Incontri di discernimento e solidarietà
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05 marzo 2019

Primo e Secondo Libro di Samuele - quarta parte

Davide anziano spettatore delle vicende della sua casa

Quarto incontro del ciclo 2018-2019


Proseguiamo nella lettura dei libri di Samuele che ci ha tenuto impegnati sin dallo scorso anno. Il lavoro che dedichiamo in questo secondo anno a questi scritti dell’Antico Testamento è considerevole; abbiamo l'opportunità di prendere direttamente contatto con un testo biblico ampio, che solitamente non viene considerato nei dettagli: qua e là qualche spunto, qualche pagina, qualche richiamo, qualche figura. E invece credo che sia sempre più importante e necessario per noi, per il popolo cristiano; un contatto diretto, puntuale, capillare, continuo con il testo biblico in tutte le sue espressioni: Antico e Nuovo Testamento. E per questo bisogna che, con pazienza, con coraggio e anche con la consolazione che non manca mai, che ci aiutiamo tra di noi.

Abbiamo letto fino al cap. 12 del Secondo Libro di Samuele. Ricordate le vicende che si sono succedute nel corso di un’avventurosa evoluzione della storia del popolo di Dio quando, passando attraverso momenti di crisi e di smarrimento particolarmente vistosi, si giunge all’istituzione della monarchia.

Attraverso la figura di Samuele, il profeta, che di per sé è contrario - lui personalmente - ma c'è Dio che gli dice "ne hanno bisogno e dà loro un re". Ed ecco il primo re, Saul e, d' altra parte, l’istituzione non è per sé stessa già l’avvio di una soluzione definitiva e ineccepibile; anzi il primo re, Saul, è coinvolto in un fallimento catastrofico. Ed ecco la figura di Davide dominante; tutto un percorso di formazione del personaggio attraverso i capitoli del primo libro dal cap. 16 in poi.

E adesso, Secondo Libro di Samuele: l’istituzione monarchica che è segno, nella storia della salvezza, di come il popolo di Dio è debole ed ha bisogno di essere sostenuto, inquadrato, strutturato nel contesto di una vicenda che non corrisponde mai adeguatamente al rapporto di alleanza instaurato dal Signore fin dal tempo successivo all' uscita dall'Egitto; il tempo della sosta nel Sinai, la mediazione di Mosè, l'alleanza, il popolo che appartiene al Signore. Questa appartenenza, nel corso della storia, ha bisogno di un puntello, di un apparato istituzionale, di un sistema organizzativo che contribuiscano all'identità del popolo di Dio. Ed ecco l’istituzione monarchica; in realtà ogni altra istituzione rientra in questa prospettiva; ma è anche vero che, laddove l’istituzione è segno della debolezza intrinseca del popolo di Dio - che ha bisogno di essere sostenuto - è sempre rivelazione della misericordia di Dio che va incontro ai limiti del suo popolo e lo accompagna con puntuale fedeltà.

Ed ecco, dal cap. 6, la maturità di Davide che pure è sulla scena del racconto già da tempo e ancora avremo a che fare direttamente con lui. Davide è asceso al trono, ha fatto di Gerusalemme la sua capitale e ha trasportato a Gerusalemme l'Arca santa.

È proprio nel contesto di quelle vicende - che stanno lì a raffigurare la posizione ormai autorevole, universalmente apprezzata, segnata da molteplici successi di Davide re - che abbiamo riscontrato la drammatica e devastante contraddizione del peccato di Davide.

Nel cap. 12 Davide è contestato tramite il profeta Natan. Il peccato di Davide, nel momento del suo successo; il regno consolidato, la relazione con i popoli circostanti, un'egemonia di cui il regno di Israele gode in rapporto alle popolazioni circostanti e la figura di Davide che emerge in maniera sempre più vistosa e sempre più entusiasmante. Ricordate che la stabilità del regno dipende dalla presenza dell'erede.

E leggevamo la volta scorsa il cap.7 che è uno dei grandi testi di tutta la letteratura antico testamentaria perché in quelle pagine è contenuta la cosiddetta promessa messianica, che regge lo svolgimento della storia della salvezza per tutti i secoli successivi nell'l'arco di circa un millennio, per arrivare al compimento di quella promessa quando l'angelo Gabriele si presenta a Maria nella Casa di Nazareth. Promessa messianica perché Davide, fiero - e con buoni motivi - della posizione raggiunta, dichiara di essere ormai in grado di porgere pubblicamente la testimonianza di una grande famiglia, una casa solidamente costituita, che non è soltanto una reggia ma esattamente la sua famiglia; ha molti figli e una situazione di prosperità che è pubblicamente apprezzata e, all'interno di questa grande famiglia, si tratta di individuare l'erede. Ma è soltanto un passaggio ulteriore in vista di quello che avverrà quando Davide morirà; per adesso Davide non sta pensando alla sua morte come a una scadenza prossima. L'erede non mancherà, la grande famiglia, la casa solidissima fondata da Davide dal suo punto di vista è una realtà ormai costituita che viene data per scontata. E in quel contesto Davide, invece, aveva dimostrato l'intenzione - aveva parlato con il profeta Natan - di costruire lui un tempio, una casa per il Signore; dopodiché invece il Signore - tramite il profeta Natan - gli manda a dire che Lui, il Signore, non ha bisogno di una casa. Sta benissimo sotto la tenda dove la sua Arca, l'Arca santa, che contiene le tavole della legge, dimora ancora dopo essere stata trasportata a Gerusalemme. Il Signore manda a dire a Davide: “non è vero che tu ti sei costruito una casa. Te la costruisco io. Ti do io una discendenza, ti do io un figlio, colui che renderà stabile il tuo trono; sono io che ti costruisco la casa”. Tutto quello che avviene successivamente sta all'interno di questo messaggio e, subito dopo, mentre sono in crescita le testimonianze del successo politico e militare di cui Davide gode presso i popoli confinanti con Israele... il peccato di Davide.

Cap.11. Il peccato di Davide riguarda esattamente l'esercizio della sua funzione regale, ma riguarda anche la sua paternità perché essa è la misura della sua regalità che è consolidata, è una realtà affermata, e giunge alla sua definitiva positività a vantaggio del popolo quando Davide, in qualità di padre, è in grado di presentare il figlio che sarà suo erede. Ma è esattamente questa regalità di Davide che viene colta, nel racconto biblico, nella sua fragilità massimamente preoccupante: Davide che approfitta di Betsabea, la moglie di Urìa, ufficiale del suo esercito che sta combattendo al fronte. Ricordate, è un atto che noi subito possiamo intendere come espressione di una smodata e impudica passione sessuale; ma ridurre l'evento a questo criterio interpretativo è deviante, quantomeno marginale, rispetto alla realtà effettiva della mancata responsabilità di cui Davide ha dato prova in quell'occasione, se siamo attenti al racconto biblico. Davide ha abusato del potere, tradendo la fedeltà del suo collaboratore e ha offeso l'onestà del suddito in nome di un esercizio della sua autorità regale che acquista, dal suo punto di vista, l'evidenza di un'illimitata prepotenza, fino ad abusare, così spudoratamente, della debolezza altrui. Il peccato di Davide, in quanto re, in quanto è nell'esercizio del potere regale che è venuto meno; ma è la paternità di Davide che così è compromessa. E da quel momento Davide è penitente.

Cap. 12 Tra l’altro, in questo capitolo il figlio di Davide muore, ma nasce un altro figlio che si chiama Iedidià “l’Amato del Signore”, in seguito chiamato Salomone, di cui si parla appena nel cap. 12 e poi rimane marginale rispetto alle pagine che leggeremo. In realtà è proprio vero che la paternità di Davide è dotata di un'autentica fecondità in quanto obbedisce a un'iniziativa gratuita di Dio che sbaraglia tutte le aspettative umane, tutte le pretese di programmazione, di autoaffermazione, di autosufficienza; è la promessa messianica che garantisce il futuro e, per quanto riguarda la regalità di Davide; è la promessa messianica che garantisce l'esercizio della paternità a colui che, nell'esercizio della regalità, è alle prese con i dati che, in maniera così drammatica e dolorosa, dimostrano il suo fallimento. E siamo così arrivati alla fine del cap.12.



Amnòn e la sorella Tamàr. Compare Assalonne

Cap. 13, vv.1-22. I racconti che si succedono in questo capitolo descrivono ciò che avviene nella casa di Davide, nella sua famiglia. Davide è anziano, sta invecchiando ed è spettatore di quanto riguarda la realtà dei suoi figli. Sta riscontrando nelle vicende dei suoi, di casa, di famiglia, come in uno specchio, l'immagine della sua paternità fallita e la sua paternità fallita fa tutt'uno con la dimostrazione di come Davide - che pure ufficialmente ha raggiunto il livello supremo nella posizione di governo e che è ormai in grado di affermare i poteri della sua regalità su uno scenario internazionale - non è ancora re. Ha a che fare con questa casa, con questa famiglia, con questi figli, che gli rimandano l'immagine di quello che è lui: padre fallito. É ancora soltanto apprendista, alla scuola di quella promessa che, nella sua gratuità, il Dio vivente ha posto a fondamento di tutta questa avventura, per cui il figlio che renderà stabile il trono di Davide - e che farà di Davide il re - è il figlio che il Signore gli darà. Leggiamo. Sono pagine piene di fatti, di avvenimenti, di personaggi, di figure che leggiamo adesso piuttosto rapidamente. Qua e là compare, ma in modo molto occasionale, il nome del Signore come se non c'entrasse in tutte queste vicende che sono quelle di una famiglia che nientemeno aspira a configurarsi come il principio di una dinastia regale. Che cosa succede? Leggo:Dopo queste cose, accadde che, avendo Assalonne figlio di Davide, una sorella molto bella, chiamata Tamàr” (Tamàr vuol dire ‘palma’) “Amnòn figlio di Davide si innamorò di lei.” (Sono figli di Davide, di madri diverse: Amnòn è il primogenito e, in quanto tale, tutto lascia intendere che sia l’erede. Anche Davide sembra supporre che proprio Amnon sia colui che gli succederà per rendere stabile il trono. Fatto sta che Amnòn si è invaghito di Tamàr) e “Amnòn ne ebbe una tal passione, da cadere malato a causa di Tamàr sua sorella; poiché essa era vergine pareva impossibile ad Amnòn di poterle fare qualcosa”. É un amore malato, un'unione impossibile: la legislazione mosaica come leggiamo nel libro del Levitico lo proibisce; ma è vero che in una sistemazione giuridica più arcaica un’ipotesi del genere sarebbe anche concepibile; pensate che Abramo era sposato con la sorellastra Sara. Ma il fatto è che questa unione è impossibile in rapporto a quel progetto di natura dinastica di cui noi sappiamo; perché Amnòn, se è l'erede destinato a succedere a Davide sul trono, non può sposare la sorellastra. Una politica matrimoniale è parte costitutiva di una politica diplomatica di relazioni interne all’economia della comunità di tante tribù, ma si tratta di relazioni con i paesi confinanti. Fatto sta che questa unione è impossibile, anche perché proprio lui, Amnòn, presume e altri attorno a lui, compreso Davide, prevedono che lui, in quanto primogenito, sia designato come successore. “Ora Amnòn aveva un amico, chiamato Ionadàb (è un suo parente) figlio di Simeà, fratello di Davide (sono cugini, ma non si capisce bene di quale grado; comunque sia vi è una parentela). “e Ionadàb era un uomo molto astuto. Egli disse (gli dà un consiglio, qui si vede l’amico; una famiglia allargata che diventa un bacino di sapienza che inventa espedienti per dare sfogo a questa passione amorosa così incontenibile che divora il nostro Amnòn): «Perché, figlio del re, tu diventi sempre più magro di giorno in giorno? Non me lo vuoi dire?». Amnòn gli rispose: «Sono innamorato di Tamàr, sorella di mio fratello Assalonne». Ionadàb gli disse: «Mettiti a letto e fingiti malato; quando tuo padre verrà a vederti, gli dirai: Permetti che mia sorella Tamàr venga a darmi da mangiare e a preparare la vivanda sotto i miei occhi, così che io veda; allora prenderò il cibo dalle sue mani». (Una terapia; così deperito, Amnòn ha confidato a Ionadàb che il motivo è questo suo innamoramento senza prospettive di soluzione positiva e Amnòn accetta il consiglio). Amnòn si mise a letto e si finse malato; quando il re lo venne a vedere, Amnòn gli disse: «Permetti che mia sorella Tamàr venga e faccia un paio di frittelle sotto i miei occhi e allora prenderò il cibo dalle sue mani» (Davide deve permettere). Allora Davide mandò a dire a Tamàr, in casa: «Va' a casa di Amnòn tuo fratello e prepara una vivanda per lui». Tamàr andò a casa di Amnòn suo fratello, che giaceva a letto. Essa prese farina stemperata, la impastò, ne fece frittelle sotto i suoi occhi e le fece cuocere. Poi prese la padella e versò le frittelle davanti a lui; ma egli rifiutò di mangiare e disse: «Allontanate tutti dalla mia presenza». Tutti uscirono. Allora Amnòn disse a Tamàr: «Portami la vivanda in camera e prenderò il cibo dalle tue mani». Tamàr prese le frittelle che aveva fatte e le portò in camera ad Amnòn suo fratello. Ma mentre gliele dava da mangiare, egli l'afferrò e le disse: «Vieni, unisciti a me, sorella mia». Essa gli rispose: «No, fratello mio, non farmi violenza; questo non si fa in Israele; non commettere questa infamia!” (questa è un’infamia: i capricci del malato. Amnòn sarebbe il primogenito, sarebbe l’erede, lui, Amnòn, spudorato; e Tamàr lo richiama: ha le sue buone ragioni; non si fa così, e, tra l’altro, è Tamàr che fa appello a valori di ordine religioso: “questa è un’infamia! Per quanto riguarda i comportamenti a cui è tenuto il nostro popolo in Israele, non si fa così,) “Io dove andrei a portare il mio disonore? (dice Tamàr) Quanto a te, tu diverresti come un malfamato in Israele. Parlane piuttosto al re, egli non mi rifiuterà a te».” (“Fa’ le cose secondo le regole”, ma in questo caso sposare Tamàr significa rinunciare a diventare erede e questo è implicito; ma se è tanto innamorato! Che cosa c'entra questo con la storia della Salvezza, dove va a finire il Signore? E che cosa ci interessa di questi fatti così, un po' scabrosi, avvenuti nel nell'ambito del circuito di figli, parenti, amici e conoscenti, la grande casa di Davide. Il fatto è che proprio in quella casa di Davide c'è la garanzia della stabilità del regno; quella casa è il contesto nel quale la promessa del Signore ha annunciato la nascita di un figlio che renderà stabile il trono; è il Signore che ha annunciato a Davide che lui lo renderà padre. Intanto questi sono i figli di Davide e qui è appena l’inizio di una vicenda che adesso sta precipitando in un abisso di malefatte, violenze, spudorate vendette. E Tamàr, poverina, dice: “ma parlane con nostro padre, lui ti saprà dire”).

Ma egli non volle ascoltarla: fu più forte di lei e la violentò unendosi a lei. Poi Amnòn concepì verso di lei un odio grandissimo” (un’improvvisa mutazione del sentimento: da quella passione smodata a un odio; adesso Amnòn si rende conto di quello che ha combinato) “l'odio verso di lei fu più grande dell'amore con cui l'aveva prima amata. e Le disse: «Alzati, vattene!». Gli rispose: «O no! Questo torto che mi fai cacciandomi è peggiore dell'altro che mi hai già fatto». Ma egli non volle ascoltarla. Anzi, chiamato il giovane che lo serviva, gli disse: «Cacciami fuori costei e sprangale dietro il battente» (così si comporta Amnòn!). “Essa indossava una tunica con le maniche, perché così vestivano, da molto tempo, le figlie del re ancora vergini. Il servo di Amnòn dunque la mise fuori e le sprangò il battente dietro. Tamàr si sparse polvere sulla testa, si stracciò la tunica dalle lunghe maniche che aveva indosso, si mise le mani sulla testa e se ne andò camminando e gridando. Assalonne suo fratello (altro nome di un altro figlio: Assalonne e Tamàr sono figli della stessa madre) le disse: «Forse Amnòn tuo fratello è stato con te? Per ora taci, sorella mia; è tuo fratello; non disperarti per questa cosa»”. Tamàr è una sventurata: è stata offesa la sua verginità, la sua veste è stracciata. E interviene Assalonne; si prende cura di sua sorella; e intanto impone il silenzio. Sta covando qualcosa, se l'è legata al dito. É comprensibile e qui la vicenda non si è conclusa, tutt' altro; si è appena avviato un processo che avrà sviluppi sempre più tragici perché:Tamàr desolata rimase in casa di Assalonne, suo fratello. E Il re Davide seppe”. Il re Davide è informato, ma è come se Davide non potesse intervenire; tra l’altro ci sono di mezzo motivi di politica dinastica. Forse per Davide ancora più paralizzante è la percezione di essere privo di effettiva credibilità per quello che è avvenuto e che lo rende un peccatore. È vero, è un peccatore penitente, ma un peccatore che sta registrando - nelle vicende che sconvolgono gli equilibri della sua famiglia - come gli viene rimandata l'immagine di quel padre fallito che è lui stesso. E allora qui leggiamo che Il re Davide seppe tutte queste cose e ne fu molto irritato, ma non volle urtare il figlio Amnòn, perché aveva per lui molto affetto; era infatti il suo primogenito. Assalonne non disse una parola ad Amnòn né in bene né in male; odiava Amnòn (un odio implacabile!) perché aveva violato Tamàr sua sorella”.



La vendetta di Assalonne e la sua fuga

Vv. 23-39. E adesso arriva il momento della vendetta: v. 23 “Due anni dopo Assalonne, avendo i tosatori a Baal-Cazòr, presso Efraim (Assalonne ha le sue proprietà ed è arrivato il momento in cui bisogna tosare le pecore del suo gregge. É un momento di festa; Efraim - è la località: Samaria), invitò tutti i figli del re” (fa una festa e invita per la tosatura, la festa di famiglia, tutti i figli del re: una grande famiglia). Andò dunque Assalonne dal re e disse: «Ecco il tuo servo ha i tosatori presso di sé. Venga dunque anche il re con i suoi ministri a casa del tuo servo!». “Ma il re disse ad Assalonne: «No, figlio mio, non si venga noi tutti, perché non ti siamo di peso». Sebbene insistesse, il re non volle andare; ma gli diede la sua benedizione (il re approva). Allora Assalonne disse: «Se non vuoi venire tu, permetti ad Amnòn mio fratello di venire con noi». Il re gli rispose: «Perché dovrebbe venire con te? (è il primogenito). Ma Assalonne tanto insisté che Davide lasciò andare con lui Amnòn e tutti i figli del re. Assalonne fece un banchetto come un banchetto da re (una festa solennissima, e guardate quello che succede). Ma Assalonne diede quest'ordine ai servi: «Badate, quando Amnòn avrà il cuore riscaldato dal vino e io vi dirò: Colpite Amnòn! voi allora uccidetelo e non abbiate paura. Non ve lo comando io? Fatevi coraggio e comportatevi da forti!». (Non c'è il racconto del fatto; c’è il racconto di come Assalonne lo ha predisposto, programmato e ha imposto ai suoi servi di intervenire; quel che conta è che il fatto avvenga alla presenza di testimoni, che sono gli altri figli, fratelli e fratellastri, sorelle e sorellastre di Amnòn, tutta la famiglia; la festa della famiglia è rovinata. I servi di Assalonne fecero ad Amnòn come Assalonne aveva comandato. Allora tutti i figli del re si alzarono, montarono ciascuno sul suo mulo e fuggirono. Mentre essi erano ancora per strada, giunse a Davide questa notizia (c’è sempre il riferimento a Davide: arrivano notizie, e la notizia di per sé ancora non corrisponde esattamente alla realtà): “«Assalonne ha ucciso tutti i figli del re e neppure uno è scampato» (non è vero). Allora il re si alzò, si stracciò le vesti e si gettò per terra; tutti i suoi ministri che gli stavano intorno, stracciarono le loro vesti”.

Ma Ionadàb, (quel certo parente esperto, il furbastro, il parente astuto, che è perfettamente consapevole di come stanno andando le cose) figlio di Simeà, fratello di Davide disse: «Non dica il mio signore che tutti i giovani, figli del re, sono stati uccisi; il solo Amnòn è morto; per Assalonne era cosa decisa fin da quando Amnòn aveva fatto violenza a sua sorella Tamàr. Ora non si metta in cuore il mio signore una tal cosa, come se tutti i figli del re fossero morti; il solo Amnòn è morto e Assalonne è fuggito» (come se niente fosse: Amnòn è morto. Assalonne è sfuggito; non si preoccupi, disse Ionadàb, perché è successo quasi niente: soltanto che Amnòn è morto, perché il fratello l’ha ucciso e il fratello responsabile dell’omicidio è fuggito. E infatti le cose sono andate esattamente così). Il giovane che stava di sentinella alzò gli occhi, guardò ed ecco una gran turba di gente veniva per la strada di Bacurìm, dal lato del monte, sulla discesa. La sentinella venne ad avvertire il re e disse: «Ho visto uomini scendere per la strada di Bacurìm, dal lato del monte». Allora Ionadàb disse al re: «Ecco i figli del re arrivano; la cosa sta come il tuo servo ha detto». Come ebbe finito di parlare, ecco giungere i figli del re, i quali alzarono grida e piansero; anche il re e tutti i suoi ministri fecero un gran pianto. Quanto ad Assalonne, era fuggito ed era andato da Talmài, figlio di Ammiùd, re di Ghesùr. Il re fece il lutto per suo figlio per lungo tempo”. Nella casa di Davide si piange per la morte di un figlio, un figlio fratricida, che fra l'altro è fuggito chissà dove; il primogenito è venuto meno, l’altro figlio è costretto alla fuga e tutto ciò avviene sotto gli occhi di Davide. “Assalonne rimase tre anni a Ghesùr, dove era andato (sono tre anni di lutto per Davide) dopo aver preso la fuga. Poi lo spirito del re Davide cessò di sfogarsi contro Assalonne, perché si era placato il dolore per la morte di Amnòn”. Dunque, pian piano si placa l’animo addolorato di Davide e ci rendiamo conto anche del fatto che Davide desidera rivedere Assalonne, suo figlio; desiderio sincero, ma gli interessi di stato ancora proibiscono il rientro di Assalonne a Gerusalemme e il ristabilimento in una posizione di prestigio adeguato al suo rango: non è possibile. Allora interviene Ioab che inventa un trucco. Questo Ioàb è il comandante dell'esercito, un cugino, un personaggio molto violento, ma è anche molto efficiente ed è mosso da una preoccupazione di genere politico; perché lui ha un progetto e si rende conto che, comunque, per gestire validamente l'amministrazione del regno bisogna arrivare finalmente a definire chi è l’erede. E tutto lascia intendere che, a questo punto, deve essere Assalonne che, tra l'altro, ha delle qualità e le metterà in evidenza anche se in contesti molto ambigui. Però bisogna convincere il re a consentire il rientro di Assalonne. E allora lui, come lucido regista della vicenda, Ioàb, inventa tutta una specie di messa in scena.



Il ritorno di Assalonne a Gerusalemme

Cap. 14 vv. 1-27. Leggiamo: “Ioab figlio di Zeruià si accorse che il cuore del re era contro Assalonne” (la mia Bibbia dice “rivolto verso”, non contro, in senso negativo; quindi era rivolto “verso” Assalonne. I sentimenti di Davide sono cambiati in modo positivo nei confronti di Assalonne. Ioab, dal canto suo, capisce che bisogna in tutti i modi favorire la maturazione di una decisione che consenta ad Assalonne di rientrare, perché è una questione di gestione della politica interna dalla quale dipende poi la stessa sussistenza del regno nel rapporto col mondo esterno e che comporta la presenza dell’erede. Che cosa inventa Ioab? “Allora mandò a chiamare a Tekòa e fece venire una donna saggia (un’attrice) e le disse: «Fingi di essere in lutto: mettiti una veste da lutto, non ti ungere con olio e compòrtati da donna che pianga da molto tempo un morto; poi entra presso il re e parlagli così e così» (gli insegna la parte che deve recitare). “Ioab le mise in bocca le parole da dire”. La donna di Tekòa andò dunque dal re, si gettò con la faccia a terra, si prostrò e disse: «Aiuto, o re!». Il re le disse: «Che hai?». Rispose: «Ahimé! Io sono una vedova; mio marito è morto. La tua schiava aveva due figli, ma i due vennero tra di loro a contesa in campagna e nessuno li separava; così uno colpì l'altro e l'uccise. Ed ecco tutta la famiglia è insorta” (perché a questo punto scatta la decisione di intervenire contro l’omicida. Il vendicatore del sangue, il “redentore del sangue” si può anche opportunamente tradurre, deve intervenire) contro la tua schiava dicendo: consegnaci l'uccisore del fratello, perché lo facciamo morire per vendicare il fratello che egli ha ucciso. Elimineranno così anche l'erede e spegneranno l'ultima bracia che mi è rimasta e non lasceranno a mio marito né nome, né discendenza sulla terra»”. (“Come farò io? Ho perso il marito, un figlio ucciso e l’altro figlio deve essere punito con il versamento del sangue; e i parenti sono insorti per vendicare il fratello che egli ha ucciso; elimineranno così anche l’erede e spegneranno l’ultima bracia che mi è rimasta, non lasceranno a mio marito né nome né discendenza sulla terra”. Già, inventa una vicenda del genere e dice: “adesso devi intervenire tu!” e, lì per lì, Davide risponde in forma un po' evasiva: “Il re disse alla donna: «Va' pure a casa: io darò ordini a tuo riguardo».” Che cosa dice qui è il versetto 8? Non dice niente: “poi ci pensiamo, poi vediamo”; è una risposta frequente in certi ambienti, perché la questione è un po' imbarazzante, che mette in conflitto due norme: una che riguarda la punizione del fratricida e l’altra che però riguarda il valore della vita, che deve essere custodita in maniera tale che si conservi il nome del defunto. E come la mettiamo allora in questo contrasto tra due norme, quando ci sono di mezzo sia il rispetto della necessità della punizione sia il valore della vita da conservare? Questione impostata: Ioab ha ordito un piano perché vuole arrivare a persuadere Davide che è arrivato il momento di richiamare Assalonne. E infatti adesso la conversazione prende questa piega perché la donna insiste: “«Re mio signore, la colpa cada su di me e sulla casa di mio padre, ma il re e il suo trono sono innocenti». (vedi che tu devi trovare una soluzione per la vita) E il re: «Se qualcuno parla contro di te, conducilo da me e vedrai che non ti molesterà più»”. (“Io voglio proteggere te, ma qui non è questione di proteggere te, perché qualcuno parlerà contro di te o ti affronterà in maniera da offendere la tua maternità: qui c'è di mezzo la vita del figlio che, stando al giudizio della parentela, deve essere punito perché ha versato il sangue del fratello”. E allora lei insiste ancora).Riprese: «Il re pronunzi il nome del Signore (solo qui adesso, dopo un bel pezzo, compare per la prima volta in nome del Signore; il re deve intervenire su questo, la donna che si è presentata come una vedova, in lutto, piangente, dolente, amarissima per la disgrazia che le è capitata insiste) suo Dio perché il vendicatore del sangue non aumenti la disgrazia e non mi sopprimano il figlio”. Deve intervenire e prender posizione in modo tale da rendere percorribile la strada che custodisce la vita; laddove ci sono coloro che, con tutte le loro motivazioni, vogliono percorrere la strada della punizione che sopprimerebbe la vita del figlio e quindi la continuità della discendenza.

A questo punto Davide “rispose: «Per la vita del Signore (adesso Davide parla in nome del Signore, nel nome santo del Dio vivente), non cadrà a terra un capello di tuo figlio!»”.

Adesso lui ha detto quello che la vedova si aspettava; finalmente non parla più così, a casaccio, con formule un po’ inconcludenti; adesso dice la sua in maniera precisa, rigorosa, corrispondente alla responsabilità dell'uomo di governo che qui è anche l'uomo del giudizio. «Non cadrà in terra un capello di tuo figlio!» “Allora la donna disse: «La tua schiava possa dire una parola al re mio signore!». Egli rispose: «Parla». Riprese la donna: «Allora perché pensi così contro il popolo di Dio? (per la vicenda di Assalonne) Intanto il re, pronunziando questa sentenza si è come dichiarato colpevole, per il fatto che il re non fa ritornare colui che ha bandito». 

Perché se tu imponi ad Assalonne di restare ancora in esilio tu vai contro gli interessi del popolo di Dio; questa è la posizione politica di Ioab che invece ritiene necessario che Assalonne sia presente e che si prepari adeguatamente al suo compito di re quando sarà il momento. “Perché parli contro il popolo di Dio?” Intanto il re, pronunziando questa sentenza, si è come dichiarato colpevole: “Quello che tu hai detto a me contraddice, ti rende colpevole rispetto a quello che tu stai operando nei confronti del figlio esule (per il fatto che il re non fa ritornare colui che ha bandito: Assalonne).

Noi dobbiamo morire e siamo come acqua versata in terra, che non si può più raccogliere, e Dio non ridà la vita. Il re pensi qualche piano perché il proscritto non sia più bandito lontano da lui. (Assalonne) “Ora, se io sono venuta a parlare così al re mio signore, è perché la gente mi ha fatto paura e la tua schiava ha detto: Voglio parlare al re; forse il re farà quanto gli dirà la sua schiava; il re ascolterà la sua schiava e la libererà dalle mani di quelli che cercano di sopprimere me e mio figlio dalla eredità di Dio». La donna concluse: «La parola del re mio signore conceda la calma. Perché il re mio signore è come un angelo di Dio per distinguere il bene e il male. Il Signore tuo Dio sia con te!»”. 

Ha recitato bene la sua parte questa donna di Tekòa. Ioab le ha insegnato bene come doveva comportarsi: si è presentata poi non solo come madre di quel figlio che deve essere sottratto alla vendetta perché possa vivere lui e attraverso di lui il nome del defunto, ma si è presentata come madre di Israele che richiama il re alla sua responsabilità di sovrano perché si tratta di offrire al popolo la presenza dell’erede di cui tutti desiderano finalmente la definizione e, secondo Ioab e secondo molti, Assalonne è l’uomo giusto.

A questo punto, però, Davide si è reso conto di quello che è stato il piano ordito da Ioab per convincerlo a riguardo della scelta da operare. Infatti “Il re rispose e disse alla donna: «Non tenermi nascosto nulla di quello che io ti domanderò». La donna disse: «Parli pure il re mio signore». Disse il re: «La mano di Ioab non è forse con te in tutto questo?». (ha capito, ha capito bene) La donna rispose: «Per la tua vita, o re mio signore, non si può andare né a destra né a sinistra di quanto ha detto il re mio signore! Proprio il tuo servo Ioab mi ha dato questi ordini e ha messo tutte queste parole in bocca alla tua schiava. Per dare alla cosa un'altra faccia, il tuo servo Ioab ha agito così; ma il mio signore ha la saggezza di un angelo di Dio e sa quanto avviene sulla terra» (quindi si è reso conto di come stanno le cose; adesso il proposito di Ioab è svelato). V.21, “Allora il re disse a Ioab: «Ecco, voglio fare quello che hai chiesto; va' dunque e fa' tornare il giovane Assalonne». Ioab si gettò con la faccia a terra, si prostrò, benedisse il re e disse: «Oggi il tuo servo sa di aver trovato grazia ai tuoi occhi, re mio signore, poiché il re ha fatto quello che il suo servo gli ha chiesto». Ioab dunque si alzò, andò a Ghesùr e condusse Assalonne a Gerusalemme. Ma il re disse: «Si ritiri in casa e non veda la mia faccia». Così Assalonne si ritirò in casa e non vide la faccia del re”. É figlio, ma non figlio del re; è ancora separato dalla corte per dirla con una parola fin troppo impegnativa. Assalonne è a Gerusalemme e adesso comincia a darsi da fare, perché è un uomo molto ambizioso e senza scrupoli. E infatti di lui viene data una descrizione affascinante come spesso succede. “Ora in tutto Israele non vi era uomo che fosse tanto lodato per la sua bellezza quanto Assalonne; dalle piante dei piedi alla cima del capo, non vi era in lui un difetto alcuno. Quando si faceva tagliare i capelli, e se li faceva tagliare ogni anno perché la capigliatura gli pesava troppo, egli pesava i suoi capelli e il peso era di duecento sicli a peso del re (due chili e due etti, una volta all'anno! Tutte considerazioni che nell'animo popolare contribuiscono ad assegnare ad Assalonne l'alone di un personaggio superiore, di un superdotato, colui di cui veramente c'è bisogno! Non aggiungiamo commenti!). Ad Assalonne nacquero tre figli e una figlia chiamata Tamàr, (come la sorella) che era donna di bell'aspetto”. Figuriamoci!

Poi, un altro momento, veniamo a sapere che non aveva figli e quindi anche in questa paternità c'è qualcosa di mitico. Ma Assalonne vuole farsi valere e guardate come si comporta.



Assalonne ottiene il perdono

Vv. 28-33. Assalonne abitò in Gerusalemme due anni, senza vedere la faccia del re. Poi Assalonne convocò Ioab per mandarlo dal re; ma egli non volle andare da lui; lo convocò una seconda volta, ma Ioab non volle andare.” Allora Assalonne disse ai suoi servi: (la soluzione a questo punto è o sarà certamente persuasiva) «Vedete, il campo di Ioab è vicino al mio” (sono appezzamenti di terreno confinanti con parenti) “e vi è l'orzo; andate ed appiccatevi il fuoco!». (Messaggio chiaro: si capisce subito! Solo la polizia non capisce, i carabinieri non capiscono, ma la gente ha capito subito, tutti hanno capito, tutti sanno che cosa volesse dire!) “I servi di Assalonne appiccarono il fuoco al campo. Allora Ioab si alzò, andò a casa di Assalonne e gli disse: «Perché i tuoi servi hanno dato fuoco al mio campo?». Assalonne rispose a Ioab: «Io ti avevo mandato a dire: Vieni qui, voglio mandarti a dire al re: Perché sono tornato da Ghesùr? Sarebbe meglio per me se fossi rimasto là. Ora voglio vedere la faccia del re e, se vi è in me colpa, mi faccia morire!»". Assalonne è scatenato nel suo desiderio di rimettersi in cammino per conquistare posizioni alla presenza del re e nella gestione politica del paese, del potere, del regno. “Ioab allora andò dal re e gli riferì la cosa. Il re fece chiamare Assalonne” (Adesso Davide lo manda a chiamare; c'è un riavvicinamento: Davide si arrende), “il quale venne e si prostrò con la faccia a terra davanti a lui; il re baciò Assalonne”. Silenzio che continua a coprire moltissime cose non dette, ma Davide baciò Assalonne che ha via libera.



Gli intrighi di Assalonne

Cap.15, vv. 1-6. Ed ecco Assalonne che si dà un gran da fare ed è ormai in carriera. “Ma dopo, Assalonne si procurò un carro, cavalli e cinquanta uomini che correvano davanti a lui”. Tutta una squadra; l’attività politica di Assalonne è instancabile adesso. Lui ha un’arma che usa con molta consapevolezza e con molta efficacia; l’arma è la scontentezza generale, che di per sé è un fenomeno normale nella relazione tra sudditi e governo; lui adesso sa operare proprio in questo ambito nel quale l’animo popolare nutre risentimenti per come ha amministrato il regno. Tutto quello che poi è stato, come dire, l’impegno dedicato da Davide e i suoi collaboratori a realizzare un’impresa che in sé per sé possiamo considerare straordinaria: l’amministrazione interna, la relazione tra le tribù nella loro diversità, l’equilibrio per non garantire privilegi a nessuno; eppure la gente è scontenta.

E allora che cosa fa Assalonne? “Assalonne si alzava la mattina presto e si metteva da un lato della strada di accesso alla porta della città (a Gerusalemme e quelli che vengono a Gerusalemme naturalmente si rivolgono agli uffici della amministrazione centrale e si metteva sulla strada, si svegliava presto – Assalonne è tutt’altro che un pigrone!); quando qualcuno aveva una lite e veniva dal re per il giudizio, Assalonne lo chiamava e gli diceva: «Di quale città sei?», l'altro gli rispondeva: «Il tuo servo è di tale e tale tribù d'Israele». Allora Assalonne gli diceva: «Vedi, le tue ragioni sono buone e giuste, ma nessuno ti ascolta da parte del re». ("questi sono tutti incompetenti, se ci fossi io": è una ricerca sistematica di consensi personali, una procedura tipicamente mafiosa e un metodo di propaganda capillare, in modo tale che in tutto il territorio del paese, tribù per tribù, ci siano dei referenti. É una rete clientelare che diventa veramente efficientissima: "rivolgiti a me e soprattutto paga! Rivolgiti a me; se ci fossi io"). Assalonne aggiungeva: «Se facessero me giudice del paese! Chiunque avesse una lite o un giudizio verrebbe da me e io gli farei giustizia» (il suo programma politico è impostato sulla denuncia della disfunzione degli uffici dei servizi centrali, mentre viene annunciato l’avvento di una vera giustizia, che però sarà fatta a misura dell’interesse privato di ciascuno; è una prospettiva catastrofica. L'Italia! Prospettiva catastrofica; "e allora anche tu avrai secondo giustizia la soddisfazione e la gratificazione e il beneficio privato di quelli che si rivolgono a me). Quando uno gli si accostava per prostrarsi davanti a lui, gli porgeva la mano, l'abbracciava e lo baciava. Assalonne faceva così con tutti gli Israeliti che venivano dal re per il giudizio; in questo modo Assalonne si cattivò l'affetto degli Israeliti”. E adesso arriva il momento in cui Assalonne, dopo questo tempo di preparativi, fa scoppiare la rivolta: dopo quattro anni la rivolta nientemeno nella casa di Davide; il figlio che ha ottenuto benefici di ogni genere e che peraltro è un assassino che viene esaltato dall'opinione popolare.



La rivolta di Assalonne

Vv. 7-12. Ed ecco: “Ora, dopo quattro anni, Assalonne disse al re: «Lasciami andare a Ebron(città capoluogo della provincia della tribù di Giuda) a sciogliere un voto che ho fatto al Signore. (la mette sul piano religioso; la motivazione è dichiaratamente religiosa. Si è portato dietro anche un rosario dicendo: “vado a pregare e a offrire un sacrificio perché è una cosa che avevo promesso fin dal tempo in cui ero in esilio. Quasi un atto penitenziale o un atto di ringraziamento o tutto questo insieme.). Perché durante la sua dimora a Ghesùr, in Aram, il tuo servo (Assalonne) ha fatto questo voto: Se il Signore mi riconduce a Gerusalemme, io servirò il Signore a Ebron!». Il re gli disse: «Va' in pace!». Egli si alzò e andò a Ebron. Allora Assalonne (ecco, siamo allo scoppio della rivolta) mandò emissari per tutte le tribù d'Israele (la sua rete ormai è ramificata In maniera capillare) a dire: «Quando sentirete il suono della tromba, allora direte: Assalonne è divenuto re a Ebron». Con Assalonne erano partiti da Gerusalemme duecento uomini, i quali, invitati, partirono con semplicità, senza saper nulla (sono collaboratori qualificati, ma si sono trovati coinvolti in questa faccenda a loro insaputa). Assalonne convocò Achitòfel il Ghilonita, (molto influente; dopo Davide è il l’uomo politico più qualificato, il consigliere del re, il sapiente per antonomasia; fu convocato) “perché venisse dalla sua città di Ghilo ad assistere mentre offriva i sacrifici”. Vuole attirarlo dalla sua parte e ottiene il consenso di Achitòfel che si rende conto di come, in una fase di evoluzione circa l'ordine politico così importante, lui può mettere a disposizione i suoi consigli al potente di turno. Rimane neutro e fa il mestiere del tecnico che adesso offre le sue competenze al personaggio che sembra ormai emergere in maniera travolgente: Achitòfel. “La congiura divenne potente e il popolo andava crescendo di numero intorno ad Assalonne”.

Adesso, nel tempo che ci rimane, vediamo che cosa succede a Davide.



Davide lascia Gerusalemme

Vv. 13-23. Che cosa succede a Davide? versetto13:Arrivò un informatore da Davide e disse: «Il cuore degli Israeliti si è volto verso Assalonne». Allora Davide disse a tutti i suoi ministri che erano con lui a Gerusalemme: «Alzatevi, fuggiamo; altrimenti nessuno di noi scamperà dalle mani di Assalonne. (non c’è niente da fare, Davide capisce subito: Assalonne è implacabile! Fuggiamo!). “Partite in fretta perché non si affretti lui a raggiungerci e faccia cadere su di noi la sventura e colpisca la città a fil di spada» (è un modo anche per proteggere la città, altrimenti verrebbe assediata, assalita, distrutta). “I ministri del re gli dissero: «Tutto secondo ciò che sceglierà il re mio signore; (ci sono i fedelissimi accanto a Davide)ecco, noi siamo i tuoi ministri». Il re dunque uscì (notate la scena come adesso viene descritta, ripresa e illustrata in diversi modi nelle righe che leggiamo) a piedi con tutta la famiglia; lasciò dieci concubine a custodire la reggia. Il re uscì dunque a piedi con tutto il popolo e si fermarono all'ultima casa”.

Davide si guarda attorno: Gerusalemme è la città che ha conquistato; la reggia, la sua casa, la sua famiglia. Ed ecco che gli passa davanti tutta la gente che è in fuga da Gerusalemme; è insieme con lui e tutti sono coinvolti in questa situazione disgraziatissima che riguarda lui e di cui lui, a suo modo, sa bene di essere responsabile. Assalonne è il figlio che ha adesso dato l’inizio a questa rivolta popolare, che travolgerà tutto l'impianto istituzionale e darà al governo del re Davide un’altra impostazione.

In tutto questo, Davide sta facendo un'obbedienza silenziosa al Signore; Davide che nel momento del suo splendore ha esercitato un potere in quella maniera volgare, odiosa, dando tutto per scontato. Ricordate il peccato: Davide è magnifico nella disgrazia. Davide si è fermato in fondo alla valle; gli scorrono davanti tutti quelli che sono in fuga insieme con lui. “Tutti i ministri del re camminavano al suo fianco e tutti i Cretei e tutti i Peletei e Ittài” (la guardia del corpo: sono Filistei che fanno i militari di mestiere) “con tutti quelli di Gat, seicento uomini venuti da Gat al suo seguito (sono fedelissimi; stranieri ma fedelissimi), sfilavano davanti al re.” Allora il re disse a Ittài di Gat (il comandante della guardia): «Perché vuoi venire anche tu con noi? Torna indietro e resta con il re, perché sei un forestiero e per di più un esule dalla tua patria. (e in questo caso ti conviene restare). “Appena ieri sei arrivato e oggi ti farei errare con noi, mentre io stesso vado dove capiterà di andare?” (Questo è Davide: “Dove sto andando, non lo so nemmeno io, come posso portarti con me? Trascinarti in questa avventura disgraziatissima).” Torna indietro e riconduci con te i tuoi fratelli; siano con te la grazia e la fedeltà al Signore!».” Ma Ittài rispose al re: «Per la vita del Signore e la tua, o re mio signore, in qualunque luogo sarà il re mio signore, per morire o per vivere, là sarà anche il tuo servo». Allora Davide disse a Ittài: «Va', prosegui pure!». Ittài, quello di Gat, proseguì con tutti gli uomini e con tutte le donne e i bambini che erano con lui. Tutti quelli del paese piangevano ad alta voce, mentre tutto il popolo passava. Il re stava in piedi nella valle del Cedron e tutto il popolo passava davanti a lui prendendo la via del deserto”.

Adesso compaiono i sacerdoti che vorrebbero anche loro partecipare a questa fuga e si sono fatti carico dell'arca, la trasportano.



I sacerdoti custodiscono l’arca

Vv. 24-29: "Ecco venire anche Zadòk con tutti i leviti, i quali portavano l'arca dell'alleanza di Dio. Essi deposero l'arca di Dio presso Ebiatàr, finché tutto il popolo non finì di uscire dalla città. Il re disse a Zadòk: «Riporta in città l'arca di Dio! Se io trovo grazia agli occhi del Signore, egli mi farà tornare e me la farà rivedere insieme con la sua Dimora. Signore, egli mi farà tornare e me la farà rivedere insieme con la sua Dimora. Ma se dice: Non ti gradisco, eccomi: faccia di me quello che sarà bene davanti a lui». Il re aggiunse al sacerdote Zadòk: «Vedi? Torna in pace in città con tuo figlio Achimaaz e Giònata figlio di Ebiatàr. Badate: io aspetterò presso i guadi del deserto, finché mi sia portata qualche notizia da parte vostra». Così Zadòk ed Ebiatàr riportarono a Gerusalemme l'arca di Dio e là dimorarono.” (In realtà questo lascia intendere che Davide comunque gradisce mantenere un collegamento con la capitale e, attraverso i figli di questi sacerdoti, al momento opportuno riceverà notizie).



Davide cerca appoggi

Vv. 30-37. Facciamo un piccolo salto in avanti, versetto 30: Davide saliva l'erta degli Ulivi (è il Monte degli Ulivi di cui si parla a più riprese nei racconti evangelici); “saliva piangendo e camminava con il capo coperto e a piedi scalzi; tutta la gente che era con lui aveva il capo coperto e, salendo, piangeva. Fu intanto portata a Davide la notizia: «Achitòfel è con Assalonne tra i congiurati». (è il primo consigliere del re). Davide disse: «Rendi vani i consigli di Achitòfel, Signore!». Quando Davide fu giunto in vetta al monte, al luogo dove ci si prostra a Dio, ecco farglisi incontro Cusài, l'Archita (un altro consigliere: anche questo è un uomo esperto che dovrebbe accompagnare Davide nella fuga. ma il Signore dice anche a lui di ritornare e di restare disponibile per collaborare con Assalonne in vista di una possibile evoluzione degli eventi; ma tutto qui è appena appena ipotizzato, in maniera molto aleatoria), con la tunica stracciata e il capo coperto di polvere”.



Davide di fronte al suo fallimento

Cap. 16, vv. 1-5. Davide, piangendo, sale il Monte degli Ulivi a piedi scalzi: “Davide aveva da poco superato la cima del Monte (adesso si scende dall' altra parte verso la depressione, verso la valle del Giordano) quando ecco Zibà, servo di Merib-Aba". Forse ricordate un Merib-Bàal figlio di Giònata, storpio, servo che adesso si presenta con una serie di vettovaglie. “É perché io voglio collaborare con te” perché accusa Merib-Bàal di essere rimasto a Gerusalemme, rivale storpio. In realtà, si tratta di una situazione di grande confusione, estremamente ambigua: Zibà che, evidentemente, vuole squalificare il suo padrone perché mira ad acquisire, lui, il patrimonio che fu di Giònata e di Saul. Grande confusione: attorno a Davide si muove questa gente; è solo questo personaggio che, adesso, vuole approfittare della situazione per arricchirsi in maniera smisurata; ma, d'altronde, ci sono anche quegli altri, che invece sono fedelissimi e legati a lui in maniera così gratuita. Ci fermiamo alla fine del brano che adesso sta sotto i nostri occhi, dal v.5



Cap. 16, vv. 5-13. Che cosa succede? “Quando poi il re Davide fu giunto a Bacurìm (siamo dall' altra parte, in discesa verso la valle del Giordano), ecco uscire di là un uomo della stessa famiglia della casa di Saul, chiamato Simeì, figlio di Ghera (compare un uomo della stessa famiglia della casa di Saul, Beniaminita: si chiama Simeì, un lontano parente di Saul; c'è ancora qualcuno che rivendica i diritti di Saul e della sua famiglia, della sua tribù, Beniamino; e Simeì si presenta imprecando). Egli usciva imprecando e gettava sassi contro Davide e contro tutti i ministri del re Davide, mentre tutto il popolo e tutti i prodi stavano alla destra e alla sinistra del re. Simeì, maledicendo Davide, diceva: «Vattene, vattene, sanguinario, scellerato! Il Signore ha fatto ricadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale regni; il Signore ha messo il regno nelle mani di Assalonne tuo figlio ed eccoti nella sventura che hai meritato, perché sei un sanguinario» (Simeì contro Davide). “Allora Abisài figlio di Zeruià (il fratello di Ioab, il cugino più giovane; già l’abbiamo incontrato altre volte) disse al re: «Perché questo cane morto dovrà maledire il re mio signore? Lascia che io vada e gli tagli la testa!». (Adesso ci penso io a farlo star zitto: maledetto Davide!) “Ma il re rispose: «Che ho io in comune con voi, figli di Zeruià? Se maledice, è perché il Signore gli ha detto: Maledici Davide! (questa vicenda per Davide è una rivelazione che lo mette direttamente in relazione con la presenza viva del Signore) E chi potrà dire: Perché fai così? Poi Davide disse ad Abisài e a tutti i suoi ministri: «Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere “cerca di togliermi la vita (Assalonne): “Quanto più ora questo Beniaminita! ("che vuoi che sia questo Beniaminita: io sono fallito come padre”, sta dicendo Davide, “son fallito come re, che vuoi che mi importi se questo Beniaminita mi maledice”. Non ne può più!) Lasciate che maledica, poiché glielo ha ordinato il Signore.” É Davide che si sta sottomettendo al Signore con tutto il carico pesantissimo, schiacciante, di questa situazione di fallimento in quanto re e in quanto padre. “Lasciate che maledica”! Versetto 12“Forse il Signore guarderà la mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi» (certo non posso sfuggire a questa pena - dice Davide - ed è proprio in quanto sono segnato in maniera così straziante da questo dolore che potrò rendermi presentabile a Dio. Davide è penitente per quanto riguarda la sua regalità, ma in modo più radicale ancora per quanto riguarda la sua paternità). Davide e la sua gente continuarono il cammino e Simeì camminava sul fianco del monte, parallelamente a Davide, e, cammin facendo, imprecava contro di lui, gli tirava sassi e gli lanciava polvere”.

Ecco, fin qui. Poi arriverà un momento in cui ricomparirà questo stesso personaggio, ma intanto qui ci fermiamo: è come se fossimo sulla soglia di una Quaresima, nel pieno di un itinerario di radicale penitenza interiore. Davide è alle prese con il dato macroscopico del suo fallimento e, in questo suo fallimento, è totalmente affidato a questa iniziativa del Signore che dimostra, in maniera così sconcertante, come il suo successo di sovrano in realtà è fatiscente e la sua paternità è in tutto e per tutto confermata solo dalla promessa del Signore.

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Lectio divina


2018-2019 - Libri di Samuele


  • 05 marzo 2019
    Primo e Secondo Libro di Samuele - quarta parte
    Davide anziano spettatore delle vicende della sua casa