13 dicembre 2002
Carissimi Giovanni, Franco, Aldo, Piero e Giorgio,
penso che l’incontro del 4 dicembre sia andato bene. La colica che mi ha colpito è stata dolorosa ma confortata dal vostro affetto. Voi avete potuto confrontare le vostre esperienze e vi siete dati un appuntamento a breve.
Ho chiesto ad uno di voi se avete affrontato i problemi anche dal punto di vista ecclesiale e mi ha detto di no. Penso sia stato bene così: se ci fossi stato io probabilmente avrei portato il discorso sulla Chiesa e l’incontro non sarebbe stato per questo migliore.
Ecco una questione, a mio avviso, di grande importanza.
Il Vangelo che è il Mistero Pasquale fonda tutto, anche la politica, ma non supplisce nulla, non sta al posto di nulla. Quindi la riflessione su politica e potere deve svilupparsi fino in fondo senza riferimento al Mistero Pasquale; e questo proprio per arrivare a comprendere tutto alla luce del Mistero Pasquale. Può sembrare una contraddizione e per quel che mi riguarda una negazione di quello che penso e vado dicendo da tanti anni, in particolare leggendo l’Apocalisse. Provo a spiegarmi.
Poniamo per esempio al centro della nostra ricerca il tema politica-potere, con il tremendo contrasto fra la sequela del Cristo povero e la necessità del potere per combattere le immense ingiustizie e le violenze per cui tanti al mondo sono nella miseria.
Occorre affrontare il problema in tutta la sua concretezza e crudezza in base alle nostre esperienze, accogliendo quelle di tutti gli altri, ascoltando soprattutto il grido dei poveri… senza tirare in ballo i principi evangelici, quelli che sono il frutto di una riduzione del Vangelo ad etica sociale. Questi principi o valori, come la persona, la famiglia, il lavoro, la solidarietà, ecc., sono importantissimi e non contrastano certo con il Vangelo, ma non ne sono l’essenza profonda che è il Mistero Pasquale. C’è un rischio molto grave ed è che proponendoli come principi evangelici se ne faccia una scorciatoia a quel cammino di ricerca a cui siamo chiamati in comunione con tutti quelli che hanno voce in capitolo, per le loro competenze ed esperienze e soprattutto per le loro sofferenze. Ciò accade, per esempio, riguardo alla famiglia quando si affermano principi ignorando il contesto culturale.
Quello che suggerisco nella paginetta “Il sogno di una vita” dicendo “la strada”, “sciogliersi”, “comunicare”, “la coscienza politica”, può essere riassunto in una scelta piena di “gratuità e di conseguente “povertà”.
Indica un cammino contro corrente tra chi opera e discorre di politica, e la corrente investe e talvolta travolge anche noi. Ma è necessario intraprendere questo arduo cammino e cercare di arrivare in fondo. La forza si trova camminando e scoprendo via via la valenza politica.
In primo luogo ci si rende conto della gravità delle forze dominanti e di come noi stessi ci siamo coinvolti in mille modi.
Camminando contro corrente si può arrivare ad una comprensione molto più seria di cosa sia la politica come esercizio del potere, la struttura per così dire del potere, nel senso del decidere anche per gli altri.
Il decidere presuppone una qualche comprensione delle situazioni in cui si vuole intervenire, occorrono poi delle scelte e la volontà di metterle in pratica; infine si decide. Il primo passo, sotto certi aspetti il più importante è “capire”. Ma è anche quello che spesso manca a chi decide; altri lo hanno fatto prima di loro e forse per loro, con i più diversi intenti, dal farsi i propri interessi a compiacere i capi a cercare il bene di tutti.
Per capire il problema politica-potere nella sua concretezza occorre quindi una seria riflessione, necessariamente comunitaria, aperta all’apporto di tutti, fondata sulla propria esperienza, tanto più preziosa quanto più sofferta e vissuta con entusiasmo.
In una parola direi che bisogna amare sinceramente il mondo, tutto il mondo e soffrire di tutte le sue storture.
Occorre sperare in tutto e in tutti ed accettare innumerevoli delusioni fino a sentire l’orrore della disperazione. Gesù sulla croce dice “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato”.
Allora ci si apre al Vangelo che non è un manuale di etica personale o sociale ma è la rivelazione di Dio Amore, del Sole di giustizia che trasfigura ed accende l’universo in attesa.
Questo è il cammino della laicità come lo propone Castelli nel primo capitolo dei “Dialoghi”: la laicità come carità per il mondo. Questa è la speranza di superare il clericalismo di cui la Chiesa è imbevuta. Questa è la corrente dello Spirito che riempie l’universo rivelandosi ai piccoli e ai poveri.
Così arriviamo a capire il cap. V dell’Apocalisse, il pianto di Giovanni perché non c’è nessuno che può aprire il libro chiuso con sette sigilli e l’annuncio che Gesù Cristo, agnello immolato, ritto sul trono di Dio, dà senso e salva la storia.
Allora la comunione al Mistero Pasquale viene vissuta nella massima apertura alla ricerca di tutti gli uomini in tutti i campi, compreso quello del rapporto tra potere e politica.
Da queste considerazioni, stimolate dall’inconveniente del 4.12.02, penso si possano trarre innumerevoli conseguenze per la ricerca di vie nuove per la politica, a partire dalla conversione al Vangelo, per comprendere meglio la Chiesa e la nostra appartenenza ad essa ed anche per il cammino che noi sei abbiamo intrapreso, per il compito diverso che spetta a voi ed a me, pur nell’unità strettissima di una vera amicizia spirituale.
Pio