di Pino Stancari
La figura di Stefano indica in modo inconfondibile il
raggiungimento della maturità nella esperienza della prima
comunità dei discepoli chiamata alla profezia
dell'evangelizzazione. Stefano è evangelizzatore non
soltanto perché chiama altri alla relazione con Gesù,
ma perché fa di se stesso testimonianza diretta, immediata,
sacramentale di Gesù e della sua Pasqua redentiva. La prima
chiesa dimostra di essere pronta per affrontare quella missione che
per adesso è semplicemente prospettata; essa andrà
man mano esplicitandosi in ogni luogo e nel corso dei tempi fino
agli estremi confini della terra e fino al giorno glorioso della
parusia. Fatto sta che anche per quanto riguarda il contesto nel
quale la prima evangelizzazione si svolge noi assistiamo a un
traboccamento: l'evangelo ridonda oltre il ristretto confine di
Gerusalemme. E’ presente già Saulo, un personaggio di
cui Luca si occuperà in lungo e in largo negli Atti degli
apostoli. In questi versetti leggiamo che altri tra i primi
discepoli del Signore vengono espulsi da Gerusalemme in seguito
alla violenta persecuzione che coinvolge la prima chiesa e coloro
«che erano stati dispersi andavano per il paese e
diffondevano la parola di Dio» (8,4). E' un momento di
straordinaria fecondità, in cui la chiesa dei primi
discepoli dimostra di essere oramai matura per
l’evangelizzazione in tutte le direzioni. Tutto dipende da
questa testimonianza più forte della morte: nel nome di
Gesù che ha fatto vivere gli uomini da cui è stato
rifiutato, ecco l'evangelizzazione nella quale sono coinvolti i
discepoli del Signore. Essa supererà ogni ostacolo che i
discepoli incontreranno, crescerà traboccando
inesauribilmente la potenza evangelica di un amore
vittorioso.
Questo è annunciato dal nostro evangelista attraverso
l'episodio cruento della lapidazione: Stefano è il
protomartire per eccellenza. E’ un percorso che si
svilupperà nel tempo e nello spazio passando attraverso le
situazioni più diverse. Non sempre saranno situazioni di
ferocia, di martirio sanguinoso, sempre però la crescita
dell'evangelo sarà affidata alla potenza vittoriosa di un
amore che è oramai in grado di accogliere e di assorbire in
sé ogni rifiuto, fino alla morte. Ogni situazione di
conflitto e di ostilità diventeranno momenti propizi di
crescita, di allargamento, di radicamento più profondo e
più universale.
Filippo a Samaria e sulla strada di Gaza
Leggiamo ora un testo che ha il valore di un intermezzo.
Con il cap. 9 rientra in scena Saulo, il grande personaggio che poi
diventerà protagonista di primo piano nella vicenda narrata
da Luca successivamente.
Nel cap. 8 la scena narrativa è occupata dalla presenza di
un personaggio minore, Filippo, un altro dei sette, dopo Stefano.
Anche in questo caso si tratta di un nome greco, anche Filippo
appartiene alla categoria di quei Giudei ellenisti che sono stati
evangelizzati alla pari di altri, Giudei palestinesi, gli ebrei e
che sono stati poi coinvolti in quella singolare vicenda di
contrasti, incomprensioni, di tradimenti, di rivendicazioni di cui
grande interprete è stato Stefano fino al suo
martirio.
Un piccolo personaggio, Filippo, ma vale la pena che ci occupiamo
di lui perché anche un piccolo personaggio esprime
l’evidenza inconfutabile che siamo giunti al tempo della
maturità evangelica. Luca racconta lo svolgimento degli
eventi in modo da segnalare la crescita dell'evangelizzazione
oramai oltre i confini di Gerusalemme. E’ un itinerario
appena avviato che comporterà una crescita senza limiti,
fino agli estremi confini della terra, così come già
era stato per altro annunciato all'inizio degli Atti degli
apostoli: «ma avrete forza dallo Spirito Santo che
scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in
tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della
terra» (1,8).
Noi incontriamo nel nostro testo un ciclo narrativo che si sviluppa
in due quadri. Il primo quadro 8,5-25, il secondo
8,26-40.
I due quadri sono articolati in modo da illustrare la crescita
della evangelizzazione in corso, rappresentata in questo caso dai
movimenti dell'evangelizzatore Filippo, dando risalto già
dal punto di vista geografico, alla distanza da Gerusalemme. Anzi
notate l'oscillazione. Il primo quadro ci parla
dell'attività di Filippo in Samaria, dunque a nord di
Gerusalemme; il secondo quadro ci parla invece dell'attività
di Filippo sulla strada che conduce a Gaza, dunque a sud di
Gerusalemme. Il racconto si conclude con la notizia circa la
risalita di Filippo verso nord, lungo la costa, passando dalle
città che un tempo erano state filistee, fino a Cesarea,
dunque ancora più a nord. Un’oscillazione che comporta
una crescita della distanza da Gerusalemme, successivi rimbalzi
verso nord, verso sud, di nuovo verso nord. E' solo un modo di
contestualizzare geograficamente le vicende, ma già questa
scenografia plastica ha il suo significato
teologico.
Filippo si accosta a situazioni di ordine religioso e culturale che
sono sempre più periferiche rispetto alla grande
realtà del popolo d'Israele. Nel primo dei due quadri
Filippo ha a che fare con dei Samaritani. Siamo ancora certamente
nell'ambito del grande Israele, però sappiamo bene che i
samaritani sono una realtà di confine, con evidenti
complicazioni per quanto riguarda l'autentica tradizione. Nel
secondo quadro Filippo ha a che fare con un'etiope, un adoratore
del Signore convertito che viene dall'Etiopia. E' una situazione
sempre più periferica. In questo caso abbiamo a che fare
niente meno che con uno di quei pagani che appartengono
all'ambiente dei proseliti, coloro che sono stati convertiti al
giudaismo.
I due quadri sono disposti in continuità tra loro ma anche
in tensione, in modo tale da dare fisionomia a due tipologie di
attività pastorali: nel primo quadro Filippo ha a che fare
con una città, nel secondo quadro ha a che fare con una
persona. Sono situazioni diverse e comunque intersecate, in certo
modo inseparabili e complementari, ma diverse. D'altra parte non
c'è evangelizzazione che possa prescindere dall'impatto con
la città degli uomini, in questo caso la città dei
samaritani. Il racconto che leggiamo insiste esplicitamente al dato
oggettivo, culturale, politico che si ricapitola nel termine
città. Nel secondo quadro invece l'attenzione si raccoglie
sul vissuto di una singola persona. Come non c’è
evangelizzazione che possa prescindere dall'impatto con ogni
singola persona, così non c’è evangelizzazione
che possa prescindere dalla città degli uomini. Sono due
tipologie di attività pastorale eterogenee, ma convergenti,
intrinsecamente complementari.
Tutto questo contribuisce a sfaccettare ulteriormente quella
immagine di evangelizzazione giunta alla maturità di cui il
grande interprete è stato Stefano, il proto-martire. Una
capacità di amare nell'impatto con la città degli
uomini singolarmente. Ecco Filippo in
attività.
Tutta la narrazione dedicata a Filippo si inscrive all'interno di
un unico ampio svolgimento narrativo, è un ciclo, la cui
cornice è segnalata dal riferimento alla gioia. All'inizio
di tutto 8,8: «grande gioia in quella
città»; alla fine del cap. 8, quell'etiope che
prosegue nel suo viaggio verso la regione da cui proveniva
«se ne va pieno di gioia» (8,39).
Simon Mago
Primo quadro, vv. 5-25.
«Filippo, sceso in una città della
Samaria, cominciò a predicare loro il Cristo».
Tutto si inserisce nel contesto di quella dispersione generale che
coinvolge i cristiani provenienti dal giudaismo ellenista, e tra
questi Filippo. E’ una dispersione affrontata nella amarezza
conseguente alla espulsione, eppure Filippo procede lungo questo
itinerario mosso da un’esultanza festosa e
commovente.
Filippo scese in una città. E' in questione la città:
«cominciò a predicare loro il Cristo. E le folle
prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo». Le
folle, gli abitanti della città: realtà tumultuosa,
confusa, che manifesta una forte contraddizione rispetto alla
novità di cui Filippo è testimone. L'evangelo
impatta, urta contro la città come una realtà
compatta, massiccia, imponente, sostenuta da riferimenti di ordine
culturale e da un’identità di ordine politico, da cui
non si può prescindere. La presenza di Filippo in quella
città determina uno sconcerto generale che sbaraglia,
conquista, trascina: «le folle prestavano ascolto unanimi
alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che
egli compiva». Sono i segni, i miracoli. Quando si parla
di segno qui, come precedentemente negli Atti degli
apostoli, vale la pena di segnalare sempre un riferimento a
quel personaggio di cui parlava l'antico profeta anonimo,
identificato come deutero-Isaia, che solitamente viene denominato
“Servo del Signore”. Il Servo rifiutato, glorificato.
Ecco i segni di Filippo. E tutto questo sta in continuità
con la prima evangelizzazione. Colui che è stato rifiutato
offre il dono di una vita nuova. Colui che noi abbiamo rifiutato ci
fa vivere, colui che voi avete rifiutato è colui che vi
genera a vita nuova, è il Servo. Il Servo espulso, il Servo
disprezzato, il Servo tradito, il Servo crocifisso, ecco
glorificato, proprio lui è divenuto sorgente di vita
nuova.
Filippo non è soltanto un annunciatore, ma è lui
stesso portatore in prima persona, come era stato Stefano, di
questa presenza che nel rifiuto che subisce offre un dono di amore
gratuito. Questa novità è sbaragliante. La
città degli uomini rimane esterrefatta, costernata, sgomenta
dinanzi alla testimonianza di un amore gratuito che assume come
proprio linguaggio operativo il rifiuto che subisce, il disprezzo
che lo schiaccia. Nella città degli uomini una
novità: l'evangelo.
«Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo
alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati».
La città che nasconde profondi dolori, amarezze viscerali e
indicibili, la città che si ammanta di una visibilità
prestigiosa e affascinante, che cova nel suo intimo le miserie
più orrende, le forme di degrado più feroce e
mortificante, ebbene: «E vi fu grande gioia in quella
città». E' la città della gioia,
perché di là è passato Filippo. Nella
città dei dolori una gioia incontenibile: l'evangelizzazione
promossa da Filippo introduce in quella città la rivelazione
di quanto amore possa sprigionarsi proprio da quel cumulo di dolori
che la città degli uomini vuole nascondere e espellere come
inquinamento insopportabile.
La presenza di Filippo passa proprio attraverso quelle
realtà che la città degli uomini vuol espellere e
rivela quale fecondità d'amore esse siano in grado di
esprimere. Là dove la città ha accumulato dolore,
grande gioia esplode. Nel suo piccolo, Filippo è una piccola
madre Teresa, è una piccola Calcutta. Se ne vedranno ben
più grandi nel corso della storia dell'evangelizzazione. Non
c'è bisogno di pensare che le prime situazioni siano le
più grandi, essa impostano una direzione. E' in questione
una città.
Ora cosa succede? Interviene un personaggio, abitante di quella
città, abitante autorevole, emblematico, una figura di
riguardo: Simone il mago.
«V'era da tempo in città un tale di nome Simone,
dedito alla magia». La città è il luogo
della magia per antonomasia e la magia per eccellenza è la
magia del potere. La città è una centrale nella quale
si accumulano gli strumenti del potere, così come gli uomini
riescono ad elaborarli, a strutturarli, ad articolarli nella
pretesa di governare il mondo. Tutto questo avviene nella
città degli uomini da Caino in poi, dato che Caino è
il primo costruttore di una città nella storia della
civiltà umana. Tutto questo avviene in modo più
persuasivo, più efficace a partire dalla esclusione della
relazione fraterna.
Questa è una premessa che viene data per ovvia da Caino in
poi. La città funzionerà tanto meglio, quanto
più sarà evitata la preoccupazione di fare i conti
con la presenza vicina, sempre originale, sempre diversa, sempre
pericolosa e insopportabile di un fratello. In quella città
un personaggio di grande successo è Simone il mago. E' lui
che «mandava in visibilio la popolazione di Samaria,
spacciandosi per un grande personaggio. A lui aderivano tutti,
piccoli e grandi, esclamando: Questi è la potenza di Dio,
quella che è chiamata Grande». Simone garantisce
il buon funzionamento della città dal momento che inventa la
soluzione a tutti i problemi di ordine tecnico, amministrativo,
giuridico e politico che dovrebbero garantire il benessere sociale,
anzi, il benessere universale. Tutto questo suppone, è bene
non dimenticarlo mai, che programmaticamente sia stata cancellata
la necessità di riconoscere l'altro come fratello. La
città da Caino in poi è edificata su questo
rinnegamento della relazione fraterna. Grande potere quello di cui
Simone ha dato prova e per questo è così osannato,
venerato, ricercato, ammirato da tutti.
«Gli davano ascolto, perché per molto tempo li aveva
fatti strabiliare con le sue magie». Adesso anche Simone
è coinvolto in quella situazione nuova che è
determinata dalla presenza di Filippo e dalla evangelizzazione di
cui egli è strumento.
«Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la
buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo,
uomini e donne si facevano battezzare».
E' l'evangelo che passa attraverso la città magica, la
città di Caino e di Simone, attraverso tutte quelle
realtà che sono state cancellate, escluse, schiacciate,
mortificate. L’evangelo passa proprio di là, dando
spazio alla testimonianza di un amore nuovo.
«Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la
buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo,
uomini e donne si facevano battezzare». Battezzare. E'
quella relazione con Gesù morto e risorto di cui ci siamo
occupati. E' quella parentela con Gesù asceso al cielo che
oramai è costituita in forza di quell'unico respiro di vita
che instaura una comunione indissolubile tra lui, il risorto dai
morti, e la nostra realtà umana ancora così affannata
e segnata da tante e tante insufficienze. Si facevano battezzare
nel nome di Gesù. E’ in questione tutto il modo di
funzionare della città, è in questione tutta
l'impostazione di un regime civile e politico che da Caino in poi
ha dimostrato le sue grandezze mastodontiche, ma certo ha anche
dimostrato la costante, inevitabile esperienza di fallimenti
tragici, ripetuti uno dopo l'altro, di città in
città, d'impero in impero, dalla Babele primigenia alla
Babele contemporanea. Comunque sia la città continua ad
affascinare, ma adesso c'è una novità.
«Anche Simone credette, fu battezzato e non si staccava
più da Filippo». Gli si aggrappa addosso. Non si
staccava. Questo suo comportamento manifesta come qualcosa sia
veramente cambiato in lui, ma d'altra parte manifesta come Simone
conservi un suo certo modo di essere: pretende di gestire e di
imporre il proprio interesse come valore di riferimento
assoluto.
Non si staccava più da Filippo, «Era fuori di
sé nel vedere i segni e i grandi prodigi che
avvenivano». Lo spettacolo dell'amore gratuito,
annunciato dall'antico profeta e realizzatosi in pienezza in
Gesù, il Figlio crocifisso e glorificato, quello spettacolo
è motivo di stupore per il mago, il padrone della
città.
Filippo scompare di scena. Nei vv. 14-17 appaiono altri apostoli
inviati da Gerusalemme. «Frattanto gli apostoli, a
Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio
e vi inviarono Pietro e Giovanni». Filippo si eclissa,
chissà dove è andato a finire? Corre altrove. Filippo
è sempre in movimento, un po' agitato, salta e rimbalza con
particolari acrobazie attraverso i versetti di queste pagine. Fatto
sta che tutto quel che Filippo esprime con questo suo
comportamento, conferma come la sua opera di evangelizzazione sia
gratuita. Filippo non si insedia, non si appropria, non vanta
diritti di primogenitura, di primazia, subentrano altri che sono in
questo caso Pietro e Giovanni: «Essi discesero e pregarono
per loro perché ricevessero lo Spirito Santo»: La
conferma si esprime adesso mediante un gesto di comunione:
l'imposizione delle mani, l'invocazione dello Spirito Santo a
garanzia di quanto Filippo ha manifestato mediante la sua presenza,
con la sua testimonianza di evangelizzatore. Pietro e Giovanni
dunque sono adesso nella città dei samaritani: «non
era infatti ancora sceso sopra di nessuno di loro, ma erano stati
soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora
imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito
Santo.»
Un gesto di comunione che allarga l'orizzonte, che conferma a
questi samaritani che sono stati evangelizzati, che sono stati
inseriti all'interno di un circuito di vita che li apre fino alla
comunione con il Signore Gesù vivente nella gloria,
comunione che è realizzata in forza di una corrente di
Spirito Santo, è lo Spirito di Dio che fa
questo.
Ora ritorna in evidenza la figura di Simone, vv. 18-24:
«Simone, vedendo che lo Spirito veniva conferito con
l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del
denaro». E’ il mago. Per Simone la città
è il mercato, è sempre stato così. La
città è il luogo in cui tutto si compera e tutto si
vende. Caino costruì fin dall'inizio la città per
trovare quel particolare approccio con il mondo che consentisse
agli uomini di raccogliersi escludendo la relazione fraterna. La
città funziona come modalità di contatto con il mondo
che mantiene le debite distanze. La distanza per eccellenza
è quella che esclude la relazione
fraterna.
Nella città di Simone, nel grande mercato, tutto si compera
e tutto si vende, e Simone che pure si era aggrappato a Filippo, si
era fatto battezzare anche lui, aveva anche lui aderito in quel
momento di entusiasmo, è ancora condizionato dalla sua
mentalità, dai suoi metodi. «Date anche a me questo
potere perché a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo
Spirito Santo. Ma Pietro gli rispose: Il tuo denaro vada con te in
perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con
denaro il dono di Dio».
Il dono di Dio non è vendibile e comperabile. Simone si
è trovato esterrefatto dinanzi a quell'epifania di
gratuità che il passaggio dell'evangelo ha suscitato nella
città. E’ quella epifania di gratuità che lo ha
sbaragliato. Adesso lo stesso Simone vuole afferrare, stringere e
gestire a suo modo, secondo quelli che sono i suoi vecchi sistemi,
quelli che conosce e di cui è esperto manipolatore. La
risposta di Pietro prosegue ancora: «Non v'è parte
né sorte alcuna per te in questa cosa, perché il tuo
cuore non è retto davanti a Dio (Sal 78). Pentiti dunque di
questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato
questo pensiero. Ti vedo infatti chiuso in fiele amaro e in lacci
d'iniquità (Ger 4,18)». E' una citazione che
rinvia a vari testi anticotestamentari. Pietro è lucido e
energico nel denunciare i pensieri e i sentimenti che hanno
condotto Simone a esprimere la pretesa di ridurre anche la presenza
dell'evangelo attraverso i discepoli e la loro opera sacramentale,
a strumento di potere, a merce da comprare e da vendere sulla scena
della città. L'intervento di Simone è inequivocabile.
L'evangelo nella città degli uomini passa attraverso la
testimonianza di un amore gratuito che capovolge il giudizio a cui
gli uomini nella loro città fanno istituzionalmente ricorso,
il giudizio che espelle, che condanna, che schiaccia, che opprime,
che rifiuta. Proprio là dove il fratello nella sua miseria
è condannato, proprio là si insedia l'evangelo e di
là passa in modo da affermarsi come epifania di
gratuità. Simone non ha modo di
controbattere.
«Rispose Simone: Pregate voi per me il Signore, perché
non mi accada nulla di ciò che avete detto». La
prospettiva rovinosa che Pietro ha annunciato a Simone, una
prospettiva che già è stata sperimentata da epoca
remotissima, dall'antica Babele e che si ripropone costantemente
nella vita degli uomini, non impedisce che quegli uomini ritornino
a costruire sul modello dell'antica Babele. Questa prospettiva
rovinosa dà spazio sempre e comunque alla preghiera
personale, comunitaria,la preghiera vicendevole. Prega, ha detto
Pietro a Simone, e adesso è Simone che risponde: pregate voi
per me il Signore perché non mi accada nulla di ciò
che avete detto. Nel contesto di quella città che va in
rovina, la preghiera è già di casa. E ancora il v. 25
che chiude il racconto del primo quadro: «Essi poi, dopo
aver testimoniato e annunziato la parola di Dio, ritornavano a
Gerusalemme ed evangelizzavano molti villaggi della
Samaria». Pietro e Giovanni rientrano a Gerusalemme e nel
corso del loro viaggio prolungano l'evangelizzazione in molti
luoghi e prendono contatto con situazioni più diverse. Si ha
la sensazione di una penetrazione più capillare, più
puntuale, più personale: evangelizzavano molti villaggi
della Samaria. Dalla città ai villaggi, di villaggio in
villaggio in modo da raggiungere ogni singola persona. Ed è
proprio sulla evangelizzazione di una persona che adesso insiste il
secondo quadro.
Nella strada di Gaza
«Un angelo del Signore parlò intanto a
Filippo: Alzati, e và verso il mezzogiorno, sulla strada che
discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta. Egli si
alzò e si mise in cammino». Filippo in movimento,
Filippo in corsa, Filippo coinvolto in una vicenda paradossale: in
questo caso non gli viene data una meta da raggiungere, gli viene
data una strada da percorrere: va' sulla strada. Con una
precisazione: quella strada è deserta. Cosa debba andare
Filippo su una strada deserta qui non è esplicitato. Una
strada sotto il sole, che ci sta a fare? Ombra come un paracarro?
Che ci deve fare? Camminare su una strada? Non c'è meta,
stai sulla strada. Anche questo è un passaggio che ci aiuta
a cogliere qualche aspetto ulteriore di quella maturità
dell'evangelizzazione di cui il nostro Luca ci vuole parlare. Stare
sulla strada non si sa bene in attesa di cosa o di chi. Qualche
cosa succederà, qualcuno passerà, non si sa che cosa,
non si sa chi. Tu alzati e va' verso il mezzogiorno, sulla strada
che discende da Gerusalemme a Gaza, essa è deserta. Egli si
alzò e si mise in cammino. Questo è Filippo: sta
sulla strada, cammina sulla strada, va per la strada. Noi diremmo:
perde tempo, fatica inutile, è impazzito, è un atleta
fanatico che corre all'impazzata nelle direzioni più
impossibili e inopportune.
Adesso succede un'altra cosa. «Quand'ecco».
E’ proprio il grido di sorpresa! Tante volte nell'AT, e poi
anche nel NT, compare questa esclamazione: ecco. Finalmente
si vede qualcuno. In realtà è soltanto un punto nero
all'orizzonte, non si sa bene neanche chi sia. Ma che cos'è
che sta avvenendo? Chi sta arrivando? Quand'ecco! C'è un
altro su quella strada, c'è qualcuno che passa.
«Quand'ecco un Etiope, un eunuco, funzionario di
Candàce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi
tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, se ne ritornava, seduto
sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia».
C’è un altro che passa su quella strada. Quanto tempo
è rimasto Filippo su quella strada? Chi lo sa. Un giorno,
una settimana, un mese, un anno, una vita. Stai sulla strada,
qualcuno passerà. E poi passa e non succede niente, poi
magari ripassa e non succede niente, e Filippo assiste a questo
passaggio: chi è? Che cosa vuole? Dove sta andando? A cosa
sta pensando? Lui, quello là, l'unico. In questo caso
è un etiope, è un eunuco. Qui il termine è da
intendere non nel senso della menomazione fisica ma nel senso che
è un personaggio illustre, abilitato a sovrintendere agli
affari della corte. C’è stata un'epoca in cui si
trattava di personaggi che erano fisicamente compromessi proprio
per poter svolgere quel certo ruolo di prestigio. Il titolo di
eunuco è più o meno equivalente al titolo di
ministro. Ministro di per sé vuol dire servo, però a
un ministro bisogna dire: eccellenza. L'eunuco è un
personaggio influente. In questo caso è un funzionario della
regina Candace. Che non sia eunuco nel senso tecnico del termine
è confermato dal fatto che entra nel tempio e questo
è impedito agli eunuchi nel senso fisiologico del
termine.
Questo tale è venuto per il culto a Gerusalemme, è
stato in visita al tempio, adesso sta tornando sul suo carro e sta
leggendo il profeta Isaia. Ha un suo impegno interiore, si sta
dedicando a una sua riflessione, a una sua ricerca. E’ in
ascolto. E’ evidentemente un uomo con dei problemi, dedito
alla devozione religiosa, è anche affannato, incerto.
«Disse allora lo Spirito a Filippo: Và avanti, e
raggiungi quel carro». Il carro è arrivato ed
è già passato. Filippo è rimasto sul fianco
della strada. Il carro è passato sferragliando, un
polverone: è già passato. Non è successo
niente. Lo Spirito gli dice: va' e raggiungi quel carro, corrigli
dietro. La situazione diventa veramente incresciosa. Filippo deve
compiere manovre di affiancamento che sono piuttosto problematiche
per chi come lui cammina a piedi, corre a piedi, per quanto possa
avere buone gambe. L'eunuco etiope sta seduto sul suo carro, forse
addirittura avvolto dalle cortine, quella specie di tenda che copre
il carro, che lo protegge dal sole, dalla polvere, e gli consente
di sprofondarsi nelle sue meditazioni. Filippo deve girare attorno
a quel carro e inventare soluzioni per stabilire un contatto.
Griderà? Provocherà una sosta artificiale del carro?
Cosa farà mai? Qui non si tratta soltanto di affiancarsi
fisicamente a quel convoglio in movimento, si tratta di affiancarsi
a un uomo che sta percorrendo la strada della sua vita, che sta
camminando dentro i suoi problemi, elaborando la sua storia, il suo
passato, il suo avvenire. Chi è quell'uomo? Avvicinati a
lui, accostati a lui, raggiungilo, gli dice lo
Spirito.
«Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta
Isaia». Comincia a rendersi conto che lui sta leggendo,
non se ne era reso conto prima. E' passato il carro, è stato
frastornato. Adesso si rende conto che l'eunuco sta leggendo e sta
leggendo il profeta Isaia. Si rende conto che l'eunuco ha i suoi
problemi, i suoi ripensamenti, si muove in seguito a certi
interrogativi, che impegnano la sua vita, non c'è dubbio.
Filippo finalmente attacca discorso, trova la maniera per inserirsi
nel vissuto dell'etiope: «gli disse: Capisci quello che
stai leggendo?». Finalmente riesce a richiamare la sua
attenzione, ad accostarsi a lui, accompagnandolo, anche se il
nostro Filippo continua a correre per la strada mentre l'etiope sta
sul carro da viaggio. «Quegli rispose: E come lo potrei,
se nessuno mi istruisce?». Il contatto è avvenuto.
«E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a
lui». Adesso sono insieme sullo stesso carro, Filippo
accanto all'eunuco e leggono insieme, conversano insieme. Filippo
viene a sapere che il passo della Scrittura che stava leggendo era
Isaia 53. Siamo nel quarto canto del servo del
Signore:
«Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come
una pecora fu condotto al macello e come un agnello senza voce
innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca.
Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la
sua posterità chi potrà mai descriverla?
Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. E
rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: Ti prego, di quale persona il
profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?. Filippo,
prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli
annunziò la buona novella di Gesù».
L’evangelo di Gesù. A partire da quel passo della
Scrittura evangelizzò Gesù, l'evangelo di
Gesù. Filippo apre la bocca. E apre la bocca per
evangelizzare Gesù là dove nel testo profetico che
stanno leggendo l'agnello è colui che ha chiuso la sua
bocca. E’ il secondo momento di questo cammino di
evangelizzazione rivolto alla persona: il primo momento la strada,
il secondo momento la parola. La parola ascoltata e commentata
nella comunanza della ricerca nella condivisione degli
interrogativi e nella trasmissione dell'evangelo di Gesù. E'
Gesù. Chi è costui? E' Gesù, il servo
rifiutato. E' Gesù colui che noi abbiamo dimenticato e
tradito, è colui che ci fa vivere e che ci chiama a vivere e
che apre per noi la strada della vita.
Terzo momento, il sacramento, dal v. 36: «Proseguendo
lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco
disse: Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere
battezzato?» Essere battezzato nel nome di Gesù,
essere battezzato nella comunione con lui in modo tale da
percorrere quella strada che Gesù ha aperto per consentirci
per ritornare alla pienezza della vita: cosa mi impedisce? Non
c'è impedimento.
«Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua,
Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. Quando furono
usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì
Filippo». Filippo sparisce un'altra volta e qui tra
l'altro il testo rievoca quell'episodio di 2Re 2 in cui si parla
del rapimento di Elia. Elia, rapito, lascia Eliseo, l'altro profeta
e lascia ad Eliseo il suo mantello. In questo caso è Filippo
che viene rapito, il lascito profetico è
l'evangelo.
«L'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di
gioia il suo cammino». Ha ricevuto un lascito e
benché il distacco comporti una situazione di oggettiva
povertà, è colmato dall'esperienza di una gioia
incontenibile, inesauribile.
«Quanto a Filippo, si trovò ad Azoto e, proseguendo,
predicava il vangelo a tutte le città, finché giunse
a Cesarea».
Azoto si trova verso nord. Prima era la strada che da Gerusalemme
puntava verso sud, a Gaza, ora verso nord verso Azoto, che poi
sarebbe Ashdod e dunque tutte le località costiere. A
Cesarea Filippo si ferma. Lo troveremo successivamente, a Cesarea
avverranno tante altre cose di cui poi ci renderemo conto
successivamente. Il v. 40 chiude il secondo quadro e l'intero ciclo
dedicato a Filippo. Dopo questa testimonianza esemplare per quanto
riguarda l'evangelizzazione di una persona, Filippo prosegue lungo
la strada che lo condurrà a Cesarea, evangelizzando tutte le
città. Il quadro precedente si concludeva con il passaggio
sfumato dalla evangelizzazione rivolta alla città alla
evangelizzazione rivolta alla persona e adesso dalla persona
ritorniamo alla città.
La gratuità dell'amore è in grado di affrontare
oramai tutte le dimensioni della storia umana, tutte le
contraddizioni del cuore umano in modo tale che là dove i
discepoli del Signore troveranno elementi di contraddizione,
saranno pronti a offrire un segno di misericordia. La storia degli
uomini ha un orientamento nuovo, strutturalmente nuovo, per cui la
città scopre nella gioia di essere abitata da una miriade di
presenze sconosciute che pure acquistano la qualità
inimmaginabile di volti fraterni.
Stancari 4 marzo 2003