Incontri di discernimento e solidarietà


7° punto: “Nella complessità contraddittoria cioè piena di contraddizioni che sperimentiamo in primo luogo in noi stessi e che è presente in tutto il tessuto dell’esistenza umana, ci proponiamo di aiutare la comunicazione di ciò che è più valido in ogni persona e in ogni gruppo per favorirne la crescita”.


Nota sul significato del termine “gruppo”.

Usiamo il termine “gruppo” che è estremamente generico non per svilire tante realtà diverse piene di significato, dalle comunità ai movimenti, alle associazioni, ecc., ma per comprenderle tutte senza dover ogni volta fare un elenco che sarebbe sempre insufficiente.



La realtà umana è complessa

Noi tendiamo sempre a semplificare, il che è necessario per poter comprendere e sopratutto per poter discorrere.

Le semplificazioni sono necessarie anche per fare delle scelte e per operare.

Ogni nostro rapporto con la realtà umana, a cominciare dal rapporto con noi stessi, non è pertanto privo di una qualche violenza, che tuttavia può andare da un minimo a livelli grandissimi.

Solo il silenzio contemplativo e l’ascolto ci consentono di aprirci pienamente alla complessità.


Piena di contraddizioni: sul piano logico, su quello morale e riguardo alla fede. Ascoltiamo Paolo nella lettera ai Romani (7, 14-25):


“Non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto... non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.... quando voglio fare il bene il male è accanto a me...”.


Sperimentiamo in noi stessi innumerevoli mancanze che riconosciamo anche come peccati, molte distrazioni, molti automatismi nel compiere opere buone che non perdono per questo il loro valore ma lo vedono attenuato.

Di fronte alla vastità del campo da bonificare o del cammino da percorrere è chiaro che occorre fare un passo alla volta.

I buoni propositi di conversione generale rimangono necessariamente generici e lasciano spesso il tempo che trovano.

Quel che sembra molto importante è non teorizzare la impossibilità del cambiamento, cosa che alimenterebbe la pigrizia spirituale.


Presente in tutto il tessuto dell’esistenza umana

In tutti i rapporti interpersonali, in tutte le realizzazioni sociali e politiche, nella vita culturale, nelle religioni, nelle Chiese.

L’analisi della complessità e delle contraddizioni richiede un’apertura ad orizzonti e profondità senza fine.

Qualche accenno.

L’amicizia può avere contenuti e motivazioni diversissime: dal riconoscimento del valore della persona nella sua individualità, con il relativo stupore per la sua grandezza, all’accordo per convenienza in cui l’altro è solo uno strumento, classificato come amico. Nello stesso rapporto di amicizia con la medesima persona possono essere compresenti elementi diversi e anche contraddittori che diminuiscono e offuscano l’amicizia ma non la negano del tutto.

Nelle relazioni sociali e politiche (in senso corrente) ci sono spesso motivazioni diverse e non di rado contraddittorie. Si sta insieme, dalla stessa parte, per aiutarsi a vivere e operare per il bene di tutti, e si può stare insieme per schierarsi e contrapporsi ad altri e questo in nome di valori e di ideologie profondamente diverse: per il bene di tutti, di alcuni, della propria affermazione personale.

Nelle aggregazioni culturali, etiche e religiose le diversità e le contraddizioni sono innumerevoli ed il bisogno di discernimento è grandissimo, e questo richiede non di rado l’esperienza della emarginazione dalle stesse aggregazioni. Molto si capisce non quando ci si isola ma quando si è “fatti fuori”.

Nell’ambito della Chiesa un criterio fondamentale per il discernimento di quel che c’è di contraddittorio è evidentemente il rapporto con il Vangelo, in particolare con quel che esso svela circa la povertà e il potere.

In tutto questo dovremmo accettare i limiti e le contraddizioni amando i soggetti individuali e le comunità, amando sempre le persone, valutando serenamente le istituzioni, ma non assecondando le pieghe negative. Sopratutto sembra molto necessario guardarsi dalla tentazione di strumentalizzare e compiacere a ciò che è male a fin di bene. Il principio attribuito ad Ignazio di Loyola di “entrare con la loro per uscire con la nostra” può avere applicazioni funeste per chi sceglie questa via e per quelli ai quali ci si rivolge. Spesso poi ci sono innumerevoli terzi che vi vanno di mezzo.

Non strumentalizzare quindi e non compiacere ma non rinunciare a tutto quello che nella verità può aiutare noi e gli altri a crescere nella conversione.


Cercare ciò che è più valido

Cercare le buone ragioni e la buona volontà di ognuno e di ogni gruppo. Riconoscere la ricerca del bene, di ogni bene materiale, come la salute, e spirituale, ricercato per sè, per il proprio gruppo, per tutti.

Scoprire quel che c’è di valido anche in tutti gli atteggiamenti che ci appaiono più negativi: dalla chiusura e ripiegamento su se stesso del giovane che non si sente capito e valorizzato, a quelli che ricorrono alla violenza per la libertà e la giustizia.

Non si tratta di appoggiare o in qualsiasi modo favorire il male, ma di scoprire in tutto qualche cosa di positivo, il bene. Non si tratta solo della ricerca di una giustificazione che può consistere nell’accettazione del male con pazienza o tolleranza, pensando che intanto non c’è nulla da fare e che forse tutto passa.

Bisognerebbe fermarsi – è cosa urgente – a riflettere sulla denuncia del “male assoluto”: da che pulpito viene la predica e quali consensi, più o meno dichiarati, trova in tante persone.

Altro tema oggi importantissimo è quello della “prevenzione” che certamente fa parte dell’esercizio dell’intelligenza umana, ma può essere orientata verso realtà molto diverse della complessità dell’esistenza umana. Chi pensa oggi alla prevenzione del bene, che è un modo di vivere la speranza, primo segno del rispetto verso il prossimo e la sua capacità di fare il bene? Il significato che anche i vocabolari mettono maggiormente in risalto è quello di prevenzione del male, il che corrisponde a un andamento accelerato del pensiero e della prassi di tanti. Colpisce in proposito la sciocca ripetizione dell’affermazione che “a pensare male si fa peccato ma si indovina”.


Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita

Molti cristiani con la Chiesa professano la loro fede nello Spirito vivificatore e nel giorno della Pentecoste, con sincerità e senza difficoltà, ripetono con il Libro della Sapienza: “Lo Spirito del Signore ha riempito l’universo, egli che tutto unisce, conosce ogni linguaggio, alleluia”; con quale consapevolezza e sopratutto con quale adorazione silente di un così grande mistero, di questa Buona Notizia?

La ricerca di tutto ciò che è valido in noi stessi, in tutti gli altri e in tutto il tessuto dell’esistenza umana dovrebbe portarci a riconoscere in tutti e in tutto la presenza operante dello Spirito Santo. L’esultanza, la lode e l’alleluia che forse riserviamo guardando a questa o a quella persona che nella Chiesa o nel mondo viene indicata come grande e straordinaria, dovremmo viverla nei confronti di tutti, in particolare di quei piccoli ai quali come dice Gesù è dato di comprendere i misteri di Dio (Lc. 10, 21-22).


Riconoscere i segni per scoprire il disegno

“Dio dove è?”. E’ l’interrogativo che tormenta il nostro animo di credenti nella quotidiana constatazione della sofferenza e della violenza che dilagano nel mondo.

Cerchiamo, guidati dallo Spirito, non la spiegazione del mistero ma l’illuminazione di tutto in Gesù Cristo, figlio di Dio e di Maria, ucciso con la croce e risorto il terzo giorno.

Dovremmo cercare con animo libero e adorante i segni della presenza dello Spirito in tutte le persone e in tutte le aggregazioni che perseguono obiettivi anche solo parzialmente validi. In tal modo vedremmo con “gli occhi del cuore” apparire il disegno di Dio:


“Egli (Gesù Cristo) ci ha fatto conoscere il mistero della sua (del Padre) volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza del tempo: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Eph. 1, 4-10).


Ricerca dei singoli e dei gruppi

La ricerca dei segni dell’azione dello Spirito nei singoli e nei gruppi dovrebbe essere l’impegno principale di discernimento, alla luce della parola di Dio, non solo di ognuno di noi ma anche degli innumerevoli gruppi ai quali possiamo appartenere, in particolare quelli che si propongono di vivere nell’ascolto di questa parola. Tuttavia l'ostacolo principale viene dal ripiegamento su se stessi dei singoli e dall’autoreferenzialità dei gruppi che stimolano in tal modo quel bisogno di “appartenenza” tanto forte ai nostri giorni. Paolo rivolge ai Corinti una parola che è di grande conforto e al tempo stesso estremamente impegnativa: “Nessuno ponga la sua gloria negli uomini, perchè tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio” (1 Cor. 3, 21-23).


L’amicizia spirituale

Per favorire la comunicazione e la crescita di ciò che è valido nei singoli e nei gruppi l’elemento principale è l’amicizia spirituale. Come chiamarlo? Elemento, fattore, forza, sentimento profondo, conversione? Importante è viverlo anche se non riusciamo a definirlo e a classificarlo. E’ la partecipazione al Mistero infinito: “Deus charitas est”; è l’azione dello Spirito nel più profondo di ogni animo umano.