04 dicembre 2018
Secondo incontro del ciclo 2018-2019
Eccoci, credo che possiamo ripartire. É ormai da un bel po’ di tempo che siamo alle prese con i Libri di Samuele: abbiamo letto il Primo Libro, siamo alle prese ormai con il Secondo ed esattamente abbiamo letto il capitolo primo e quindi ripartiamo da qui. Abbiamo una storia della salvezza che certamente ci insegna tante cose e i personaggi con cui abbiamo a che fare sono tra i grandi nella storia del popolo di Dio. Samuele protesta e da lui siamo arrivati a Saul, fino alla istituzione della monarchia e quindi a Davide. Davide è il vero protagonista di queste fasi, in un contesto comunque travagliatissimo perché è coinvolto in una lunga avventura che ha il valore di un itinerario pedagogico che finalmente gli conferisce la maturità per diventare re. L’istituzione monarchica è stata fondata. Sappiamo il valore di questo passaggio nella storia della salvezza che poi è un valore che illumina la storia del popolo cristiano fino a noi oggi. Ma Saul, il primo re, è un personaggio tragico, con tutte le sue comprensibili difficoltà; la nuova situazione nella quale è coinvolto, la grandezza del suo slancio, l’intensità del suo fervore, ne fanno una figura che rappresenta in maniera grandiosa l’esperienza del fallimento. Ma in connessione con Saul è andata emergendo la figura di Davide e le due figure sono inseparabili. I capitoli che leggevamo ultimamente, tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di quest’anno, (dal capitolo 16 del Primo Libro di Samuele fino a questo capitolo primo del secondo), sono pagine che contengono racconti nei quali i due personaggi compaiono insieme anche se in forte tensione tra loro: c’è un primo momento di intesa, di solidarietà, di intimità profonda, in cui il giovane Davide vive presso Saul; poi Saul è costretto ad allontanarsi perché condannato a morte. Saul è convinto di essere minacciato da una congiura e Davide trascorre anni della sua vita, di deserto in deserto, rifugiandosi in ripari occasionali e sempre in maniera molto rocambolesca. Ne parlavamo fino al capitolo primo del Secondo Libro di Samuele quando ormai siamo venuti a sapere che Saul è morto ed è morto tragicamente, suicida; è morto nel contesto di una battaglia che segna una sconfitta clamorosa per Israele nel conflitto con i Filistei.
Il periodo della permanenza di Davide nel deserto ha una singolare efficacia pedagogica per la maturazione del personaggio, tanto è vero che, proprio un mese fa, quando ci siamo visti per la prima volta quest’anno, leggendo quelle ultime pagine di cui ci siamo occupati, ci siamo resi conto del fatto che l’itinerario percorso da Davide (che è un itinerario interiore oltreché descritto in maniera così efficace dal punto di vista narrativo) è segnato da varie vicende nelle quali Davide è coinvolto con personaggi originali e in situazioni compromettenti, esposto al rischio di sprofondare n un abisso di miseria come se fosse addirittura corruttore del suo popolo. In seguito, è coinvolto in vicende che lo illuminano e lo rendono sempre più libero nell’animo, aperto a una capacità di accoglienza, di comprensione, di compassione e di misericordia.
Fino al momento in cui Davide, informato della morte di Saul, ha celebrato solennemente il lamento del nemico verso il quale peraltro egli ha una sincera devozione; insieme con la morte di Saul bisogna ricordare la morte di Giònata, l’amico fedelissimo di Davide, il figlio di Saul che ha soccorso Davide in alcuni momenti più che mai esposti a gravissimi pericoli nel corso della sua vicenda.
Adesso, dal capitolo 2 del Secondo Libro, noi affrontiamo una tappa nella narrazione che ci porterà fino al capitolo 20. Le pagine successive, nei capitoli da 21 a 24 sono delle appendici. Se Dio vuole, fra qualche mese ci arriveremo, ma intanto da 2Samuele 2 fino a 2Samuele 20, dunque un blocco di contenuti narrativi piuttosto impegnativo, possiamo senz’altro mettere a fuoco lo sviluppo di un’ultima tappa nel complesso del grande racconto dei due Libri di Samuele possiamo intitolare, anche se in maniera piuttosto grezza, “Il regno di Davide”. Adesso Davide diventa re, ma c’è voluto tutto quanto è avvenuto precedentemente. Diventa re, appoggiato sulle esperienze di Saul: su Saul il fallito, il re sbagliato, il re che è venuto meno, il re che ha frainteso, il re che è stato coinvolto in un’avventura prigioniera della morte.
Ed ecco Davide diventa re. Leggiamo alcune pagine; questa sera arriveremo al capitolo 6. Ed ecco, alle ultime battute del racconto che leggevamo un mese fa. Siamo alle prese con una prima sezione all’interno di questa tappa conclusiva che però è amplissima e, al suo interno, è segnata da dinamiche che bisogna man mano mettere in opportuno risalto. Dal capitolo 2 al capitolo 20, vi dicevo. Una prima sezione, fino al capitolo 5, ma noi dovremo arrivare anche al capitolo 6. E adesso vi dirò attraverso quali passaggi; questa prima sezione possiamo intitolarla “L’Ascesa al trono di Davide”. Davide diventa re. Uno sviluppo che evidentemente rievoca fatti che gli storici, a modo loro, tentano di ricostruire con discreto successo, sempre con molta approssimazione, ma naturalmente il racconto biblico non è preoccupato di rispettare la logicità storiografica delle vicende perché il racconto biblico è una interpretazione del complesso di eventi; è una lettura profetica; è la ricerca, nelle vicende della storia ormai documentata, nella memoria dei fedeli, della presenza del Signore che è protagonista, che si rivela, che opera in modo tale da realizzare intenzioni sue.
Ed ecco l’ascesa di Davide al trono avviene in coincidenza con la progressiva scomparsa della casa di Saul. La figura del sovrano non è riducibile all’individuo; essa è la garanzia di stabilità nel tempo, in quanto mette una dinastia al servizio della stabilità della vita a favore del popolo. Ma la casa di Saul, è in una fase di decadenza, una decadenza rapidissima e ormai irreparabile. C’è, però, ancora un residuo, uno strascico, rispetto alla generazione di Saul; c’è ancora un figlio di Saul, e ci sarebbe anche un figlio, come adesso veniamo a sapere, di Giònata. Ma, man mano, la presenza di Davide emerge; Davide che, nell’ultimo periodo di cui ci siamo occupati, è stato coinvolto in una situazione paradossale, di contatto e collaborazione con un re filisteo; ma non è così sul campo di battaglia perché a favore dei filistei avrebbe dovuto combattere contro il suo popolo. E Davide che si è costituito una specie di suo feudo personale, con i suoi seguaci - personaggi non sempre molto raccomandabili - e con la sua stessa famiglia nella regione meridionale sul confine con il deserto del Negheb. Davide, informato della morte di Saul, intraprende un cammino che è un atto di obbedienza nei confronti di una volontà che sta recependo e sta assimilando come un’azione di quelle che il Signore si aspetta da lui. Notate bene, adesso nelle pagine che rapidamente leggeremo, tutti gli eventi che vengono inquadrati, sono ricostruiti in maniera tale da dimostrare che Davide sale al trono senza alcuna responsabilità di sangue, nel contesto in cui invece di sangue ne viene sparso molto, come adesso constateremo. Ma lui è indenne, lui è innocente, lui non c’entra, non ha ordito alcuna trama politica; il regno gli cade nelle mani in maniera fortuita. E Davide è coinvolto in una vicenda che è mossa da un’intenzione provvidenziale che certamente fa capo al Signore e che passa anche attraverso i fatti più cruenti, rispetto ai quali Davide non ha alcuna responsabilità. Così Davide diventa re.
Cap.2 vv. 1-7 “Dopo questi fatti, Davide consultò il Signore dicendo: «Devo andare in qualcuna delle città di Giuda?». (Giuda è la sua tribù, tribù dislocata nel territorio meridionale, e Davide dimora a sud del territorio abitato dalla sua tribù; i contatti non sono mai venuti meno, peraltro.) Il Signore gli rispose: «Va’!». Chiese ancora Davide: «Dove andrò?». Rispose: «A Ebron». (Ebron è la città di Abramo, reminiscenze indimenticabili per quanto riguarda tutta la storia patriarcale. Ebron è una località che sta proprio nel centro del territorio abitato dalla tribù di Giuda. Davide è sollecitato a ristabilire un contatto con quelli della sua tribù, la sua gente, il suo territorio, ed è quello che avviene). “Davide dunque andò là con le sue due mogli, Achinoàm di Izreèl e Abigail, già moglie di Nabal da Carmel. Davide portò con sé anche i suoi uomini, ognuno con la sua famiglia, e abitarono nella città di Ebron. Vennero allora gli uomini di Giuda e qui unsero Davide re sulla casa di Giuda». Una prima tappa nella prospettiva della ascesa al trono di Davide. E Davide è consacrato, è “unto”, è il “Mashìach”, consacrato re sulla tribù di Giuda. Dunque, la tribù di Giuda assume una sua autonomia rispetto alle altre tribù. Tra l’altro, questo è un fenomeno che viene da lontano e che si perpetua poi nei secoli. Le tribù di Israele sono caratterizzate da due polarità: un polo meridionale e un polo settentrionale, quello meridionale fa capo alla tribù di Giuda, praticamente coincide con essa, (la tribù di Simeone praticamente scompare); quello settentrionale fa capo alla casa di Giuseppe e le due tribù dei figli di Giuseppe: Efraim e Manasse. Una tensione che rimane nei secoli tra Giuda e le altre tribù d’Israele. Sono le grandi tribù. Ed è la componente maggioritaria di quella che è la grande comunità di tutte le tribù all’interno della quale si esprimono tensioni e incomprensioni che arriveranno a determinare un vero e proprio scisma. Per adesso, la tribù di Giuda, che comunque svolge un certo ruolo di rilievo e così sarà ancora nell’epoca successiva, si rende autonoma rispetto alle altre tribù e Davide diventa re, re di Giuda. Sembra, dunque, una regalità instaurata all’insegna dello scisma, all’insegna della separazione, all’insegna della frattura, all’insegna della forzata estraneità della tribù di Giuda rispetto alle altre tribù. Questa è una tappa che subito avvertiamo come indizio di un pericolo. Davide diventa re nel momento in cui divide.
Ecco, allora, veniamo a sapere che “Come fu noto a Davide che gli uomini di Iabes di Gàlaad avevano sepolto Saul”, Davide inviò messaggeri agli uomini di Iabes di Gàlaad (sta a oriente del Giordano) per dir loro: «Benedetti voi (Davide ristabilisce un contatto con questa gente e manifesta la sua ammirazione per il loro comportamento - egli ribadisce l’autenticità sincera e affettuosa nella sua partecipazione al lutto per la morte di Saul. Davide, che è diventato re a Ebron, sulla tribù di Giuda, è immediatamente preoccupato di ristabilire contatti con coloro che hanno dimostrato ossequio e devozione nei confronti di Saul. E, infatti, leggiamo: «Benedetti voi dal Signore, perché avete fatto quest'opera di misericordia al vostro Signore, a Saul, e gli avete dato sepoltura. Vi renda dunque il Signore misericordia e fedeltà. Anch'io farò a voi del bene perché avete compiuto quest'opera. Ora riprendano coraggio le vostre mani e siate uomini forti. È morto Saul vostro signore, ma quelli della tribù di Giuda hanno unto me come re sopra di loro».
Davide benedice questi che hanno raccolto le spoglie di Saul e le hanno sepolte, ma sta compiendo un atto di governo in quanto re di Giuda e offre, in maniera neanche tanto velata, una garanzia di stabilità nella relazione tra la tribù di Giuda, dove adesso egli è rientrato, addirittura consacrato come re e gli altri d’Israele che sono alle prese certamente con vicende estremamente critiche, perché dopo la morte di Saul la debolezza del piccolo regno d’Israele è dimostrata clamorosamente. Eppure, c’è ancora una sopravvivenza di quel regno e, infatti, il versetto 8 ci parla di questa eredità di Saul.
Abner impone Is-Bàal come re delle tribù del Nord
vv. 8-11. “Intanto Abner figlio di Ner, (Abner è il generale comandante delle truppe d’Israele al tempo di Saul ed è un personaggio interessante, è un uomo di valore, è un militare ma è un militare che ha, a modo suo, pensieri di pace. E Abner si rende conto della situazione critica in cui versa il regno dopo la morte di Saul e la morte dei figli di Saul. Allora lui, capo dell’esercito di Saul, prende Is-Bàal, che è l’ultimo figlio sopravvissuto a Saul; questo Is-Bàal, nome di Bàal, nome piuttosto compromettente; Bàal è il nome della divinità cananea, nome preoccupante e comunque si chiama così questo ultimo figlio sopravvissuto a Saul che, però, è un uomo - poveretto lui - di poco valore, ma non è colpa sua. É un personaggio assai modesto, direi distratto, disinteressato, a modo suo non ne vuol sapere, non è cosa sua, (tanto è vero che qui): “Abner prende Is-Bàal e lo conduce a Macanàim”. (Macanàim è una località che sta a oriente del Giordano, una località molto arretrata, una specie di fattoria, e Is-Bàal, il figlio di Saul, che dovrebbe assumere la responsabilità del governo, in realtà è come una specie di proprietario di campagna, coltivatore diretto, si dedica alle attività agricole, non ha proprio il gusto, il fiuto, non ha proprio minimamente l’interesse di assumere effettivamente il compito del sovrano. E, d’altra parte, Abner è preoccupato perché comunque bisogna rispettare la continuità della dinastia.
E adesso veniamo a sapere che lo costituì re. É Abner che gestisce tutta l’operazione. Abner è l’uomo forte, sopravvissuto alla tragedia, è l’uomo che tiene in mano le redini del governo, ma ufficialmente è Is-Bàal che adesso è consacrato re. “Poi lo costituì re su Gàlaad, sugli Asuriti, su Izreèl, su Efraim e su Beniamino, cioè su tutto Israele. (Ma sono le tribù del nord, perché la tribù di Giuda si è separata.) Is-Bàal, figlio di Saul, aveva quarant'anni quando fu fatto re di Israele e regnò due anni. Solo la casa di Giuda seguiva Davide”. (Dunque, Davide regna nel momento in cui la comunità d’Israele è stata fratturata.) “Il periodo di tempo durante il quale Davide fu re di Ebron fu di sette anni e sei mesi.”
Guerra fra Giuda e Israele: c’è di mezzo la fratellanza.
vv. 12-32 Continuiamo a leggere: vedete, ci sono relazioni fra quelli di Giuda e gli altri d’Israele, quando si dice Israele in questo contesto, si intendono le tribù del nord, che poi sono le grandi tribù, ma anche Giuda è una grande tribù; Giuda ha una sua fisionomia molto singolare, sta per conto suo, ma questo lo aveva già annunciato Giacobbe quando benedisse i suoi figli nel capitolo 49 del Genesi. Adesso leggiamo: “Abner figlio di Ner e i ministri di Is-Bàal, figlio di Saul, si mossero da Macanàim verso Gàbaon. (vedete, sono tentativi di ristabilire un contatto. Gàbaon è località centrale e lì c’è un incontro che di per sé dovrebbe avere le caratteristiche di un avvenimento sportivo, diremmo noi oggi, una specie di torneo, ma Abner è un uomo di pace, dovrebbe trovare possibilità di riconciliazione, ristabilire dei contatti positivi e poi , come sapremo tra breve, Abner sa benissimo che Is-Bàal non è un uomo adatto a governare e invece tutti conoscono bene il valore di Davide ma Davide è appena uscito da una sua storia, così complessa, così esposta a fraintendimenti da parte di chi non ha vissuto dall’interno, il dramma della sua radicale conversione nell’intimo del cuore. Ma quelli che dall’esterno hanno osservato le vicende e hanno seguito lo svolgimento dei fatti sanno di lui che a un certo momento è diventato vassallo del re filisteo. Però è Davide, e tutti conoscono il valore del personaggio.)
Fatto sta che Abner si mosse da Macanàim verso Gàbaon. “Anche Ioab, figlio di Zeruià, e i seguaci di Davide si mossero e li incontrarono presso la piscina di Gàbaon.” Ioab è un parente di Saul, un cugino, non è ben chiaro il grado di parentela, forse un nipote e comunque è un parente: parenti sono quelli a cui vengono assegnati posti di riguardo e assume qui e manterrà per un bel pezzo il ruolo di comandante delle truppe. Davide è re e non si muove. Ioab ha pure due fratelli, due personaggi piuttosto vivaci e anche prepotenti.
E adesso: “Questi stavano presso la piscina da una parte e quelli dall'altra parte. Abner gridò a Ioab: «Potrebbero alzarsi i giovani e scontrarsi davanti a noi». Ioab rispose: «Si alzino pure». (ma Ioab ha altre intenzioni.) Si alzarono e sfilarono in rassegna: dodici dalla parte di Beniamino e di Is-Bàal figlio di Saul e dodici tra i seguaci di Davide. Ciascuno afferrò la testa dell'avversario e gli cacciò la spada nel fianco: così caddero tutti insieme e quel luogo fu chiamato Campo dei Fianchi, che si trova in Gàbaon.”
Muoiono in ventiquattro, una zuffa generale, una vera e propria battaglia e in questa battaglia Abner vuole a tutti i costi gestire ancora delle soluzioni pacifiche e quindi sta pensando a una ritirata. Ma quelli di Ioab incalzano perché Ioab, a modo suo, non desidera altro che operare con la forza del prepotente.
“La battaglia divenne in quel giorno molto dura e furono sconfitti Abner e gli Israeliti dai seguaci di Davide. Vi erano là tre figli di Zeruià, Ioab, Abisài e Asaèl. Asaèl era veloce nella corsa come una gazzella selvatica. Asaèl si era messo ad inseguire Abner e non deviava né a destra né a sinistra nell'inseguire Abner.” (Asaèl si mette in testa di inseguire Abner, ma Abner è un guerriero molto esperto e Asaèl è un giovane velocissimo, rapidissimo, agilissimo che corre dietro ad Abner e lo insegue, senza deviare né a destra né a sinistra.) E: “Abner si volse indietro e gli gridò: «Tu sei Asaèl?». Rispose: «Sì». Abner aggiunse: «Volgiti a destra o a sinistra, afferra qualcuno dei giovani e porta via le sue spoglie». E Asaèl non volle cessare di inseguirlo. Abner tornò a dirgli: «Smetti di inseguirmi. Perché vuoi che ti stenda a terra? Come potrò alzare lo sguardo verso Ioab tuo fratello?». (Tuo fratello. Qui c’è di mezzo la relazione fraterna; questo accenno è molto eloquente per proseguire nella lettura dei versetti seguenti e per entrare proprio nella dimensione teologale di questa vicenda che, osservata così dall’esterno, è semplicemente un’esplosione di violenza, di prepotenza sanguinaria. Ma qui c’è di mezzo la relazione fraterna; è come ritrovare dei valori di relazioni fraterne all’interno di una vicenda che è tanto compromessa. Dunque, il fratello di Asaèl è Ioab e Abner è alla ricerca di relazioni fraterne perché Abner, come già sappiamo, vorrebbe ristabilire rapporti positivi tra le tribù e invece la vicenda ha preso una piega assolutamente opposta alle sue intenzioni.) “E siccome quegli non voleva saperne di ritirarsi, lo colpì con la punta della lancia al basso ventre, così che la lancia gli uscì di dietro ed egli cadde sul posto.” (Ed ecco Asaèl steso a terra.) “Allora quanti arrivarono al luogo dove Asaèl era caduto e morto si fermarono. Ma Ioab e Abisài inseguirono Abner, finché, al tramonto del sole, essi giunsero alla collina di Ammà, di fronte a Ghiach, sulla strada del deserto di Gàbaon.” (I Beniaminiti. La tribù di Beniamino in questo contesto appartiene al nord. Beniamino è fratello di Giuseppe, figli entrambi di Rachele, la moglie amata da Giacobbe.) “I Beniaminiti si radunarono dietro Abner formando un gruppo compatto e si fermarono in cima ad una collina.” (Abner spiega che lui non ha nessuna intenzione e permangono queste le sue intenzioni.) “Allora Abner gridò a Ioab: «Dovrà continuare per sempre la spada a divorare? Non sai che alla fine sarà una sventura? Quando finalmente darai ordine alla truppa di cessare l'inseguimento dei loro fratelli?». (Questo dice Abner: «devo smetterla?» e Abner si è trovato in una situazione tale in cui malgrado i suoi tentativi di negare ha dovuto nientemeno che uccidere Asaèl, il giovane fratello di Ioab e adesso dice: «Quando la smetteremo?») “Rispose Ioab: «Per la vita di Dio, se tu non avessi parlato così, nessuno della truppa avrebbe cessato fino al mattino di inseguire il proprio fratello». Allora Ioab fece suonare la tromba e tutta la truppa si fermò e non inseguì più Israele e non combatté più. Abner e i suoi uomini marciarono per l'Araba tutta quella notte; passarono il Giordano, camminarono tutta la mattinata e arrivarono a Macanàim. Ioab, tornato dall'inseguimento di Abner, radunò tutta la truppa. Degli uomini di Davide ne mancavano diciannove oltre Asaèl. Ma i servi di Davide avevano colpito e ucciso trecentosessanta uomini tra i Beniaminiti e la gente di Abner. Essi presero Asaèl e lo seppellirono nel sepolcro di suo padre, che è in Betlemme. (Betlemme la città di Davide in Giuda). Ioab e i suoi uomini marciarono tutta la notte; spuntava il giorno quando furono in Ebron.”
Adesso ritornano da Davide, ma Davide, in tutta questa vicenda non c' entra per niente perché Davide è rimasto ad Ebron e questi fatti si sono svolti indipendentemente da lui. Davide è perfettamente innocente e adesso quelli di Abner di là sono rientrati nelle loro sedi. Davide non ha avuto nulla a che fare con questo spargimento di sangue. Mentre rimane aperta la questione: come ritrovarsi nella relazione fraterna. E i fratelli non sono riducibili a numeri: venti o trecento e tanti, fratelli, e qui c'è di mezzo, il fratello di Ioab, nientemeno; e Ioab, se l’è legato al dito e sta covando propositi di vendetta. Dopo la morte di suo fratello Asaèl, in questa situazione così incresciosa dove Asaèl che scioccamente e da giovane presuntuoso, come ha dimostrato di essere, ha voluto compiere un'impresa che era troppo più grande di lui.
Dialogo tra Abner e Davide, tra eventi incresciosi
Cap. 3. Ed ecco, siamo al capitolo 3: “La guerra tra la casa di Saul e la casa di Davide si protrasse a lungo. Davide con l'andare del tempo si faceva più forte mentre la casa di Saul andava indebolendosi.” (Quello che già sappiamo: la casa di Saul è in fase di decadenza, ma è la situazione complessiva del popolo che è segnata da una debolezza civile, politica e istituzionale evidentissima. E comunque, qui l’attenzione che dobbiamo cogliere con vero interesse è rivolta alla casa, cioè alla famiglia, perché quando si parla di una forza emergente che caratterizza la stirpe di Davide: la famiglia, la domanda è se ci sono dei figli e dei fratelli: la questione rimane in sospeso.
E allora proseguiamo, perché dal versetto 3 al versetto 5 veniamo a sapere che in Ebron ci fu tutta una serie di figli e di mogli; è un segno, è una casa poderosa è quella di Davide che sta crescendo quantitativamente, è un segno di successo.
Versetto 6: Abner, è attivo, politicamente intelligente; si rende conto che bisogna aprire un dialogo diretto con Davide per superare questa situazione di frattura che indebolisce ulteriormente il popolo, rispetto alla relazione con gli altri popoli confinanti.
Ed ecco: “Mentre durava la lotta tra la casa di Saul e quella di Davide, Abner era diventato potente nella casa di Saul.” (Praticamente faceva lui quello che c'era da fare perché Is-Bàal è ufficialmente il sovrano ma è inetto e non per colpa sua.) “Saul aveva avuto una concubina chiamata Rizpà, figlia di Aià. Ora Is-Bàal disse ad Abner (Dunque Abner si è unito a questa concubina di Saul, un comportamento del genere può esprimere l'intenzione di assumere una responsabilità che ha a che fare con gli impegni del governo. Abner con questa unione vorrebbe pretendere una certa legittimazione per potersi introdurre nella famiglia di Saul, lui personalmente, oppure Abner si è comportato in questo modo proprio per provocare la protesta da parte di Is-Bàal in modo tale da sentirsi offeso e quindi rivolgere i propri favori verso Davide. A questo punto veniamo a sapere che Is-Bàal lo rimprovera: «Perché ti sei unito alla concubina di mio padre?». Abner si adirò molto per le parole di Is-Bàal e disse: «Sono io una testa di cane, di quelli di Giuda? (Sono delle belve, dei mastini feroci. Io non sono una testa di cane come quelli.) “Fino ad oggi ho usato benevolenza alla casa di Saul tuo padre, favorendo i suoi fratelli e i suoi amici, e non ti ho fatto cadere nelle mani di Davide; oggi tu mi rimproveri una colpa di donna. Tanto faccia Dio ad Abner e anche peggio, se io non farò per Davide ciò che il Signore gli ha giurato” trasferire cioè il regno dalla casa di Saul e stabilire il trono di Davide su Israele e su Giuda, da Dan fino a Bersabea». (da nord a sud). “Quegli non fu capace di rispondere neanche una parola una parola ad Abner, perché aveva paura di lui.” E adesso Abner, agisce autonomamente, indipendentemente; forse proprio di sua volontà, ha voluto creare una situazione che in qualche maniera giustificasse il tentativo di aprire la ricerca di un dialogo politico e in un'altra direzione.
Ma anche qui andiamo incontro a un versamento di sangue in maniera veramente spudorata, perché “Abner inviò subito messaggeri a Davide per dirgli: «A chi il paese?». Intendeva dire: «Fa’ alleanza con me ed ecco, la mia mano sarà con te per ricondurre a te tutto Israele».
Abner si propone come alleato di Davide: perché è in grado di raccogliere attorno a lui il favore di tutti i rappresentanti delle diverse tribù. E Abner a questo riguardo è figura di riferimento certamente molto stimato.” Rispose: «Bene! Io farò alleanza con te. Però ho una cosa da chiederti ed è questa: non verrai alla mia presenza, se prima non mi condurrai davanti Mikal figlia di Saul,” (moglie di Davide, figlia di Saul che era stata poi richiamata dal padre quando Davide fu condannato a morte) quando verrai a vedere il mio volto». E così vanno le cose. La povera Mikal, tra l’altro, aveva instaurato un altro rapporto matrimoniale con un amico, un marito molto devoto che, poveretto, è costretto adesso ad assistere a questa forzata rimozione della sua amata Mikal, figlia di Saul, da casa sua perché deve essere riportata da Davide. Una vicenda che certamente ci amareggia non poco. Ma, vedete, Abner ha degli obiettivi di ordine politico che non tengono conto di questi disagi della affettività, ormai segnata da un lungo periodo di convivenza.
Versetto 17: “Intanto Abner rivolse questo discorso agli anziani d'Israele (di varie tribù, e i loro rappresentanti, figure autorevoli): «da tempo voi ricercate Davide come vostro re. (Abner ragiona in questi termini: Io so che in realtà tutti siamo convinti e tutti siete convinti che c'è bisogno di Davide. Davide è il vero re di cui il nostro popolo rivendica la consacrazione. Dà questo per scontato e dice: «Per mezzo di Davide mio servo ha detto il Signore: libererò Israele mio popolo dalle mani dei Filistei e dalle mani di tutti i suoi nemici». (C’è bisogno di Davide.) “Abner ebbe colloqui anche con gli uomini di Beniamino. Poi Abner tornò solo da Davide in Ebron a riferirgli quanto era stato approvato da Israele e da tutta la casa di Beniamino. Abner venne dunque a Davide in Ebron con venti uomini e Davide fece servire un banchetto ad Abner e ai suoi uomini. Abner disse poi a Davide: «Sono pronto! Vado a radunare tutto Israele intorno al re mio signore. Essi faranno alleanza con te e regnerai su quanto tu desideri». Davide congedò poi Abner, che partì in pace. (Shalom. Partì in pace.)
Bene, d' accordo, questo sembra un approccio positivo. Soltanto che adesso interviene Ioab, il cugino di Davide - versetto 22 - che sta rientrando a Ebron, dopo essere stato impegnato in una certa operazione. E adesso gli dicono: guarda che cosa è successo. Ioab dice a Davide: ma come ti permetti? Come ti permetti di dare credibilità ad Abner?
Dopodiché parte insieme ad Abner, lo saluta, lo abbraccia e mentre lo abbraccia lo inchioda con la spada. Questo è Ioab. Abner ha ucciso suo fratello. Tutto un progetto politico sta crollando. Un progetto di pace, di riconciliazione, il ristabilimento di relazioni fraterne. Ioab è spietato e pretende di essere proprio lui il protagonista di una vicenda che rende testimonianza alla giustizia. E d' altra parte, invece Davide, ancora una volta si esprime con il linguaggio del lamento, lo stesso lamento per la morte di Saul e di Giònata e adesso il lamento per la morte di Abner; perché in tutte queste vicende Davide è innocente e il racconto vuole sottolineare proprio il fatto che gli eventi si sviluppano in maniera tale che Davide, che sarà re anche di tutto Israele, senza colpo ferire, senza versare sangue, senza aver dato spazio alla violenza, violenza che peraltro è nell' ambiente circostante, è una merce di largo consumo. Non si diventa re perché si è acquisita l’abilità di chi si destreggia nell' uso della violenza. Non è possibile diventare re in questo modo e così sono andati i fatti nel racconto come si legge, ma sviluppa una lettura teologale di tutta la vicenda. Seguono i funerali di Abner.
Versetto 34 “Tutto il popolo riprese a piangere su di lui.” Versetto 35: “Tutto il popolo venne a invitare Davide” (Perché Davide digiuna per la morte di Abner, generale di Saul, e anche Ioab lo ha rimproverato: non devi fare questo, Abner è nemico. E Davide pianse, e digiunò, e tutto il popolo venne a invitare Davide)” perché prendesse cibo, mentre era ancora giorno; ma Davide giurò: «Tanto mi faccia Dio e anche di peggio, se io gusterò pane o qualsiasi altra cosa prima del tramonto del sole». Tutto il popolo notò la cosa e la trovò giusta; quanto fece il re ebbe l'approvazione del popolo intero. (La gente capisce.) Tutto il popolo, cioè tutto Israele, fu convinto in quel giorno che la morte di Abner figlio di Ner non era stata provocata dal re. Disse ancora il re ai suoi ministri: «Sappiate che oggi è caduto un capo, un grande in Israele. Io, oggi, mi sono comportato dolcemente, (questo è Davide) sebbene già consacrato re, mentre questi uomini, i figli di Zeruià, (suoi cugini) sono stati più duri di me. Provveda il Signore a trattare il malvagio secondo la sua malvagità».
La dolcezza di Davide è la premessa da cui non si può prescindere per interpretare adeguatamente la regalità di Davide.
Assassinio di Is-Bàal. Davide punisce i colpevoli
Cap. 4 – capitolo 4 - scompare Is-Bàal. Anche in questo caso, vedete, la violenza imperversa perché Quando il figlio di Saul seppe della morte di Abner in Ebron, gli cascarono le braccia e tutto Israele si sentì scoraggiato.” É la figura forte di quel regno in cui lui è tornato ma che lui non sa come gestire e quando lo seppe gli cascarono le braccia e tutto Israele si sentì scoraggiato. Il figlio di Saul aveva due uomini capi di bande. Sono due servitori, collaboratori, specie di guardie del corpo, che garantiscono la sua incolumità fisica perché per il resto Is-Bàal non sa come muoversi. E questi due: si chiamavano “l’uno Baanà e il secondo Recàb, figli di Rimmòn da Beeròt, della tribù di Beniamino, perché anche Beeròt era computata fra le città di Beniamino.” (I beniaminiti sono personaggi agitati e piuttosto propensi a gesti aspri, risoluti, intransigenti nel bene e anche nel male, tant' è vero che questi adesso veniamo a sapere tra le righe che - versetto 4 – “Giònata, figlio di Saul, aveva un figlio storpio di ambedue i piedi.” (C’è un ultimo sopravvissuto della famiglia di Saul, che è il figlio del figlio, Giònata in questo caso, soltanto che questo ragazzo, quando) “aveva cinque anni, giunsero da Izreèl notizie della battaglia nella quale erano morti il nonno e il padre e la nutrice l'aveva preso ed era fuggita, ma nella fretta della fuga il bambino era caduto e rimasto storpio. Si chiamava Merib-Bàal.” (Questo personaggio rimane ancora in scena, è uno storpio. E allora i due, le guardie del corpo, si mossero e vennero nell' ora più calda del giorno alla casa di Is-Bàal, mentre egli stava facendo la siesta. Questo è il re, ama fare il riposino dopo pranzo, Is-Bàal.) “Or ecco, la portinaia della casa, mentre mondava il grano, si era assopita e dormiva: perciò Recàb e Baanà suo fratello, poterono introdursi inosservati. Entrarono dunque in casa, mentre egli giaceva sul suo letto e riposava; lo colpirono, l'uccisero e gli tagliarono la testa; poi, portando via la testa di lui, presero la via dell'Araba, camminando tutta la notte. Portarono la testa di Is-Bàal a Davide in Ebron e dissero al re: «Ecco la testa di Is-Bàal figlio di Saul, tuo nemico, che cercava la tua vita. Oggi il Signore ha concesso al re mio signore la vendetta contro Saul e la sua discendenza». Ma Davide rispose a Recàb e a Baanà suo fratello (vedete, proprio terroristi in carriera, i due pensano così di aver guadagnato stima presso Davide e di essersi preparato un posto di rilievo in quello che per loro ormai è il nuovo impianto del governo che certamente farà capo al re Davide e invece, notate, Davide rispose ai due: «Per la vita del Signore che mi ha liberato da ogni angoscia: se ho preso e ucciso in Ziklàg colui che mi annunziava: Ecco è morto Saul, credendo di portarmi una lieta notizia,” (Quel tale che portò la notizia della morte di Saul pensava di portarmi un evangelo,( in greco.) “per cui dovessi io dargli un compenso, (e invece vedete e che cosa gli è capitato e Davide lo fece giustiziare) e ora che uomini iniqui hanno ucciso un giusto in casa mentre dormiva, non dovrò a maggior ragione chiedere conto del suo sangue alle vostre mani ed eliminarvi dalla terra?». Davide diede ordine ai suoi giovani; questi li uccisero, tagliarono loro le mani e i piedi e li appesero presso la piscina di Ebron. Presero poi il capo di Is-Bàal e lo seppellirono nel sepolcro di Abner in Ebron.”
Dunque, si vede che il comportamento di Davide è piuttosto risoluto e noi diremo feroce, ma questo non disturba affatto la logica della narrazione che vuole invece dimostrare l’estraneità totale di Davide rispetto alla maturazione di una vicenda storica che fa di lui un re. Com' è adesso. Capitolo 5.
Davide re di Giuda e Israele. Capitale Gerusalemme, sacramento di fratellanza.
Cap. 5 “Vennero allora Tutte le tribù di Israele” (Adesso, ci siamo, i rappresentanti di tutte le tribù, delle grandi tribù del Nord) “vennero da Davide in Ebron e gli dissero :«Ecco noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne” (vedete, siamo parenti, ricordate il racconto “osso dalle mie ossa e carne dalla mia carne” che è la compagna , espressione che serve a dire che siamo veramente parenti è una specie di comparaggio politico, che risale al tempo passato, quando Davide ha operato in maniera brillante al tempo di Saul. Poi sono passati anni e adesso, tra di noi rimane il valore di un vincolo equivalente a quello di una parentela di sangue, ma in certo modo ancora più solido, più importante, più fecondo di quello che è il dato anagrafico della consanguineità: osso delle ossa e carne dalla carne, noi ci consideriamo così. Dunque, è sulla base di questo affare di parentela ricostruita, che adesso Davide viene unto re d' Israele). “Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: Tu pascerai Israele mio popolo, tu sarai capo in Israele». Vennero dunque tutti gli anziani d'Israele dal re in Ebron e il re Davide fece alleanza con loro in Ebron.”
Qui c'è di mezzo un’alleanza ma alleanza che è tutta da intendere nel senso di quella ricomposizione di rapporti fraterni di cui queste pagine ci stanno parlando in maniera indiretta ma comunque in maniera molto allusiva, insistentemente. E adesso ci siamo. Davide diventa re nel momento in cui è rivelatore di come sussiste un vincolo di fraternità che è più forte di tutte le separazioni, le fratture, le incomprensioni, i solchi di incomunicabilità tracciati dalla violenza scatenata di cui gli uomini son capaci.
“Tu sarai il capo di Israele, vennero ed unsero Davide re sopra Israele. Davide aveva trent'anni quando fu fatto re e regnò quarant'anni. Regnò in Ebron su Giuda sette anni e sei mesi e in Gerusalemme regnò trentatré anni su tutto Israele e su Giuda.” Gerusalemme. Ecco, di seguito qui viene inserita una notizia che riguarda proprio la decisione di Davide di fare capitale del suo regno Gerusalemme. Da questo momento in poi Gerusalemme è inseparabile da Davide, Davide da Gerusalemme. Gerusalemme è la città di Davide. E la città di Davide, che diventa un vero e proprio sacramento di fraternità, anche per come è collocata in posizione centrale, proprio sul confine tra le tribù meridionali (Giuda) e le tribù settentrionali (Beniamino e le altre, procedendo verso nord). Geograficamente, ma ancor più di questo riferimento geografico, Gerusalemme è e rimane il punto di convergenza che è riconoscibile come capitale del regno perché garanzia di relazioni fraterne. Poi, nel corso di una lunga storia, non sempre le cose andranno in questo modo, ma dall' inizio, da quando Gerusalemme diventa la capitale del regno di Davide, Gerusalemme è caratterizzata da questa sua inconfondibile missione, mirata a esercitare la funzione istituzionale di un equilibrio recuperato nella relazione fra tribù diverse, disparate, eterogenee e spesso anche litigiose tra di loro. Fraternità. Gerusalemme. Leggiamo: “Il re e i suoi uomini mossero verso Gerusalemme (e Gerusalemme è una città gebusea, abitata da una popolazione cananea, Gerusalemme era considerata pagana e questa impronta pagana resterà sempre, è radicalmente pagana Gerusalemme, (per non dire Roma), ha una radice pagana. Ma è proprio per questo che Gerusalemme, conquistata da Davide, diventa il segno rivelativo di relazioni fraterne che sono costantemente ricomposte, riconciliate, restituite al loro valore e, Gerusalemme non è città che appartiene a Giuda, a Beniamino, a Efraim, come appartiene alle altre tribù. Gerusalemme è la città, è la città come il luogo della ricomposizione di relazioni fraterne ma in seguito in continuità e in virtù di un itinerario di conversione perché la riconciliazione fraterna è il frutto di un percorso che implica la liberazione dei cuori, l'apertura degli spazi dell’accoglienza, la comprensione della diversità altrui e l’apprezzamento di quel dono singolare che è costituito dalla diversità altrui, e così via. E dunque, è sul fondamento che chiama tutti a riconoscersi come segnati dai limiti del proprio radicale paganesimo che è possibile intraprendere quell' itinerario di conversione che conduce i diversi a ritrovarsi e riconoscersi in fraternità. Gerusalemme. E Davide conquista Gerusalemme. Notate qui i pochi versetti che però segnano in maniera indelebile la storia della salvezza e i Gebusei sono convinti che la loro città sia inespugnabile. “Costoro dissero a Davide: «Non entrerai qui: basteranno i ciechi e gli zoppi a respingerti», per dire: «Davide non potrà entrare qui». Ma Davide prese la rocca di Sion, cioè la città di Davide. Davide proclamò in quel giorno: «Chiunque colpirà i Gebusei e li raggiungerà attraverso il canale... (qui l’espressione resta in sospeso, ci sono dei puntini) Quanto ai ciechi e agli zoppi, sono in odio a Davide». Per questo dicono: «Il cieco e lo zoppo non entreranno nella casa».
Ciechi e zoppi sono sufficienti per respingere l’assedio. Davide non userà mai Gerusalemme; invece c’è di mezzo un canale. Dicono alcuni e con dei motivi; poi ci sono altre interpretazioni, che probabilmente qui c'è l’allusione a una strategia genialissima messa in atto da guerrieri molto intraprendenti dello schieramento di Davide che penetrarono nella città attraverso il canale. Un pozzo che dall' interno della città garantiva il rifornimento dell'acqua, e, trovata l’imboccatura della sorgente, ecco che sono riusciti a risalire, a spuntare nel cuore della città scavando questo pozzo dall’interno. Il pozzo ancor oggi è visitabile. Così dicono. Dunque, probabilmente è andata così. E comunque Davide ha conquistato Gerusalemme. Gerusalemme è la capitale del regno, il sacramento della fraternità. Una fraternità che sembra bisognosa di riconciliazione e bisognosa di conversione, di riconoscimento, di come il paganesimo che ci separa, che ci frattura e che ci oppone nell' asprezza e nell' incomprensione vicendevoli, è adesso il dato di partenza per riconoscere nella onestà finalmente spalancata dei cuori che si arrendono alla gratuità della relazione. Alla gratuità, di una relazione che fa di coloro che sono radicalmente pagani, degli uomini di pace. E Davide qui è re, regna; quando si dice Davide re, re è il titolo che gli spetta. Nel linguaggio comune, nella tradizione ebraica, quando si dice il re, si intende Davide. Ma il re non è colui che comanda, il re è l’evangelizzatore della fraternità. E qui veniamo a sapere che adesso Davide si insedia a Gerusalemme. Versetto 9: “Davide abitò nella rocca e la chiamò Città di Davide. Egli vi fece intorno costruzioni, dal Millo (un terrapieno) verso l'interno.” (Gli archeologi dicono di averlo trovato il terrapieno. Insomma, ci hanno messo un po' di fantasia e anche forse un po’ se lo sono ricostruito loro. Però, insomma, questo terrapieno esiste e lì sopra Davide ha costruito poi la sua dimora. E così verso l’interno della città c'è lo spazio per sistemare la sua casa che non è soltanto un’abitazione, ma è sistemare la famiglia e “Davide andava sempre crescendo in potenza e il Signore Dio degli eserciti era con lui.” tant' è vero che poi il fatto che Davide sta emergendo nell' esercizio della sovranità diventa una notizia che interessa le popolazioni circostanti, notizia che acquista un rilievo internazionale.” Chiram re di Tiro inviò a Davide messaggeri con legno di cedro, carpentieri e muratori, i quali costruirono una casa a Davide.” (In questo caso costruirono una abitazione.) “Davide seppe allora che il Signore lo confermava re di Israele e innalzava il suo regno per amore di Israele, suo popolo.” Nascono altri figli e nel capitolo 5, adesso Davide è alle prese con i filistei e qui abbiamo due campagne militari in pochi versetti che, in maniera che sembra definitiva, dimostrano il predominio di Israele sui filistei. E anche qui vedete che probabilmente dal punto di vista storico questo conflitto con i filistei è antecedente alla conquista di Gerusalemme, ma nel racconto che leggiamo prima viene Gerusalemme conquistata, il sacramento della fraternità. Ed ecco, è il popolo ricomposto nella sua unità di famiglia che è in grado di affrontare tutte le ostilità ed è in grado di collocarsi sulla scena del mondo con la sua identità inconfondibile che è segnata da una vocazione che è sempre rivelazione gratuita della Parola creatrice di Dio e della sua volontà. Diamo ora uno sguardo rapidissimo al capitolo 6.
L’Arca viene trasferita a Gerusalemme, non senza difficoltà
Cap.6 Adesso, dal capitolo 6, una seconda sezione che ci porterà fino al capitolo 12, ma noi ci fermiamo solo su questi primi versetti perché possiamo già dare un titolo a questa seconda sezione; poi ne riparleremo al prossimo incontro che il 5 febbraio 2019.
La maturità di Davide re; Davide è asceso al trono e si presenta a noi testimoniando la maturità del suo ruolo di governo con una serie di complicazioni e di contraddizioni di cui dobbiamo renderci conto e che man mano impareremo a decifrare. Perché la maturità non coincide con l'assenza di problemi. No, ce ne renderemo conto anche in maniera piuttosto drammatica.
Ma la maturità di Davide non è l’ascesa al trono e siamo “osso dalle tue ossa e carne dalla tua carne”. Sono le alleanze, tutte le tribù. Gerusalemme. E i filistei sono sistemati: Chiram, re di Tito, è alleato di Davide. Capitolo 6 “Davide radunò di nuovo tutti gli uomini migliori d'Israele, in numero di trentamila. Poi si alzò e partì con tutta la sua gente da Baalà di Giuda, per trasportare di là l'arca di Dio, sulla quale è invocato il nome, il nome del Signore degli eserciti, che siede in essa sui cherubini.” Ricordate che l' arca dal capitolo 6 del Primo Libro di Samuele è depositata in una località che si chiama Kiriat-Ieraìm ma l’arca è il grande segno della presenza, l’arca è il sacramento dell' alleanza, la presenza del Signore che ha fatto alleanze con il suo popolo, attorno all' arca il culto che rigenera costantemente il valore positivo e per conto dell' alleanza tra il signore e Israele, e la vita del Signore, la gratuità del suo amore, e l’ arca santa è stata depositata là. E adesso Davide va a prelevarla per trasportarla a Gerusalemme. E qui è evidentissimo come Davide ritiene necessario collocare lì dove è ormai insediato il suo trono, a Gerusalemme il sacramento della presenza del Dio vivente, del Dio santo, quel sacramento che è stato emarginato nella periferia della storia deve essere reintrodotta in quello che per Davide è diventato il suo affaccio regale sulla storia del suo popolo e sulla storia dell’umanità. E non è così semplice il trasporto. Restituire al Sacramento della Presenza del Dio vivente la centralità che gli spetta. Davide è consapevole che c'è una possibilità di esercitare la regalità dopo che pure è stato applaudito, ma anche proclamato, ormai i nemici sconfitti, ormai la città è conquistata, ormai il palazzo costruito. Ci vuole la presenza. Ma non è così facile il trasporto. Infatti, c’è un incidente. “Posero l'arca di Dio sopra un carro nuovo e la tolsero dalla casa di Abinadàb che era sul colle; Uzzà e Achìo, figli di Abinadàb, conducevano il carro nuovo: Uzzà stava presso l'arca di Dio e Achìo precedeva l'arca. Davide e tutta la casa d'Israele facevano festa davanti al Signore con tutte le forze, con canti e con cetre, arpe, timpani, sistri e cembali.” (Grande festa? Una processione solennissima? Eppure, c'è qualcosa che non funziona perché il trasporto dell’Arca è riservato ad addetti che possono essere loro e soltanto loro, e sono i leviti. E infatti ad un certo momento succede che “quando furono giunti all'aia di Nacon, Uzzà stese la mano verso l'arca di Dio e vi si appoggiò perché i buoi la facevano piegare. (c’è lo slittamento e certamente il sentiero che stavano percorrendo non era molto agevole) L'ira del Signore si accese contro Uzzà; Dio lo percosse per la sua colpa ed egli morì sul posto, presso l'arca di Dio.” (Probabilmente è stato un incidente, il carro si è piegato e questo ci è rimasto sotto. E a questo punto Davide si ferma e, d' altra parte, l'arca santa è lo sgabello su cui poggiano i piedi dell’Onnipotente, il santo, lui, il sovrano e l’arca santa, per come sono andate le cose, sembra che rifiuti il trasferimento a Gerusalemme. E allora “Davide si rattristò per il fatto che il Signore si era scagliato con impeto contro Uzzà; quel luogo fu chiamato Perez-Uzzà fino ad oggi. Davide in quel giorno ebbe paura del Signore e disse: «Come potrà venire da me l'arca del Signore?». Davide non volle trasferire l'arca del Signore presso di sé nella città di Davide, ma la fece portare in casa di Obed-Edom (sembra di origine filistea, di Gat, abita lì, nei dintorni) di Gat. E L'arca del Signore rimase tre mesi in casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa.” Dunque, c'è stato un incidente mortale, la sosta forzata nella casa di questo personaggio che non appartiene a nessun popolo di Dio. Adesso Davide, ci sta ripensando, e anche consigliato da quelli che lo aiutano. Si è reso conto di come l’arca santa vada trattata con il rispetto che merita, non può essere semplicemente prelevata e portata quasi che il sacramento della regalità del Signore possa essere trattato come una specie di attrezzo o strumento manipolato dai desideri, peraltro comprensibili e anche geniali di Davide; sintetizzare così la sua capitale e nel contesto di fatto la sua attività di sovrano, sintetizzare così un valore sacro, ma l’arca santa non è strumentalizzabile. La presenza santa del Signore è la presenza del protagonista, e non è l’arca santa relativa a Davide ma Davide relativa all’arca santa. Tant'è vero che adesso la processione riparte; Davide danza dinanzi all’arca santa: è un atto di ossequio, è un atto di obbedienza, è l’atto del sovrano che danza, cade e si rialza; questo è il suo modo di interpretare lo svolgimento della storia umana che è la storia di una caduta che viene trasformata in una rivelazione di armonia alla presenza del santo. É l’iniziativa gratuita del Dio vivente, è l’inesauribile fecondità dell’amore del Signore, è la storia umana che precipita e, inabissandosi senza rimedio, in realtà la trasforma in un salto, in un’acrobazia, in un’armonia meravigliosa. E Davide è al servizio dell’arca santa. Davide danza adesso. “Ma poi fu detto al re Davide: «Il Signore ha benedetto la casa di Obed-Edom e quanto gli appartiene, a causa dell'arca di Dio». Allora Davide andò e trasportò l'arca di Dio dalla casa di Obed-Edom nella città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l'arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un bue e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Ora Davide era cinto di un efòd di lino.” (Davide assume qui prerogative sacerdotali: l’immolazione, la celebrazione di un sacrificio e l’abbigliamento che indossa. Così Davide e tutta la casa d'Israele trasportavano l'arca del Signore con tripudi e a suon di tromba.” Ecco, poi le parole di Mikal, la moglie recuperata dopo due anni, figlia di un Saul, che lo rimprovera: ti comporti in modo disgustoso agli occhi dei servi delle serve.
Versetto 21 del capitolo 6: “Davide rispose a Mikal: «L'ho fatto dinanzi al Signore, (non davanti agli occhi dei servi delle serve, dinanzi al Signore, relativamente a Lui, in obbedienza a Lui, nella testimonianza della mia libertà consegnata, al servizio della sua presenza e del suo protagonismo. L’ho fatto dinanzi al Signore) che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore, su Israele; ho fatto festa davanti al Signore. Anzi mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu parli, proprio presso di loro, io sarò onorato!». Mikal, figlia di Saul, non ebbe figli fino al giorno della sua morte.”
Un’estremista, Mikal, che qui viene segnalata come a dimostrazione del fatto che la sua protesta è una protesta che contraddice proprio la fecondità della vita, quella fecondità della vita che nella storia della salvezza passa adesso attraverso la regalità di Davide che rende testimonianza alla sovranità del Signore che sta conducendo la storia umana lungo gli itinerari delle contraddizioni più feroci e i travagli più dolorosi, ma sta conducendo una storia umana lungo percorsi di conversione dove tutto il dramma è funzionale alla conversione del cuore umano, perché sia ricomposta la famiglia di coloro che nella diversità e, passando anche attraverso le ostilità più feroci, sono chiamati a riconoscersi fratelli. Vedete, la regalità di Davide è al servizio di questa rivelazione.