Purtroppo gli amici di Cosenza, Piero Fantozzi e Giorgio Marcello, non sono potuti venire questa sera. La loro esperienza può essere per noi di aiuto perché fortemente radicata nella parola di Dio, grazie anche al ministero di Pino Stancari, e la loro azione è rivolta ai più poveri con cui condividono in modo molto serio. E facendo questo sono coscienti della valenza politica che non si realizza nella ricerca e nella gestione del potere. Avevo invitato anche Franco Passuello parimenti impedito di venire. Insieme a Giovanni Bianchi e Aldo De Matteo, quindi fra ex presidenti o vice delle Acli facciamo una ricerca simile a quella che facciamo qui. E’ un gruppo ristretto e molto omogeneo, diverso quindi da quello nostro ma chiaramente complementare ed è ovvio che va realizzata la migliore comunicazione: le braci vive vanno raccolte, quanto è possibile, perché si alzi la fiamma per il soffio dello Spirito.
In questo gruppetto ci siamo proposti di cercare una formulazione di impegno per il cristiano, una specie di “carta” che sia più completa possibile e più semplice possibile, popolare nella sostanza e anche nel modo di comunicare. Tutto questo sempre alla luce del Vangelo. Spesso si parte dalla politica come carità, noi cerchiamo la politica della “carità”. La carità di Corinti 13, di Romani 13. Facendo questo abbiamo pensato che ci voleva una specie di schema, una serie di punti per raccogliere le esperienze, le intuizioni, le riflessioni che via via si vanno scoprendo. Abbiamo preparato una specie di alberello. Ho scritto tre paginette dense ma credo chiare. Ad esso occorre dare radici, per noi l’Apocalisse, poi sono indicati alcuni rami e tanti altri vanno aggiunti, cercando di mantenere però un’unità organica. Poi ci sono le foglie e i frutti. Alcuni sarebbero quasi maturi, per esempio, sul tema del volontariato, sul rapporto con l’Islam, ecc.
Questa sera, data l’eccezionalità dei giorni che stiamo vivendo, gravidi di minacce ma anche di speranze, propongo di comunicare tra di noi quello che pensiamo sia il punto di vista di Dio su quello che succede, sulle sofferenze, sulle violenze e le ingiustizie, sulle manifestazioni per la pace, ecc.
Per avviare questa conversazione provo a dire quello che personalmente vivo in questi giorni cercando di riflettere e di pregare.
Penso che quel che Dio vede è soprattutto un bisogno sempre più forte di conversione, conversione a Lui, sperando in Lui, pensando a Lui mentre ci apriamo a tutte le notizie che arrivano dal mondo e pensando al mondo tutte le volte che cerchiamo di rivolgerci a Lui.
Conversione a Dio liberandoci da ogni malizia:
“Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, la gelosia o la maldicenza, come bambini appena nati bramate al primo latte spirituale (la Parola), per crescere con esso verso la salvezza, se davvero avete già gustato come è buono il Signore” (1 Pt 2, 1-3). E Pietro prosegue indicando come stringendoci al Signore, morto e risorto, diventiamo costruttori di pace.
Conversione da cercare insieme: ad altri credenti, per un rinnovamento profondo di tutta la Chiesa, a chi crede in altre esperienze religiose, a chi non crede ma cerca la pace.
Conversione che impegna a ricordare i fatti del passato e fare attenzione al presente, cercando di avere a cuore, di partecipare a tutto quello che viene dal popolo, dai piccoli e dai poveri, a tutti gli sforzi di chi opera per la pace, anche trovandosi in posizione di particolari responsabilità.
Conversione che richiede di spogliarsi del superfluo, riguardo ai beni materiali e a quelli culturali. Il pensiero della situazione di privilegio in cui viviamo non deve lasciarci in pace se vogliamo essere operatori di pace.