matricola di psicologia che proveniva da Reggio Calabria, in una riunione di studenti, ci disse che aveva smesso di andare in chiesa perché il parroco rispondeva a tutte le domande e scioglieva tutti i problemi. Per questo aveva pensato che questa sicurezza non era rispondente al Mistero infinito di Dio. La pastorale dovrebbe, a mio avviso, incoraggiare le domande di fondo a cui la civiltà attuale non dà risposta. E, per incoraggiarle, bisogna ascoltarle e prenderle sul serio, evitando in ogni modo di dare risposte con un Dio che non c'è. Aiutare, quindi a prendere coscienza che il Mistero sta già dentro la nostra vita, nella storia, nell'evoluzione cosmica. Alla condivisione delle questioni di fondo che non trovano risposta e quindi nel senso del Mistero presente in ognuno e che attraversa e avvolge tutta la realtà, può e deve seguire il Vangelo, la Buona Notizia, il Mistero infinito di Dio Amore".

Ecco, credo che con questo testo noi entriamo direttamente dentro il Mistero, dentro quello che sta cuore, in modo centrale, nel linguaggio e nella vita di Pio. E lui continua e dice che

Non c'è altra via che accettare umilmente la nostra incapacità ed è nell'umiltà che appare la luce della fede.

Di fronte alla irriducibilità della razionalità umana, e dunque dell'irriducibilità del Mistero "non c'è altra via che accettare umilmente la nostra incapacità" . Cosa vuol dire? Vuol dire "fare un passo indietro", vuol dire lavorare di rinuncia? All'interno di questa "logica" non credo si tratti di questo. Direi piuttosto che "accettare umilmente la nostra incapacità" nella logica di Pio sia addirittura fare un passo avanti "[...] cercando di risvegliare e accompagnare il senso del mistero che, almeno in germe, è presente in tutte le donne e in tutti gli uomini e, annunciando il Mistero Infinito di Dio rivelato nel Mistero Pasquale,... passando da un'etica fondata prevalentemente sulla ragione a un'etica mistica. [p.58 e.59]. Il tema cioè non è che siccome siamo piccoli e incapaci ..., l'esercizio dell'umiltà non è sminuirci e non considerarci più fatti a Sua immagine. Noi, nella nostra piccolezza, continuiamo ad essere fatti a Sua immagine. Ma, proprio perché siamo fatti a Sua immagine, ci apriamo al Suo Mistero, come se entrassimo in una "logica" di infinita espansione; la nostra piccolezza e la nostra umiltà non costituiscono un rinsecchimento. E' un'esperienza che più ti lascia con il fiato sospes o...

La spiegazione di questa luce non può andare oltre la sapienza umana e quindi non sarebbe più la fede. Quello che spesso manca alla nostra teologia e, come dice Dalmazio Mongillo, un approccio "credente" alla fede stessa, sia pure con alta teologia.

Lo splendore della fede potrebbe essere un ostacolo, facendoci dire: sarebbe troppo bello se fosse vero.

Nella notte oscura dei sensi, anche quando la luce della fede illumina in profondità, può sembrare che la luce della fede non serva a nulla.

Nello splendore del giorno e nelle tenebre della notte non troviamo la luce della fede perché cerchiamo noi stessi.

Il tema che qui torna, ancora una volta, è quello dell'idolatria: se noi ci lasciamo prendere dalla nostra piccolezza ed è su quella che ci fissiamo, noi non riusciamo più a vedere nulla. Oltre la nostra piccolezza. Continuiamo a ..."ritirarci" sempre più. E qui ci sono le due citazioni che Pio ci regala. La prima, "solita" di Luca:

"In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Lc. 10, 21-22).

A noi il compito di sapere chi è davvero piccolo: i dotti e i sapienti concentrati su loro stessi e sui propri idoli che diventano davvero piccoli proprio perché totalmente concentrati su se stessi o i piccoli che messi a fronte del dono della rivelazione si mettono direttamente in comunicazione con il Padre. E poi, la seconda, dalla lettera di Paolo agli Ebrei:

"Anche noi dunque, circondati da un così gran nugolo di testimoni, deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia, e si è assiso alla destra del trono di Dio" (Ebr. 12, 1-2).

Tenendo presente le difficoltà a credere in Dio, nostra e di tanti che non si dicono credenti e al tempo stesso sono alla ricerca al di là di quel che offre loro la sapienza umana, ci è sembrato importante chiarire, quanto è umanamente possibile, che la fede non spiega ma illumina tutto, dall'intimo del nostro sentire all'evoluzione dell'universo.

Se la fede spiegasse i problemi irrisolti della nostra mente, la sua luce corrisponderebbe ai nostri quesiti irrisolti, non andrebbe oltre le domande che noi poniamo. Sarebbe come un liquido prezioso calato negli stampi da noi predisposti.

E qui, a cominciare da questo brano della lettera agli Ebrei, mi torna in mente quel guardare fisso di Pio "alla vetta dell'Everest" e la fatica della salita.

E, ancora, nell'"etica del Mistero" dice: "ho portato una cordata sul Gran Paradiso e ora, con fatica, faccio i 50 scalini che portano a casa e, in pianura, faccio a stento 100 metri in 5/10 minuti. Eppure sogno di stare al campo base sotto le splendide pareti di ghiaccio e di roccia dell'Everest ed è sulla cima che devo arrivare. Non riesco a staccare lo sguardo dalla vetta. Nelle giornate serene, con la piccola esperienza fatta sulle Alpi, cerco di studiare l'itinerario possibile fra rocce, ghiacciai e pareti di ghiaccio. A che serve se faccio a stento 50 metri di strada asfaltata? Se poi facessi parte di una cordata sarei solo un peso morto. Tanti si arrampicano e stanno più in alto di me e certamente puntano alla cima. Complessivamente, però, mi pare che non si guardi alla vetta. Ecco, allora, quello in cui potrei essere di qualche utilità: fissare la cima. E per amore del sogno torno alla parola anche se non c'è più la mole dell'Everest". E qui Pio riporta lo stesso brano della lettera agli Ebrei che ha inserito nei suoi "dieci punti". Ed è nella stessa logica di coloro che guardano chi indica la Luna con il dito guardando il dito e non la Luna e scelgono di avere lo sguardo corto. Poi qui Pio torna direttamente al Mistero, di nuovo con Paolo, con la citazione della Prima Lettera ai Corinzi

"... parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla" (1 Cor. 2, 7-8)

... tanto per tornare a "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli".

* La contemplazione. I ricercatori

Per accogliere in noi la fede occorre un profondissimo silenzio: come una sospensione del flusso continuo di pensieri e sentimenti che attraversano la nostra mente e il nostro cuore. E' una notte profonda, esperienza estrema di povertà, in pura perdita e senza nulla di nostro, davanti a Lui.

Il silenzio consente di ritrovare la contemplazione. La contemplazione è quel rapporto con la realtà che oggi è tremendamente insidiata dalla realtà virtuale in cui, in larga misura, "viviamo", ci muoviamo e siamo, nell'apostasia più subdola e radicale.

A proposito di "pura perdita" è venuto istintivamente in mente di andare a ricerca il testo - ormai "comune" a molti di noi - dell'incontro che abbiamo avuto con Suor Chaira Patrizia a luglio dello scorso anno quando uno dei temi di meditazione che lei ci ha offerto era proprio "Sta' in Silenzio davanti al Signore e spera in Lui, in pura perdita". A fronte di queste parole Suor Chiara Patrizia ci lanciava alcune risonanze che io vi ripropongo dal suo testo:

"Questo penso abbia bisogno di tante risonanze. Questo "stare", "in silenzio", "sperando". Ogni parola è pregna di significato esperienziale. Se vogliamo usare una parola grossa, mistico, perché questo "stare" senza far niente, senza grande attività, implica la perdita delle attività, la fatica che si fa senza realizzare qualcosa. Prima o dopo, nella vita, capita a tutti. Se non per malattia, arriva nel tempo della pensione, della vecchiaia. E' un grande cambiamento di vita, questo riuscire a stare da soli, bene, nella serenità. Insomma, stare.

In silenzio.

Anche stare bene nel silenzio, stare bene con noi stessi. Però sperando, perché la nostra speranza è tutta nel Signore. E' speranza della vita. Non ci sono tante parole. Le parole sono queste."

E torniamo a Pio

Molti anni fa, avendo scritto ad Aldo Moro che più ero attento alla contemplazione più mi appariva necessaria la politica, mi rispose che più era preso dalla politica più gli sembrava necessaria la contemplazione.

Anche questo piccolo frammento è contenuto nell' "Etica dal mistero" e qui si trova anche una cosa che Pio qui non riporta e cioè che da questo primo scambio è seguito uno scambio ulteriore. Non so se esiste un carteggio, ma sarebbe molto interessante guardarci dentro. Noi abbiamo sempre messo in primo piano il rapporto fede-politica, ma il tema contemplazione-politica credo sarebbe un filone estremamente fecondo che poi ci porta in molte direzioni, non ultimo a Dossetti...

Alberto: nel testo di Pio su "La coscienza politica"c'è una parte tutta dedicata alle sue riflessioni sui testi del congresso della DC e lì si parla del suo dialogare, dei suoi incontri con Aldo Moro.

Massimo: lui era molto in confidenza con Eleonora e il giorno in cui Moro è stato ucciso, ha detto a Pio che sul suo comodino c'era il libro di Pio.

... ma andiamo avanti ... tanto per parlare di ricercatori ...

Ho sentito che su questo argomento dice cose preziose Pietro Ingrao.

Ritrovare qui Pietro Ingrao, per motivi autobiografici, diciamo che mi chiamato in causa molto da vicino ... e, ricercando, mi sono imbattuta nel filo delle relazioni che hanno legato Ingrao, sia a Padre Benedetto Calati, sia a don Zeno Saltini, il fondatore di Nomadelfia, il quale, a sua volta, era legato a Dossetti...

Ma tornando al rapporto con Padre Calati alle sue frequentazioni dell'eremo di Camaldoli, in un libro intervista, Antonio Galdo riporta un brano di Ingrao che dice:

"Devo confessare che ci ho pensato, ho avvertito l'attrazione e la lusinga di una vita contemplativa. E mi sono trovato a fare i conti con un altro io rispetto all'uomo immerso nella concretezza della militanza politica, nella quotidiana ansia di fare. Di quella dimensione del convento mi ha attirato con la forza di una calamita il fascino per la contemplazione, per il silenzio. Mi piace il contatto con la materia del mondo; il profumo del mare, il cielo, la luce. E più di tutto il mistero allusivo delle nuvole, sempre in movimento. Quando qualcuno mi dice `ho la testa tra le nuvole', mi viene istintivo sempre lo stesso pensiero: beato lui!".

E poi c'è un'altra fonte - anche qui i fili si intrecciano - che si chiama Mario Tronti che, nel discorso fatto dinanzi al Presidente della Repubblica per i 90 anni di Pietro Ingrao nel 18 aprile del 2007, quindi esattamente 5 anni fa, dice testualmente: "C'è un piccolo video, amatoriale, di appena qualche anno fa, che ritrae Pietro Ingrao, con gli occhi lucidi, mano nella mano, con il vecchio monaco camaldolese, impedito nella parola e alla vigilia della morte, Benedetto Calati, per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, persona di grande carisma spirituale. A vederli, veniva da pensare: ecco, due fratelli e compagni"

Ricordate il tema riportato da Suor Chiara Patrizia (stare, non fare)?... Su quest'onda c'è un altro bozzetto, che riguarda sempre Pietro Ingrao, autore di una raccolta di poesie, nel 1994, dal titolo "L'alta febbre del fare", dove i temi sono"percepire", "agire", ma il terzo è "contemplare". E in Ingrao "lungo la fisicità («Ansioso, lieve/ sudare/ di pianeta nel buio») e nel confronto con l'infinito, l'attenzione si trasforma in contemplazione". E, ancora,..."l'etica e lo sguardo"...

E, ancora, torniamo a Suor Chiara Patrizia...

"Ecco - ed è il pensiero che anche Pio aveva intuito - : imparare la fecondità del silenzio, la fecondità del niente, in un certo senso, perché il Vangelo ci ha dato il grande messaggio che il chicco che muore produce frutto e dunque che non sono le grandi attività che cambiano il mondo, ma accettare l'avventura del chicco evangelico che è seminato nella terra e produce frutto, mentre è seminato e marcisce. E questo non è un "fiorin fiorello" perché, detta così, potrebbe sembrare una bella frase poetica, ma quando tu marcisci e devi accettare di vedere nel tuo corpo, lentamente, - come dice S. Paolo - che l'uomo esteriore si va disfacendo... Quello interiore, poi si rinnova, ma noi vediamo quello esteriore che si disfa; quello interiore lo vedi poco. Per conto mio questo è proprio entrare nel cuore del Vangelo -[e io direi con Pio nel cuore del Mistero] e poi, anche nel cuore dell'umanità perché l'uomo è così: pochi anni sono quelli della super attività, poi ci sono gli anni della maturità nei quali devi accettare di non avere le possibilità che avevi prima.

I ricercatori

La fede è ricerca

Chi cerca ha la fede.

La fede non è possesso tranquillo di verità che consenta di gestire la propria e altrui salvezza.

La fede più che possedere è un essere posseduti.

Torna il concetto del possesso. Se ricordate, all'inizio del punto precedente ... "ci sono degli interrogativi di fondo, elementari, alla portata di tutti, dotti e persone semplici, che si presentano subito come appartenenti a una realtà che sfugge alla presa della nostra ricerca di spiegazioni." Torna sempre la negazione del possesso della verità.

E' quanto vi è di più passivo che attualizza le nostre capacità superiori.

Si parla in teologia di "capacità obbedienziale".

Io, nella mia cultura, sono abituata a considerare la parola obbedienza all'interno della chiesa come una cosa molto ... faticosa, perché non si tratta di un'obbedienza alla Parola, ma ad una struttura autoritaria e dunque mi colpisce l'espressione della "capacità obbedienziale" che riporta all'umiltà.

Nell'etica del Mistero (pag.50) Pio riporta due brani: uno è il Salmo (118-119,)

[67]"Prima di essere umiliato andavo errando ,

ma ora osservo la tua parola"

[71]"Bene per me se sono stato umiliato,

perché impari ad obbedirti".

e poi

[Fil. 2,8] "Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte"

La fede è essere incontrati dal Mistero Infinito, nel Mistero Pasquale.

Le nostre classificazioni in credenti o non credenti andrebbero sospese in vista di un discernimento più serio alla luce della Parola.

E, tanto per dargli ragione ,... e anche retta, mi piace prendere, sempre dall'"Etica del Mistero" due cose.

Una [pag.13]in cui dice: Norberto Bobbio, avendo avuto tempo e intelligenza per pensare, scriveva su Micromega: "Non sono credente e, nei confronti dei problemi più importanti sul senso della vita, della morte, della sofferenza, dell'amore, non ho nessuna risposta. La mia intelligenza è umiliata e, nell'accettare tale umiliazione, sta la mia religiosità, forse non lontana da quella dei mistici".

Poi c'è un'altra ... chicca: la testimonianza di Mario Tronti.

"Credo si possa parlare giustamente di una non sufficienza dell'essere umano. La verità è che noi non bastiamo a noi stessi. Siamo degli esseri fondamentalmente mancanti. Abbiamo bisogno di qualcosa che non possiamo darci da soli. Vi è un senso di fragilità della condizione umana, di insufficienza della volontà che per me è un senso da conquistare. C'è una zona di mistero, da coltivare con cura come una risorsa, di fronte alla quale conviene fermarsi a contemplare".

Due ultime cose.

Una è che mi piace, proprio in questi giorni, dirvi - visto che l'avevo lasciato in sospeso - il titolo del libro-intervista a Pietro Ingrao di Antonio Galdo. Il titolo è "Pietro Ingrao, il compagno disarmato"... Qualcuno ride ... A me è venuto da sorridere, ma anche qualcosa in più, visto che il libro che ha costituito il lavoro centrale di d. Luisito Bianchi - del quale alcuni di noi stanno finendo di curare la ristampa di "Dialogo in Samaria"- è "La messa dell'uomo disarmato"... Ancora fili che si intrecciano ...

Il cristiano associato al Mistero Pasquale e assimilato alla morte di Cristo, andrà incontro alla risurrezione confortato dalla speranza.

Torna il tema dello stare, con speranza, davanti a Dio.

Ciò non vale solamente per i cristiani, ma per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti e la vocazione ultima dell'uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col Mistero Pasquale (Gaudium et Spes, n. 22).

Chiudo leggendovi il biglietto pasquale che Suor Chiara Patrizia mi ha inviato con un suo frammento

"La vita non può morire,

eppure, per esplodere

nella sua umile divina potenza,

deve proprio attraversare la morte.

La vita muore senza morire

E dove passa

Trasforma anche la morte in vita.

Massimo : Molte di queste riflessioni sono maturate negli anni. Il tema della insufficienza della ragione a spiegare il senso ultimo delle cose ha impegnato Pio da tantissimi anni e su questo ha sviluppato il discorso della necessità della resa davanti al mistero (lo aveva colpito la confessione di Bobbio sullo scacco e l'umiliazione della propria intelligenza) e della via dello "stare in silenzio davanti al Mistero". In tempi abbastanza recenti Pio è rimasto particolarmente colpito dagli scritti di Bede Griffiths, un intellettuale inglese di straordinaria apertura spirituale che infine si fece monaco benedettino, andò a vivere in un ashram in India, riconosciuto dal suo Ordine come camaldolese, e si definiva un cristiano di religione indù, fra cui in particolare un testo in cui Griffiths prospetta una progressiva e ubiqua crescita della coscienza dell'umanità, così come avviene per la maturazione del singolo, da neonato ad adulto, storicamente verificata dalla contemporaneità di certi sviluppi in Oriente e in Occidente, e quindi la visione dell'umanità come un tutto complesso ma unico. Griffiths svolge le sue argomentazioni anche con il riferimento alle più recenti acquisizioni della fisica teorica, che stravolgono la concezione della materia quale la percepiamo, e affermano la intrinseca inconoscibilità (indeterminazione) di certi "fenomeni". Da tutto questo (anche da tutto questo) Pio ha tratto una speranza. Se siamo in un momento di crisi della scienza, se si scopre che tutti i fondamenti vanno rivisti, se la scienza non può più affermare la propria sufficienza e che essa potrà tutto risolvere e spiegare, se si deve ammettere anche da parte degli uomini di scienza che ci sono cose che la scienza non può arrivare a conoscere, se si arriva a una diffusa presa di coscienza dei limiti della conoscenza razionale, questo può essere il momento, e lo stimolo, per accogliere l'umiliazione di fronte al Mistero. La ricerca razionale è preziosa, però ci sono cose che strutturalmente l'uomo non può spiegare. La crisi della scienza, che è contemporanea e corrisponde a quella della politica, dell'economia, può far nascere un approccio nuovo per uscire dalla "impasse". E' il tema dell'"Etica dal mistero". Sul mistero e sulla speranza e sui limiti della razionalità in qualche modo si è giocato anche il rapporto di Pio con i gesuiti, perché l'impostazione educativa prevalente nella Compagnia (anche per il timore della evanescenza e della fragilità di pietismi e sentimentalismi) ha sempre insistito nel porre a fondamento e giustificazione della fede una sana costruzione razionale, di tipo tomista. Vale la pena di ricordare il rapporto di Pio con Mario Tronti, fattosi sempre più stretto negli ultimi tempi, e quanto Pio abbia accolto con gioia la scoperta da parte dello stesso Tronti che l'uomo non basta a se stesso, e che c'è uno spirito (non necessariamente o non ancora con la S maiuscola sottolineava Pio) che agita e scompagina il mondo.

Alberto: La fortuna che abbiamo avuto incontrando persone come Padre Pio e don Luisito è grande e me ne rendo conto riprendendo le sue riflessioni e le assonanze con tante persone di fede, credenti o magari non credenti. Questa distinzione fra credenti e non credenti che a me prima era chiara, ora è meno netta perché la ricerca della fede passa attraverso ogni persona. Qui Alberto cita la lettera di un amico:

Caro Alberto, la lettura delle pagine( punti 6 e 7 della traccia ) di Padre Pio Parisi, che mi hai inviato con la tua ultima e-mail, mi ha suscitato una sensazione strana e difficile da descrivere, che provavo ogni volta che ascoltavo o leggevo Padre Turoldo: avvertire la sensazione quasi fisica che quelle parole entrano dentro di me (nel cuore e nello stomaco) e mi provocano emozione e spaesamento . Mi viene ora in mente che una volta, mentre ascoltavo predicare Padre Turoldo nella sua chiesina di Sotto il Monte, cominciai a piangere senza capirne il perché. Forse è lo iato che si crea tra la mia disponibilità a lasciarmi "intridere" dalla Parola e la mia incapacità di acquisirla come punto di approdo.

Un secondo punto che vorrei sottolineare è la distinzione fra fede e religione su cui Pio ha riflettuto in questi ultimi tempi. La religione può facilitare un atteggiamento di possesso, di identità contrapposta quella degli altri; la fede invece è esperienza di povertà, ricerca di verità esistenziali che si presenta sempre velata nel Mistero, nell'accoglienza e fiducia nell'Altro, e negli altri. Proprio a livello di fede ci può essere un dialogo, uno scambio, che diversamente è molto difficile, se non impossibile, se il dialogo si pone fra dottrine e strutture istituzionali. E' interessante il commento di Luisito all'incontro di Gesù con la Samaritana (Gv 4,1-27) ...) in cui Gesù si rivela come il Messia, il quale supera la religiosità del tempo e pone al centro della fede l'adorazione di Dio in Spirito e Verità che si realizza proprio nel riconoscimento e nell'accoglienza del Cristo. L'ultima cosa su cui ho riflettuto pochi giorni fa : beati coloro che non hanno visto ed hanno creduto. Dio è un Dio nascosto, è una sorta di assenza /presenza che esalta la nostra responsabilità e la nostra fede.

Massimo: ricordando dei ragionamenti con Pio su fede e religione segnalo una affermazione di Pio di quanto potrebbe essere fecondo un incontro fra cristiani e mussulmani se cadessero gli ostacoli delle rispettive rigidità dottrinali , religiose.

Giulio : Il tema centrale di Pio è quello della fede che Pio approfondisce con Stancari, Corradino. In primo luogo c'è una distanza enorme fra questa idea di fede che Pio ci lascia e tante altre idee che circolano, e su questo purtroppo c'è una confusione enorme ed una lontananza abissale fra la visione di Pio e le altre. Questa fede è difficile ed esigente . C'è una frase di Gesù che dice: "quando il figlio dell'uomo tornerà troverà la fede sulla terra?" Questa frase precede la parabola del fariseo e del pubblicano. La fede è contraria ad ogni presunzione di essere giusti che è l'atteggiamento che troviamo nel fariseo. La fede, così come sottolinea S. Paolo, è una forza vincente rispetto al mondo, ma è fragile nel senso che viene offerta a tutti ma richiede una ricerca ed una continua alimentazione/sostegno, deve essere coltivata. La fede non è possesso tranquillo e si alimenta della speranza.

Damiano: Effettivamente la fede si alimenta della speranza. Senza speranza si entra in una mera pratica idolatrica (vedi il libro di Corradino su "il potere nella Bibbia"). La fede è sostanza di cose sperate.

Giulio: In Pio vi sono una serie di dimensioni,e realtà che servono ad alimentare e sostanziare la fede: comunità, amicizia spirituale, silenzio, contemplazione, preghiera come apertura delle orecchie alla Parola di Dio, e poi l'Eucarestia (la Messa sul mondo). Quel che mi pare più rilevante è che l'uomo di fede non è quello che ha tutte le verità e tutte le soluzioni migliori per la vita, al contrario è l'uomo in ricerca. Da qui il discorso sulla laicità. La fede è la risposta vera alle nostre domande profonde e di senso; ci sono riscontri tra la fede e la storia come in particolare ha sostenuto Teilhard de Chardin.

Roberto : partendo dall'episodio di Tommaso il quale fa una grande professione di fede, pur nell'apparente atteggiamento di scetticismo (Vangelo Gv 20,19-31, Dom. 15 aprile 2012), sottolinea la validità della ricerca e della stessa scienza, che sono alla base del progresso, ma ne evidenzia i limiti , nella misura in cui pretendono di essere autosufficienti e non si aprono al Mistero. E' interessante la citazione che spesso faceva Pio su Norberto Bobbio, non credente, ma in ricerca di qualcosa che va oltre la nostra ragione. Questo "oltre" ci viene dall'alto, da una sorta di Monte Everest come diceva Pio, e rappresenta l'illuminazione sul Mistero della vita. Vanno considerate in questa prospettiva la fede, la contemplazione, l'amore

Giulio: Effettivamente la fede è una cosa difficile. Gesù non lo riconoscono subito, neanche Maria. Le persone non riuscivano a vederlo perché lo ricercavano nella dimensione fisica, e invece per riconoscerlo va visto nella fede. Clamoroso è l'episodio di Emmaus in cui due discepoli stanno una giornata intera con lui e non lo riconoscono. Il Signore vuole proprio che ci sia un atto di libera accettazione , di fede.

Massimo: Ci sono parecchie pagine di Francesco Rossi de Gasperis sulla tomba vuota. Non lo riconoscono perché andavano a cercare una cosa morta, un loro possesso umano, e non lo trovano. Lui si fa vedere ed è trasparente perché non ha più i limiti della carnalità.

Soana: Lui era già là, si rende visibile quando loro sono aperti ad accoglierlo. C'è un rapporto fra la fede e la ricerca della fede che si fa fede essa stessa. E' vero che la fede è un dono, ma non c'è contraddizione fra il fatto che la fede è dono ed è anche ricerca. E' il tema di essere a immagine e somiglianza. Se ti metti alla sequela lui si mostra e la tua fede è rafforzata. Se non ti metti alla sequela sei tu che lo neghi. I discepoli di Emmaus non se lo aspettavano. Se lo cerchi è diverso.

Paolo: Se è stato difficile riconoscerlo per loro che lo avevano a portata di mano, tanto più oggi per noi. Questo mi fa venire in mente anche la riflessione fatta l'altra sera sugli Atti degli Apostoli quando si racconta che nessuno era nel bisogno perché ognuno provvedeva all'altro. E questo mi fa riflettere su come siamo noi oggi e quale è la nostra fede.

Anna: sottolinea la preziosità delle riflessioni di Soana e degli altri amici e le sente come una preghiera. Per questo sente l'esigenza di fare silenzio, godendo di questo sostegno che avverte da parte degli amici. "Questo lavoro di Soana mi ha aperto il cuore , è stata una preghiera. E' piacevole essere sostenuta/confortata dalle riflessioni degli amici", ribadisce Anna.

Francesco: Il tema del Mistero è difficile. Pio ne parlava spesso e gli stava particolarmente a cuore. Ascoltando mi è venuto di pensare al Mistero di Dio come anche al mistero di ogni persona su questo pianeta. Il mistero che ogni persona rappresenta va collegato con il Mistero di Dio. Ogni giorno mi capita di incontrare tante persone e mi viene il pensiero, talvolta, di ciò che ciascuno ha nel profondo, cosa rappresenta Dio per lui. Se si potesse far venir fuori tutto questo nessuno apparirebbe estraneo a questa riflessione e avremmo attenzione verso le persone più umili che non esprimono a parole il loro pensiero sul mistero che ciascuno rappresenta.

Antonio: Nei nostri confronti, parlo di me e di molti amici fuorisede che hanno conosciuto Pio negli anni dell'università negli appartamenti, Pio si è posto in modo del tutto diverso da quello che avevamo sperimentato nella realtà religiosa dei nostri paesi di provenienza .

Non ho avuto difficoltà anche ad accettare una sostanziale non separazione fra credenti e non credenti. Molto spesso, constatava Pio , non senza qualche amarezza, era più facile trovare ascolto , attenzione, e comprensione nei cosiddetti "non credenti" che non nei credenti obbedienti più alla gerarchia che al Vangelo.

A differenza di gruppi o movimenti che nella comunità ecclesiale cristiana cercano di imporre la propria visione, Pio ha cercato sempre la Parola al primo posto e ci ha invitato all' ascolto e al discernimento.

Questo rappresenta per me il filo rosso dell'esperienza di fede come ricerca continua, difficile, anche perché spesso noi cerchiamo noi stessi.

Vedo spesso , nelle parrocchie, tanti gruppi di credenti che si sentono quasi proprietari della fede, come se ne possedessero il marchio. Fede e contemplazione penso siano molto distanti da questa impostazione.

Mi sembra molto importante e fecondo nella chiesa la realtà dei piccoli gruppi di ricerca. Ce ne sono molti , per fortuna, e animati solo dal tentativo di ancorarsi alla Parola e vivere una fede più matura .

Liborio: La fede è certamente una ricerca, ma vi sono degli ostacoli in questa ricerca, a meno di averne una nozione superficiale. Nelle scritture c'è qualcosa che viene prima della fede: la conversione. Dice Gesù: convertitevi e credete al Vangelo. Mi viene il dubbio se noi crediamo realmente. La fede è un cammino, e ci sono molti stadi. Aiuta nel cammino di fede essere in condizioni di minorità, come gli affaticati e oppressi di cui parla Gesù perché ciò aiuta a superare una situazione di chiusura, di egoismo, di idolatria presenti in tutti. L'ostacolo maggiore ad andare verso Dio è l'affermazione di quello che pensiamo come nostra verità, mentre occorre entrare nel silenzio e nell'ascolto. Non si può credere se non c'è la Grazia di Dio. LA Chiesa offre tempi e spazi liturgici molto belli, ma occorre ricordare, per esempio nei riti della notte di Pasqua, che tutto non si risolve in un ritualismo. Serve uno sforzo continuo di purificazione della fede e del modo di esprimerla. Il radunarsi delle comunità cristiane nella liturgia celebra il Mistero di Dio , canta la gloria di Dio. Dobbiamo comunicare con il popolo cristiano e considerare tutti quelli che sono in ricerca come nostri fratelli in umanità.

Soana : cita un passo del commento di don Luisito all'incontro di Gesù con la Samaritana : Pasqua è un passaggio, ma anche un punto di arrivo. Dove c'è la possibilità di incontro lì opera lo Spirito Santo e non c'è una sola strada, ce ne sono tante, sono le strade della ricerca. Vi leggo una cosa, questa dunque di Luisito e non di Pio:

" Il passaggio è un'avventura imprevedibile. Si pensa di dovere attraversare un paese per raggiungere altre genti ed invece ci si accorge che quello che si cercava oltre all'attraversamento ci attende durante quello che noi pensavamo un passaggio.

La Pasqua è un passaggio ma anche un punto d'arrivo. Ogni strada sulla quale cammina Cristo è sempre un punto d'arrivo. Cristo traccia infinite strade per avere infiniti momenti d'incontro. La Buona Novella annunciata sulle strade non regolate da nessun piano urbanistico ma costruite dove c'è la possibilità di incontro. E' l'incontro che crea la strada dove lo Spirito vuole, senza tenere conto della razionale simmetria degli architetti che vorrebbero imbrigliare anche il vento. E dove c'è un uomo c'è una strada che Cristo costruisce per arrivare a lui. Anche il tronco di un albero diventa una strada: Zaccheo, presto, di scendi; anche una branda che da 38 anni sopporta il peso di un paralitico può diventare il termine di una strada. O quando gli uomini l'hanno già costruita perché sia esclusivamente un momento di passaggio per Damasco o per l'Etiopia, Cristo la riserva per Sé perché essa porta ad un uomo che deve essere gettato giù da cavallo e da un cocchio ed incontrarsi con lui.

Ci sono tante strade che Cristo , dall'eternità, ha visto e costruito perché ci sono miliardi di uomini, ogni sorta di umanità: storpi, paralitici, ciechi, lebbrosi; una folla senza volto e senza nome che avvolge Cristo col suo odore di peccato e di grazia, di sudore e di povertà, di orgoglio e di trivialità, ma sempre ai bordi di una strada polverosa dalla quale, prima o poi, dovrà passare Cristo.

Il Vangelo è il libro delle strade del mondo che non sono dedicate a nessun navigatore o inventore ma che portano l'anonimato di un giovane ricco o di una prostituta. Vorrei conoscere tutti gli uomini e le donne delle strade dell'Evangelo."

Iniziative segnalate:

Alberto fa cenno ad una iniziativa che verrà assunta da diversi gruppi ecclesiali in occasione dei 50 anni dal Concilio e chiede se sia il caso di aderire come Associazione con un nostro contributo a partire da un articolo di don Nicolini apparso sull'ultimo numero della rivista Jesus. Il convegno è previsto a Roma per settembre 2012.

Giulio segnala che per il 9 e 10 novembre 2012 , sempre per i 50 anni del Concilio , l'associazione Teilhard de Chardin , sezione italiana, organizza un convegno internazionale presso l'università Gregoriana

Il prossimo incontro di discernimento è fissato per sabato 19 maggio alle ore 9,30 -13,00. Rifletteremo sul punto 8 ( la Messa sul mondo) della traccia di Pio, a partire da una introduzione di Franco Passuello.

Limiteremo il tempo della riflessione dalle 9,30 alle 12,00. Dalle 12,00 alle 13,00 cercheremo di ragionare su quali contenuti e su come organizzare la giornata in memoria di Pio ad un anno dalla morte ; giornata fissata per il 23 giugno p.v.

Discernimento


Incontri 2011-2012


  • febbraio 2012
    Riflessioni sul punto 5 della traccia di Pio
  • aprile 2012
    La fede non spiega ma illumina tutto - La contemplazione. I ricercatori
    Riflessioni sui punti 6 e 7 della traccia di Pio