Incontri di discernimento e solidarietà
 
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La guerra “non-convenzionale”: significato e vittime


a cura di Paolo Tufari

L’espressione «non-convenzionale» ha un doppio significato, uno di fatto, l’altro di diritto: ciò che non rientra nell’uso abituale e ciò che va oltre i limiti convenuti dalle parti interessate. Riferito ai conflitti armati, queste due significati trovano applicazione e riscontri continui tanto nella storia della tecnica e della scienza quanto nella storia del diritto e della giurisdizione sovranazionale. Le due «storie» possono essere trattate separatamente ma possono assai più utilmente studiate in quel loro intreccio continuo che ha visto da un lato l’ingegno umano impegnato a trovare mezzi sempre più efficaci per portare morte e distruzione nel campo nemico e, dall’altro, lo stesso ingegno umano impegnato a stabilire regole, vincoli e sanzioni per impedire o quantomeno limitare le atrocità e i danni di queste invenzioni belliche.

Questo intreccio fra innovazione tecnologica e limitazione giuridica ha radici storiche piuttosto remote, ma è negli ultimi decenni che si è verificata una accelerazione sempre più rapida e drammatica per il ricorso alle armi chimiche e ai bombardamenti sulle città durante la prima guerra mondiale, il lancio della bomba atomica sul Giappone nel l945 e la distruzione delle Twin Towers di New York l’11 settembre del 2001. Questi sviluppi hanno portato anche ad estendere il senso del termine «non convenzionale» dal tipo di armi usate in un conflitto (le "a-b-c", atomiche, biologiche, chimiche) al tipo di guerra che ora può incombere sull’umanità: non è “convenzionale” la c.d. guerra “totale” senza confini né di Stati né di tempi né di obiettivi civili o militari; non è «convenzionale», la guerra “preventiva” scatenata prima che un ipotetico nemico abbia fatto ricorso alla forza e dichiarata l’intenzione di aggredire. I fatti tendono a prevalere sul diritto e le ragioni della forza sulla forza della ragione.

Alle vittime, incalcolabili, delle guerre recenti e ancora in corso si vanno così ad aggiungere quelle che, pur non avendo direttamente e fisicamente subìto danni nella loro integrità fisica, vivono nell’insicurezza per i rischi che si corrono in questo clima di minaccia continua e pericolosità diffusa. Con un termine che riassume ed esprime l’attualità di questa situazione si è parlato di Iperterrorismo. Ma i processi psicologici che stanno all’origine di questa nuova strategia hanno radici più antiche e spiegazioni più universali. Quanto nel 1915 Freud scriveva le sue Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte sollevava appunto questo lato del dramma: l’ansia che si diffonde in tempo di guerra e quella forma di paura - più o meno espressa o repressa - che non ha niente a che vedere con la vigliaccheria ma che rivela invece l’amore per la vita e il rifiuto di sacrificarla inutilmente ad una causa astratta e all’ambizione dei potenti.


François Heisbourg, Fondation pour la Recherche Stratégique

Iperterrorismo. La nuova guerra,(cap. 6), “Una nuova regola del gioco?”

Meltemi Editore, Roma, 2002, pp. 110-147.



Sigmund Freud

Considerazioni attuali sulla guerra e la morte

( titolo originale “Zeitgemässe über Krieg und Tod” pubblicato la prima volta in «Imago», 4, 1915. Ediz. italiana Newton Compton Testi, n.17, 1976, pp.16-43)