Incontri di discernimento e solidarietà
 
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LECTIO MUNDI 2005 - I DIRITTI UMANI. CODIFICAZIONE E VERIFICHE

LA CONDIZIONE FEMMINILE NELL’ ISLAM CONTEMPORANEO

 

Relazione introduttiva di Poldi Lopez y Royo

 

Presentazione

(Giuseppe Lodoli) Mi è stato chiesto di presentare la relatrice. Credo di dover dire poco, il resto lo dirà lei. Poldi Lopez y Royo più che una relatrice è una testimone che ha esperienza diretta del problema di cui vogliamo parlare stasera. L'abbiamo incontrata casualmente. Circa un mese fa ricevetti una petizione da lei diffusa in favore di una donna dello Yemen condannata a morte – l’ennesima Amina - per la quale si richiedeva una mobilitazione internazionale. Per merito di Poldi o di altre persone che vivevano insieme a lei nello Yemen, questa donna si è salvata. C'è stata una grossa mobilitazione, è anche intervenuta la Comunità Europea, sono intervenute le Nazioni Unite, e Amina si è salvata. Ho pensato che Poldi poteva essere la relatrice sull’argomento che volevamo trattare, poi parlandole al telefono l'interesse è cresciuto perché l’ho trovata molto motivata e impegnata in questi problemi, anche insieme ad altre persone che cercano di smuovere un po' la situazione in loco. Lei ha esperienza di tre paesi islamici: dell' Iran, dell'Egitto. E dello Yemen, da cui è arrivata due settimane fa. Credo che abbia viaggiato più che altro al seguito del marito che è un diplomatico, ultimamente ambasciatore nello Yemen. Tuttavia Poldi ha fatto il suo lavoro, si è impegnata per i diritti delle donne e dei bambini, del tutto indipendentemente dagli incarichi istituzionali del marito. Quanto al resto: penso che ve lo dica lei.




RELAZIONE

Buona sera a tutti. Il mio intervento si basa sull'esperienza diretta che ho fatto, in momenti diversi, in tre paesi islamici: Iran, Egitto e Yemen. A mio avviso per capire queste realtà occorre tener presente il fatto cruciale che queste società sono soggette a tre tipi di legge. C'è la legge civile che è istituita dai governi con norme specifiche, la Sharia o legge islamica, e infine, in alcuni paesi, soprattutto nello Yemen, la legge tribale e familiare. Le famiglie sono spesso molto complesse ed allargate. La legge civile è l'unica che tende a salvaguardare i diritti delle donne. Queste tre leggi nel mondo islamico interagiscono sempre tra loro. Vengono applicate una per volta o anche due insieme. Per esempio la Sharia e la legge tribale possono facilmente in certe occasioni prendere il sopravvento su una legge civile rendendola praticamente inutile. Nel caso di Amina - poi se volete vi racconto di più - la donna si è salvata dalla pena di morte secondo la legge civile, ma rischia ancora la morte per la legge tribale. Cioè se lei esce dal carcere le verrà fatta giustizia dalla famiglia o dai membri della tribù perché ha provocato un'onta che non è perdonabile. Questo per sottolineare un fenomeno che si verifica facilmente. Inoltre la Sharia e la legge tribale sono per ovvi motivi storici le più note alla vasta maggioranza della popolazione in quanto agiscono quotidianamente regolando con molta autorità la vita degli individui, rendendo dunque la legge civile pressoché sconosciuta alla grande maggioranza. Quindi cercando di ragionare e di riflettere sulla condizione della donna nel contesto dei suoi diritti, nasce a mio avviso spontanea una domanda: Quanto sono consapevoli le donne dell'esistenza di leggi varate da governi centrali a difesa dei loro diritti, che effettivamente esistono, ma che spesso non sono o non possono essere applicate? Questo secondo me è un grosso interrogativo. Nello frattempo per fortuna qualcosa sta succedendo, anche se con notevole lentezza perché si scontrano grandi forze culturali. Stanno infatti nascendo molte associazioni e organizzazioni sia governative che non, il cui obiettivo principale è il miglioramento delle condizioni di vita della donna e dell'infanzia. I problemi delle donne dell’infanzia sono strettamente correlati, e costituiscono il dramma sociale che vive la donna che spesso è sola, abbandonata, ripudiata, respinta. Il ripudio è un fatto molto grave. Non si tratta per la donna solo di essere lasciata. Si tratta di un abbandono della società, in moltissimi casi senza alcuna speranza di una decorosa sopravvivenza. La donna ripudiata a volte ha a carico un gran numero di figli, di bocche da sfamare. Insomma si tratta di situazioni veramente drammatiche. Questo l'ho visto e constatato direttamente sia in Egitto che nello Yemen. In Iran, nel periodo in cui ci vivevo, per vedere le donne sfruttate bastava uscire da Teheran. L’Iran è più abbagliante perché nella capitale c'è ancora un senso di città occidentalizzata ma basta uscire di città per vedere donne chine sui campi che portano l'acqua. Comunque alcune delle associazioni cui ho accennato offrono un certo tipo di formazione che aiuta a migliorare la condizione femminile. Tuttavia, specie nello Yemen, occorre limitarsi a piccoli lavori tipo il cucito o la parrucchiera. In alcuni casi per le donne più istruite c'è anche il computer. E queste associazioni diventano, soprattutto nello Yemen, un grosso punto di riferimento per le donne soprattutto nei centri urbani, nelle periferie e nelle vicinanze dei centri urbani. Ma, per esempio nello Yemen, la stragrande maggioranza della popolazione non vive nella capitale o nei grossi centri urbani. La donna, soprattutto nelle aree rurali ma comunque anche nei centri urbani, inizia a lavorare giovanissima. Ci sono bambine che trasportano l'acqua, che portano la legna, il combustibile, che si dedicano alla pastorizia, di capre e pecore, che si occupano dei bimbi più piccoli della propria famiglia. Parliamo di bambine a volte di 5 o 6 anni, parliamo di bimbe piccolissime. Nello stesso tempo una bambina a 5 o 6 anni già entra nella fase in cui comincia ad essere preparata dalla madre al matrimonio. La madre comincia a dirle come farà ad essere una brava moglie e questo obiettivo del matrimonio è importantissimo, è l'obiettivo principale. Siccome nella legge islamica e della tribù il matrimonio è gestito dalle famiglie, il matrimonio d'amore in un paese come lo Yemen è veramente rarissimo. C'è qualche eccezione: ho conosciuto tre persone che mi hanno detto che si sono sposate per amore, ma normalmente il matrimonio è deciso dalla famiglia, e anche se uno volesse sposare un'altra persona sono le famiglie che si opporrebbero. Quindi il matrimonio è visto come la risoluzione dei problemi della donna perché è previsto che l'uomo debba provvedere al mantenimento della famiglia. Nella realtà non è sempre così perché c'è una prepotenza fortissima da parte degli uomini nello scegliere o respingere una donna, a qualunque età, in qualunque momento. Il fenomeno delle quattro mogli adesso incomincia ad andare in crisi per ragioni economiche. Però questo accade nelle aree urbane mentre nelle zone rurali la poligamia resiste e lì c'è una grande differenza tra chi è un fervente musulmano e chi non lo è. Perché un musulmano osservante in genere rispetta le quattro mogli. In molti casi il dettato islamico non è rispettato, e questo non rispetto implica praticamente un finto matrimonio che è come avallare una forma di prostituzione. E’ molto grave perché parliamo veramente di bambine. Ci si sposa a dodici anni, a tredici anni. Come nel caso di Amina che aveva dodici anni quando si è sposata. Quindi si possono capire i drammi che ne derivano: abbandono, ripudio e tutto quello che ne deriva. Il risultato è un totale isolamento, una totale emarginazione nella società. Queste donne si ritrovano sole con enormi problemi cui ovviamente fanno fronte come possono. Se vivono nelle campagne e hanno ancora qualcosa, si nutrono. In città sono ridotte a mendicare di tutto perché lavoro non ce n'è. Nello stesso tempo nell'ambito del matrimonio la povertà o la ricchezza non sono il fattore che determina la percezione che le donne hanno dei loro diritti magari previsti dalla legge civile. In Egitto ho vissuto dei casi, uno in particolare molto da vicino e altri più indirettamente, di donne di una certa agiatezza economica, che per esempio erano loro che volevano divorziare e questo per la legge islamica non è possibile, nel senso che solo con il consenso del padre o di un fratello maggiore o del parente prossimo anziano, uno zio, avviene la mediazione con il marito per poter ottenere una separazione, ma una donna non può chiedere autonomamente il divorzio. Quindi anche questo è un grosso nodo. Quindi, in questo quadro, per dare delle risposte a tali problematiche i tempi sono lunghi. Ma va tenuto presente che le donne in questi paesi sono sempre più attive. C'è voglia di cambiare, si moltiplicano conferenze internazionali promosse in uno stato o in un altro. Molto spesso in Egitto. Ultimamente c'è stata a Gibuti una grossa conferenza molto positiva sulle mutilazioni femminili. In queste conferenze si cominciano a stabilire dei criteri di collaborazione per trovare soluzioni concrete e premere sui governi, affinché adottino leggi avanzate e poi attuino le leggi che vengono stabilite. Io penso che solo le donne islamiche, certamente supportate a livello internazionale, possano essere in grado di trovare un equilibrio a difesa dei loro diritti in un contesto così contraddittorio e complesso come quello in cui vivono oggi. E vanno quindi riconosciuti gli sforzi che si stanno facendo ed è senz'altro molto importante un'equilibrata pressione internazionale da parte degli organismi preposti, purché nel rispetto delle diversità culturali e tradizionali, e del quadro politico locale. Per esempio per Amina è stato fatto un grosso intervento internazionale che ha avuto un’eco favorevole nella Ministra dei Diritti umani. Il governo nel suo insieme si è molto seccato di aver avuto questo tipo di notorietà internazionale, di ricevere pressioni praticamente da tutti i paesi europei e via di seguito. Il governo ha messo in discussione la capacità della Ministra dei diritti umani che è una donna in gambissima, e hanno cercato subito di liquidarla dicendole che era stata incapace di gestire la cosa. Ecco questo è molto importante da tenere presente quando si agisce. Io stessa, quando insieme ad altre persone, ho denunciato la gravità del problema di Amina, ho sottovalutato questo aspetto che invece è delicatissimo. Nello Yemen l'unica donna ministro ed è una donna tostissima, bravissima, che bisogna stare attenti a non perdere. In questi paesi avviene velocemente che ti trovano un piccolo difetto e ti mettono da parte soprattutto perché donna. Questo succede anche a livello di governo. Quindi bisogna sempre fare attenzione e quindi poi è anche importante premere affinché la legge civile, che è l'unica che possa effettivamente difendere i diritti delle donne, venga resa pubblica, non c'è la gazzetta ufficiale che arriva nelle campagne nella quale ognuno può leggere che è uscita la legge tal dei tali.

Il problema è come raggiungere le donne, come riuscire a fargliele conoscere le leggi. E non basta dire che c'è una legge civile. Si richiede tutto un lavoro capillare sul posto per riuscire a rompere la pesantezza delle leggi tradizionali alle quali loro sono totalmente abituate, cioè la Sharia e la legge tribale. Occorre poi far vedere che la legge civile è in linea con la normativa internazionale sui diritti umani stabilita dalle Nazioni Unite. Occorre far vedere ci sono degli organismi appositi come agenti di controllo. Un' altra condizione per ottenere dei risultati è che le donne possano contare di più sul piano politico, affinché siano poi loro stesse a rappresentare tutte le altre donne, lì almeno dove esistono delle realtà parlamentari, cosa che non accade dappertutto. Per esempio in Arabia Saudita è escluso; in questo paese la donne ancora non votano. E l'altro fattore importante sono le O.N.G. In alcuni paesi, per esempio in Egitto, le O.N.G. sono vietate per motivi politici. Le hanno accusate quando sono nate anche di terrorismo, insomma il governo le ha proibite, invece nello Yemen ce ne sono tantissime, sia locali - nello Yemen si può creare un’organizzazione in cinque minuti - sia internazionali. E’ bene che siano viste non solo come fonte di denuncia ma anche per attivare ogni possibile contatto per poter aiutare concretamente. Per esempio di recente un gruppo di giovani giornaliste molto arrabbiate, anche molto professionali ma anche molto coscienti di tutte le problematiche, hanno organizzato un ‘forum’ che è una O.N.G. Appoggiare e valorizzare queste organizzazioni può essere un modo per aiutare. Non è solo una questione di denaro. A volte il denaro serve per poter crescere ma è soprattutto importante interloquire con queste persone, avere uno scambio. E’ vero che, nello Yemen soprattutto, se sono poverissimi non hanno neanche i mezzi per muoversi, però a mio avviso con organizzazioni di questo genere c'è veramente la possibilità di essere utili creando dei contatti Si può, c'è domanda da parte loro. Questo è più o meno il quadro della situazione.


DIBATTITO

Domanda: La storia di Amina?

R. - La storia di Amina è una storia tristissima, la ragazzina si è sposata a dodici anni e prima di compiere i quattordici anni, è stata accusata di aver ucciso il marito. Lei ha sempre negato e la legge civile dice che quando si commette un delitto sotto i quattordici anni non si può essere condannati a morte. La cosa brutta è che le hanno sempre impedito di accedere alla documentazione che potesse dimostrare la sua età. Succede ancora a volte che non ci sia un certificato di nascita, una documentazione anagrafica precisa. Però in quel caso pare che la documentazione ci fosse ma non è stato mai consentito di accedervi per comprovare che lei era minore e quindi non poteva essere condannata a morte. Nel frattempo Amina ha avuto un figlio nel primo periodo di carcerazione, ultimamente è stata violentata in prigione e ha avuto un altro figlio. Per legge, il figlio deve raggiungere i due anni e lo svezzamento prima dell’esecuzione della sentenza. Il termine scadeva a maggio. Maggio era l'ultimo mese in cui lei non poteva essere ammazzata perché doveva accudire al bambino. Vicino alla scadenza si è attivata una O.N.G. italiana che si chiama Ricerca e Cooperazione che lavora molto bene a Sana e si occupa delle donne in carcere. Da Ricerca e Cooperazione è venuto l’allarme. Il caso di Amina è questo in breve. L'unica cosa da aggiungere è quella a cui mi riferivo prima, cioè che la mobilitazione internazionale che c’è stata in favore di Amina ha messo la Ministra dei diritti umani in difficoltà. Sembra una contraddizione ma lei ha rischiato di essere cacciata dal governo.


Domanda: Le donne in questi paesi votano? E se la risposta è positiva perché non votano molto di più le donne?

R. : Lo Yemen incredibilmente in proporzione ad altri paesi è più avanti. E’ vero che il Presidente è sempre lì da 27 anni, però c’è un Parlamento, ci sono vari partiti; sono effettivamente presenti il partito socialista, l'Islam che è il partito islamico ma è un partito islamico moderato. Anche in Egitto c'è un "parlamento" ma è meno democratico. Nello Yemen c'è una parlamentare donna, solo una, e un' unica ministra.


Domanda: Come mai essendoci un elettorato attivo da parte delle donne, le donne hanno così scarsa presenza in politica?

R. : E’ un punto che avevano messo all’ordine del giorno in un’ultima riunione. Ho ascoltato una donna che parlava di questo. Hanno deciso di coordinarsi su questo punto, perché uno dei problemi delle associazioni è la mancanza di coordinamento tra di loro. Le associazioni molto spesso vanno ognuna per conto suo. Non c’è un vero coordinamento e di questo adesso se n’è reso conto un certo numero di donne diciamo più intellettuali, se le posso identificare in qualche modo. Hanno capito che stanno perdendo un sacco di energie, e hanno deciso che il loro prossimo obiettivo, parlo dello Yemen, è quello di riuscire a "entrare in politica". Si vedrà, ancora è presto per vedere i risultati. La riunione è di una ventina di giorni fa ed era la prima volta. Tra l'altro hanno deciso di superare anche alcuni contrasti, perché lì ci sono sempre contrasti tra laici e islamici. Hanno deciso di superare i contrasti restando nella norma della moderazione, quello che hanno escluso è l'integralismo forsennato. Nell'ambito della moderazione hanno deciso di unire le forze per cercare di avere una maggiore rappresentanza in parlamento.


Domanda: Nei tre livelli delle leggi c'è una gerarchia delle fonti? Mi spiego: che incisività ha la legge civile? Lei diceva che, se usciva di prigione, Amina la ammazzavano in base alla legge tribale, allora mi chiedo - è un po' tecnica come domanda - esiste una gerarchia delle fonti, la legge civile prevale?

R. : A mio avviso la gerarchia è ancora fragile perché tra le due leggi, quella civile e quella tribale, come dicevo prima, l'Amina sa perfettamente che cosa l’aspetta. Se lei esce e va in famiglia e qualcuno la uccide dubito che quest'ultimo vada in galera, perché il fenomeno delle faide e delle vendette è fortissimo nello Yemen. Questo è scoraggiante da un lato, però sta iniziando un cambiamento. Non c'è mai stata una legge civile, il fatto che ci sia è già qualcosa.


Domanda: La televisione occidentale arriva? Io non conosco bene il Corano però sullo stesso Corano si possono trovare diverse scuole di pensiero?

R. : Sì nel Corano c'è la Sura delle donne. Come per tutti i testi sacri è sempre molto difficile ricavarne delle norme operative. Ci sono varie interpretazioni evolutesi nei secoli che sono diventate più chiare delle norme scritte nel Corano. Io per curiosità ho letto il Corano anni fa ma ora non posso essere precisa. Però da quanto dicono, le norme sono imposte dagli Ulemà, che stabiliscono le regole e queste regole nei secoli sono diventate prassi quotidiana. Il discorso delle mogli nel Corano è articolato, ma non è per nulla così nella realtà.


Domanda: Quale è stato il grosso risultato che ha ottenuto la conferenza sulle mutilazioni?

R.: A Gibuti le hanno proibite, le mutilazioni genitali, però quello che è stato imposto per legge non ha avuto subito grandi conseguenze pratiche, perché a favore delle mutilazioni c'è una parte della popolazione femminile. C’e’ una categoria, credo che noi potremmo definirla delle mammane, che praticamente continua a farlo perché guadagna così. C'è stata una intelligente iniziativa in favore di queste donne, per educarle, portarle a fare le infermiere: organizzare dei corsi di infermiera. Si cerca di inserirle nel lavoro per sostituire questa orrenda pratica con un qualcosa di molto utile per la società. Nello Yemen no, nello Yemen delle mutilazioni ultimamente non si è parlato, perché nella penisola arabica il fenomeno non è molto diffuso. Non è una tradizione araba quella di praticare la mutilazione. E’ di origine africana. Vi sono state migrazioni di popolazioni che sono venute dall'Africa che hanno diffuso un po’ il fenomeno. Un paese in cui si praticano molto le mutilazioni è il Sudan, si hanno mutilazioni soprattutto nelle campagne. L'Egitto è uno dei paesi con una delle più alte percentuali, e lì è la famiglia a pretenderle. Non lo so se in Egitto è passata una legge che le vieta, francamente non lo so, ma il difficile è convincere le famiglie. Questo è il nodo nei paesi islamici. Se fosse così semplice: si fa una legge e la si applica, certo sarebbe diverso, invece la difficoltà è lo scontro con forze culturali veramente molto forti. Intanto la popolazione non le conosce neanche quelle leggi. Lei chiede a una donna poverissima sperduta nelle campagne: se tu fai questo che cosa ti succede? Quella non lo sa, intanto si regola secondo la legge islamica e la legge tribale. Che il governo abbia emanato una legge a suo favore, in sua difesa, non lo sa, ecco perché uno dei grossi nodi è far conoscere le leggi.


Domanda: C'è sicuramente questo problema della conoscenza, però la mia domanda è: se per la legge civile Amina non deve essere uccisa, questa legge ha la forza di essere applicata, o quanto meno c'è una sanzione per chi viola questa legge, perché se non è così allora è veramente scoraggiante.

Intervento dal pubblico: Dipende dai paesi. C'è una lotta per l'affermazione di una legge oppure di un' altra. In realtà lalegge civile di solito è legge ufficiale. Poi la legge ufficiale non viene rispettata alla periferia dello stato. Questo è il problema. È una lotta tra i vari tipi di legge, come diceva anche Giuseppe di Gennaro quando parlava del tentativo di introdurre una legislazione moderna in Afghanistan, a cominciare dalla bellissima nuova costituzione. Il suo sforzo di introdurre norme di procedura penale di tipo occidentale si scontrava con il Capo della giustizia che diceva: queste cose non mi interessano perché io ho il Corano. E lì c'è una lotta, una lotta tra autorità, tant'è vero che un mese fa è stata condannata a morte e nel giro di 48 ore giustiziata in Afghanistan una donna accusata di adulterio dalla famiglia del suocero. Lei era andata a vivere con un altro uomo dopo cinque anni che il marito lavorava all'estero e l’aveva praticamente abbandonata. Di fronte alle proteste internazionali, il presidente Karzai ha detto che avrebbe aperto un'inchiesta. Tutto qui. Tra l'altro per lui è assolutamente impossibile intervenire con una legge che dice tutt'altre cose rispetto alla legislazione locale perché in Afghanistan comandano i signorotti locali. Dipende dagli stati, in Iran invece la legge comune e la legge islamica, dato il regime che c'è, sono praticamente coincidenti. Diciamo che lì si tratta di legge islamica è un po' moderata. Dipende dai paesi. Per esempio nella federazione della Nigeria esiste la legge civile però gli stati islamici del nord applicano la Sharia e si scontrano con il governo centrale.


D.: Durante la sua relazione riandavo quasi automaticamente con il pensiero alla mia infanzia in Calabria. Qualche tempo fa, soprattutto nei piccoli centri calabri, e ancora più giù - leggevo sui giornali di fatti che accadevano ancora più giù, in Sicilia, in Sardegna – c’erano tre livelli di leggi. La sussistenza di tre ambiti giuridici - quello statuale, quello religioso e quello che potremmo individuare nella legge d'onore, la legge di gruppi tribali né più né meno - non è che mi scandalizzi tanto. Non è che lo senta tanto lontano dalle nostre realtà. Tant’è che addirittura la legislazione statuale prevedeva delle nicchie di riserva per i codici d'onore, tant’è che per esempio nell'omicidio per motivo d'onore era prevista una attenuante alla punizione. Se io ammazzo tizio è un conto ma se io l'ammazzo perché ha insidiato mia moglie o mia sorella sono in parte giustificato. Alla base c'era un fatto culturale, la cultura intendo, non una serie di nozioni ma un insieme di valori che improntano il diritto nella vita di relazione. C’è voluto un bel po' perché queste nicchie sparissero e che si avvertisse l'inciviltà della legge della camorra o della 'ndrangheta, secondo la quale uno può essere pure sotto la legge dello stato però ne esce se fanno fuori un parente o quando si uccidono fra loro i camorristi. Qui la situazione è cambiata, è cambiata sotto gli occhi nostri, perché è cambiata la cultura, è cambiato l’insieme dei valori di riferimento, perché è circolata l'informazione, è circolato il lavoro, il progresso economico, la televisione è arrivata nelle campagne e ha proposto come possibili modelli di vita che erano caratteristici di un' altra organizzazione. Quindi oggi noi qui in Italia ci siamo in qualche misura affrancati, ma perché ci siamo affrancati culturalmente. Allora mi chiedo che senso ha pensare di cambiare il destino di una donna islamica senza cambiare il contesto culturale. Lo vediamo da un altro fatto, l'eliminazione del burqa. In molti paesi islamici, le donne si sono rifiutate di lasciare il burqa per un fatto culturale. Se non cambia la cultura, se non si porta e non si esporta lavoro, benessere, possiamo pensare di portare delle norme? Secondo: quale modello - ammesso e non concesso che fosse possibile esportare un modello - quale modello dovremmo esportare, quale modello di rivendicazione, perché sull'attuale modello di rivendicazione chiamiamolo femminile, non femminista, io ho molti dubbi. Ho molti dubbi perché mi pare che si vada più verso la rivendicazione di un modello maschile. La donna dice: sono realizzata se ho la stessa figura maschile, non sono realizzata se riconoscono il mio apporto originale come moglie. Allora due domande: primo, è possibile andare a cambiare la situazione delle donne islamiche cambiando solo le norme? Secondo, se fosse possibile portare un modello di cultura, quale modello portiamo ?

R: Come dicevo prima, la risposta deve venire per forza dalle donne islamiche, sono assolutamente convinta che noi non abbiamo dei modelli da esportare anzi, per quello che mi riguarda, vedendo il livello della nostra televisione, che arriva ormai con i satelliti in tutti i paesi, posso solo dire che mi vergogno che sia quello un modo di esportare la nostra cultura. Proprio non c'è nulla di buono nella nostra TV, salvo qualche raro evento interessante più che altro per noi. Il livello culturale di base è talmente limitato nella popolazione islamica che non direi che la televisione occidentale possa incidere ancora in modo significativo. Io non credo che siamo ancora al punto in cui vedendolo la TV si modificano i costumi. Incide molto più Internet. Nello Yemen, a Sana, è pieno di computer. Conosco associazioni di donne a cui accedono donne molto povere che hanno più che altro bisogno di istruzione di base per poter fare qualche lavoro. Le donne in queste associazioni hanno il computer. Nel centro giovanile delle minorenni a Sana - un centro che raccoglie le ragazze che commettono qualche reato, che poi nella maggior parte dei casi il reato è restare incinte – si insegna ad usare il computer. C'è un metodo informatizzato - personalmente non l'ho visto ma me ne hanno parlato – per imparare a leggere e a scrivere. Ci sono dei programmi di alfabetizzazione attraverso il computer. Io direi che sono il computer e Internet ad incidere di più. Credo però che l’impatto sia comunque molto limitato. E tornando alla domanda, secondo me sono le stesse popolazioni che devono trovare la loro strada. Intanto ci chiediamo se non c'è anche da parte degli uomini una certa evoluzione, un presa di coscienza del rispetto della persona. Uomini e donne devono trovarla loro la formula. Noi non possiamo andare a dirgli di fare quello che facciamo noi, anche perché non serve a niente a mio avviso. Sono loro che devono capire quali meccanismi funzionano nel loro contesto che è appunto quello delle due leggi in contrasto. Quindi per noi va bene insistere su tutto quello che si può fare internazionalmente per sostenere le loro iniziative, purché nel rispetto della loro cultura. E’ inutile proporre alternative, se no si finisce per fare un po’ all'americana: si esporta la democrazia, si esportano leggi. Così si va incontro ad un fallimento totale e sicuro.


Domanda: Queste donne hanno la possibilità di studiare all'università? Così potrebbero evolversi.

R.: Sì infatti l'istruzione nello Yemen - e in tutti questi paesi - è considerato il primo gradino. Solo che le studentesse sono ancora sotto di numero. C'è l'ambizione di imparare l'inglese, molto poco conosciuto salvo che nel sud dello Yemen, perché Aden è stata colonizzata dagli Inglesi. Quindi a sud c'è una fetta di popolazione che ancora parla molto bene l'inglese, ci sono più scuole in inglese nel sud che nel nord. Tutte le donne aspirano ad imparare l'inglese.


Domanda: Quant'è la percentuale della popolazione agricola rispetto a quella cittadina?

R: La percentuale esatta non la so, ma su 18 milioni di persone credo che la popolazione agricola sia tra i 10 i 15 milioni. Nei due grandi centri urbani ci saranno circa 5 milioni di persone, Sana fa 3 milioni di abitanti, Aden ne fa circa 2, probabilmente meno di 2 dopo l’attentato contro la nave americana. In Egitto, tolte anche lì due grandi città, Alessandria e il Cairo, con 20 milioni di persone, tutto il resto è popolazione agricola.


Domanda: Ma è vero che c'è una migrazione dalla campagna alla città?

R.: Sì perché c’è il solito eterno miraggio delle città, di lavoro, di una alternativa.


Domanda: Gli Ulemà che mestiere fanno e chi li paga?

R.: Sono una specie di teologi, nell'ambito della organizzazione islamica li sostengono tutti i privati, il governo no. Sono teologi, senza una gerarchia, tra i sunniti essenzialmente. Poi c'è una componente sciita, e gli Sciiti hanno una struttura gerarchica, hanno delle autorità precise.


Domanda: In modo più formale la legge civile riconosce degli ambiti di giurisdizione alla normativa della Sharia? Nel senso che noi abbiamo la legge e la Costituzione. In questi paesi c'è un ruolo particolare che viene riconosciuto dalla legge civile alla Sharia, in maniera formale?

R.: Con grande certezza non mi sento di rispondere, io credo che ci sono sempre dei compromessi che vengono fatti per non rompere l'equilibrio. Ci si ferma ad un certo punto per non scatenare una reazione eccessiva. Per esempio per l'adulterio, nello Yemen non ho mai sentito parlare di lapidazione, ma sono convinta che per esempio la lapidazione se viene fatta ancora nessuno lo sa, ed è proprio quella una regola islamica. Lei mi può chiedere: lì interviene qualcuno con la legge civile? Credo di no.


Domanda: Facciamo un esempio, in Israele non esiste il matrimonio civile e quindi a seconda delle diverse religioni noi abbiamo dei matrimoni diversi. Il risultato è che il divorzio israeliano in Italia non è riconosciuto. Esiste una cosa simile nei paesi arabi, nel senso che ci sono dei settori che sono regolati dalla legge islamica?

R.: Per i matrimoni sicuramente sì, adesso che me lo dice sì, perché non c'è un matrimonio civile, e i problemi più gravi nascono quando ci sono i matrimoni misti. Per esempio in Egitto ci sono stati una marea di casi drammatici di matrimoni fra Italiane ed Egiziani e lì la legge è tutta dalla parte degli uomini, non c'è niente da fare, la donna in caso di conflitto perde tutto a cominciare dai figli.


Domanda: Io apprezzo questo discorso che ha fatto lei, che ci deve essere un percorso evolutivo che nasce all'interno, però mi impressiona quello che ha raccontato di questa realtà. Conosco molto bene il Marocco, all’inizio mi sembrava molto avanti, ma nel Marocco ho poi visto la popolazione agricola ancora sovrabbondante e arretrata. Tra l'altro ho visto il dramma delle spose bambine. Fino ad ora ci si è dimenticati di un piccolo particolare: le spose bambine hanno mariti molto più anziani di loro. È quello il vero dramma, ho visto tra le tribù berbere - i berberi sono i discendenti dei romani – le ragazzine con il bambino in braccio che avevano voglia di giocare, guardate a vista dalla suocera. Allora ho dedotto che non c'è nessuna tutela perché il discorso che si faceva prima sulla legge civile non regge perché sull'Atlante non compare mai l'ombra di un poliziotto o qualcosa del genere. Ho avuto inoltre la sensazione che la classe al potere è assolutamente interessata al lasciar stare le cose come stanno.

R: Sì, esatto. Perché non si possono introdurre e soprattutto imporre delle regole in certe zone. Per esempio una senatrice francese è arrivata nello Yemen dopo il caso di Amina dicendo noi dobbiamo insistere affinché mettano l'età del matrimonio a 18 anni. Una cosa del genere è inconcepibile, se non viene da loro, se non sono loro che incominciano a fare il lavoro. Come ho ripetuto varie volte i tempi sono lunghi, però ci sono le donne, le organizzazioni, le associazioni che stanno lavorando e io credo in queste persone ce la faranno. Piano piano, sicuramente piano piano e con ancora tante vittime del tipo di cui abbiamo parlato.


Domanda: Lei dice che le innovazioni devono arrivare da loro, sì questo è giusto. Però qualche cosa della nostra cultura, quel poco di buono che nella nostra cultura c'è, forse si potrebbe dare.

R.: Se le supportate internazionalmente, le aiutate, lì dove si può. Uno scambio culturale può utilmente avvenire. Ma nel rispetto della loro cultura..


D.: C’è maggiore apertura verso la condizione femminile negli strati socialmente e culturalmente più elevati della popolazione maschile?

R.: Non sono così sicura che gli uomini delle classi sociali più elevate siano così consapevoli come appare a prima vista, secondo me c'è un atteggiamento abbastanza comune che è molto radicato a cui non si può fare eccezione. L'ho riscontrato in qualche intellettuale che poi molto spesso si è contraddetto. Per esempio ho incontrato molti uomini che dicono: io sono aperto, per me mia moglie può uscire, può fare ciò che vuole, e poi in realtà non è vero perché c'è una fortissima attenzione ai microcosmi sociali che fanno sì che sia molto grave che un vicino o un gruppo familiare possa vedere che una donna esce da sola non coperta, per esempio. Ciò fa sì che anche uomini molto aperti obblighino poi le donne a comportarsi in un certo modo per non subire una critica sociale. Quindi, come dire, c’è una mentalità molto ristretta da paese, cosa che succedeva anche da noi in Italia, non nella mia generazione, ma nei decenni precedenti. Una ragazza non può uscire da sola perché non sta bene, e credo che per gli uomini in linea di massima, fatta eccezione per qualche intellettuale che poi bisogna vedere dal vivo, vada bene. Sono profondamente convinti di essere nel giusto, non c'è dubbio. Non è perché le donne si sentano inferiori.


Domanda: Forse attraverso il diritto naturale si può arrivare a lanciare oggi qualche discorso, perché mi pare che lei dà per vincente il discorso dei piccoli passi fatti all'interno appoggiati dalle organizzazioni internazionali…

R.: No, non solo da organizzazioni internazionali, ci sono organizzazioni a livello nazionale che operano autonomamente. Ci sono organizzazioni istituite dai governi e poi ci sono associazioni private. Se uno si chiede che cosa si può fare in questo contesto, rispondo che si può sostenere il loro sforzo se si riesce a mantenere un contatto con una delle tantissime associazione in loco, per dare quel contributo che si può dare sempre nel rispetto della loro cultura. Io per esempio ho messo in moto dei progetti che continuo a cercare di far funzionare da qui, i miei contatti li continuo a tenere. Sono goccioline, per carità, però hanno il loro valore. Poi ci sono degli organismi ad alto livello nell’ambito delle Nazioni Unite per esempio, che possono dare un forte contributo. Il programma di sviluppo delle Nazioni Unite lavora moltissimo su questo. Internet ormai fa sì che io possa comunicare con alcune mie amiche yemenite, a parte il telefono, a parte andarci, fa sì che io possa continuare ad appoggiarle. Del resto il caso di Amina ne è una prova, in cinque minuti si è lanciato il tam tam che ha funzionato non solo in Italia ma anche in altri paesi. Quindi se c'è un contatto delle cose si possono fare. Senza immaginare di salvare il mondo, non dobbiamo mai dire: questo non mi appartiene. Dobbiamo agire lì dove si può agire, dove sappiamo che esistono queste situazioni e troviamo anche giusto fare qualcosa, qualcosa di costruttivo ovviamente, non così tanto per fare.


Domanda: A livello economico in questi stati tipo Marocco, Algeria e lo stesso Egitto, c'è un grosso problema per il divario che c'è tra la classe dirigente che è benestante, molto ricca e piena di privilegi, e la classe diseredata?

R.: È un grosso problema, anzi più poveri sono i paesi, tipo lo Yemen, più ampie sono le differenze tra le classi, è veramente una cosa sconcertante.


Domanda: L' esperienza ci dice che il cambiamento arriva proprio dalla combinazione di questi due elementi, da una parte gli strumenti economici - per esempio l'apertura al mercato del lavoro, l'apertura delle frontiere, l'apertura al turismo – dall’altra la circolazione delle idee (che poi avvenga attraverso la televisione o attraverso Internet dipende dall’efficacia e della capillarità dei mezzi). Ma tutti e due i fattori sono importanti due perché se c'è benessere economico ma non c'è circolazione di idee, la situazione rimane comunque ingessata. Come d'altro canto se è vero che esiste un centro dove è possibile accedere a Internet o accedere a una formazione professionale, ma se ci possono andare soltanto una donna su 100 dovremmo aspettare tempi biblici perché questi semini portino frutto. Se invece c'è una circolazione delle idee capillare via Internet, via televisione, via turismo

R.: Il turismo a mio avviso è dirompente in questi paesi, non credo che possa vere un effetto positivo. Per esempio in Egitto è aberrante nella zona del Mar Rosso molto conosciuta. Il turismo di massa che hanno realizzato a Sharm el Sheik, appositamente isolato dalla popolazione locale, a parte le antiche rovine potrebbe essere fatto dovunque. Stando a Sharm el Sheik non c'è quasi nessun contatto con la popolazione. La fasulla situazione fatta di grandi alberghi, di discoteche per gli europei ma non ha nulla a che vedere con gli Egiziani locali o delle zone vicine. Che poi tra l'altro nel Sinai sono nomadi, beduini, c’è proprio un distacco totale. Perciò nello Yemen c'è un grosso freno allo sviluppo turistico oltre al livello attuale. Ci sono gruppi che vorrebbero fare chissà che cosa e c'è un nucleo abbastanza forte che si oppone. Il turismo potrebbe, in alcune zone, creare dei grossi problemi per la popolazione locale che non potrebbe mai accettare una situazione simile a quella di Sharm el Sheik. Perciò un ulteriore sviluppo del turismo non può ancora avvenire e spero che non avvenga mai.


Domanda: Volevo riagganciarmi al discorso del progresso civile causato in parte anche da un progresso economico. Non è detto che il cambiamento dell'economia porti un miglioramento, per esempio, dei diritti umani. Nel caso della Cina, dopo l'89 c'è stato un grande cambiamento economico che ha portato scompensi nella società cinese e sacche di disoccupazione, spostamenti di popolazione dalle campagne alle città. Grandi casini, aumento vertiginoso della criminalità, repressione, aumento della pena di morte, c'è stato un enorme cambiamento economico, addirittura un cambiamento economico imposto per così dire anche dall'alto, dal partito, dal governo. Lì sembra che non abbia portato a un miglioramento, a una democratizzazione effettiva del paese. Bisogna vedere poi se la visione che oggi abbiamo della Cina dipende dal fatto che circola più informazione adesso di quanta ne circolava prima. Può darsi che qualcosa sia migliorato, però bisogna stare attenti, bisogna vedere anche che tipo di miglioramento economico si verifica, se è uno sviluppo sostenibile o è una selvaggia introduzione della legge del mercato.

R.: Se il cambiamento economico è troppo basato sulla legge del più forte, allora non crea grandi miglioramenti politici e culturali.


Domanda: Per tornare al ripudio, la donna ripudiato si porta appresso i figli?

R.:Molto spesso sì, con tutti i problemi che ne derivano. C'è il ripudio che rispetta la regola islamica in cui la donna che viene mandata via ha qualche tutela e diritto nei confronti del marito il quale deve far fronte a determinate necessità. Tuttavia gli obblighi del marito vengono meno il più delle volte. In un caso ho visto una donna che ha avuto un secondo figlio e, siccome ha avuto una infezione al seno, non poteva allattare questo bambino. Il marito ha detto che lei era una incapace, che lui non poteva comprare di nuovo il latte in polvere. Ha preso quindi moglie, bebè e figlio di un anno e li ha messi fuori di casa. E lo ha potuto fare. Questi casi sono frequenti soprattutto nei ceti sociali medio bassi. Per far fronte a questi problemi, che sono comuni, nascono delle associazioni. Le donne si aggregano in queste associazioni che cercano di dare una possibilità di istruzione, di lavoro, di sussistenza alle ripudiate. Nei ceti più abbienti il ripudio può essere sostituito dalla rotazione di una nuova moglie. Ho conosciuto un imprenditore del sud dello Yemen, un ragazzo giovane molto in gamba, fierissimo di dire che lui ha quattro mogli che vivono tutte insieme pacificamente e nove figli. È ricco quindi la cosa non mi ha turbato perché lui se lo può permettere.


Domanda: A me colpisce una cosa, che spesso nei paesi islamici più arretrati ci sia un Ministro dei diritti umani, cosa che si vorrebbe ottenere anche in Italia. Il concetto dei diritti umani è un concetto estraneo alla cultura islamica tra l'altro, però questi paesi hanno questo Ministro, che in certi casi ha anche un minimo di potere. Questa cosa mi colpisce abbastanza.

Domanda: Anche noi abbiamo delle zone del nostro territorio che sono controllate dalla mafia, dalla 'ndrangheta. Queste aggregazioni sono decenni e decenni, forse secoli, che esistono, però questi gruppi nella nostra cultura sono comunque delle associazioni a delinquere che lo stato più o meno cerca di contrastare e se non lo fa, fa male. Si creano delle situazioni antigiuridiche, io non ho capito quando lei parla di livello di legge tribale se parla invece di ordinamenti giuridici legali oppure sono usi e costumi criminosi?

R.: Sono usi che noi definiamo criminosi che però per loro non sono criminosi, tanto è vero che la vendetta è insita nella mentalità islamica ed è una forza dirompente. Si è innescata ultimamente in una città una serie di crimini legati alle vendette, cioè io ammazzo te poi lui ammazza mio fratello, poi la moglie… Insomma una catena tale per cui per la prima volta è scesa in piazza la popolazione, donne e uomini, contro questa faida. È stato un evento importantissimo, perché è nata una reazione, probabilmente stimolata dal governatore di quell’area, perché veramente la popolazione era esasperata. Non ne potevano più di questa catena d omicidi. Non è molto diverso da quello che succede da noi, solo che lì c'è un motivo di onore, non legato a malavita, a furti. Basta che uno insulti un altro e già scatta o può scattare la vendetta, basta un insulto a volte a scatenare un pandemonio. Per non parlare degli intrighi di donne. Se un uomo tocca una donna ci sono delle reazioni che non sono necessariamente di origine delinquenziale.


Domanda: La volta scorsa si parlava dell’Afghanistan, si parlava di come stesse sorgendo nel territorio un diritto costituzionale, e anche veniva fuori che ci sono diversi ambiti di giurisdizione. Noi occidentali siamo legati ad un’idea di Stato che controlla tutto il suo territorio, per cui se di fatto poi c'è un’altra organizzazione che governa su una zona è solo una questione di fatto, perché lo Stato non riesce a debellarlo, ma nel momento in cui riuscisse a debellarlo non ci sarebbe. Cioè la camorra la trattiamo comunque come un fatto illecito perché concorre con lo Stato su un territorio che deve essere invece esclusiva pertinenza della legislazione statale. In questi paesi invece per la vastità del territorio, per il fatto che la struttura statuale sta appena sorgendo come struttura centralizzata, ci sono zone del territorio dove la legislazione statale proprie non arriva. E quindi dove ci sono le tribù ecco l'altra legislazione, e non c'è nemmeno un problema di riconoscimento reciproco?

R.: Il capo tribù è un leader importantissimo e la tribù è una realtà forte in cui a volte si identifica un vasto numero di persone, quindi riprendendo quello che dicevo prima, è vero che esistono le leggi civili ma quanto è difficile riuscire a farle rispettare, a entrare nella mentalità della gente, a trovare degli equilibri. Proprio perché le si contrappone una di queste due grandissime forze, la legge islamica o la legge tribale, in alcuni paesi tutte e due. In Egitto non c'è la legge tribale, credo proprio ci sia solo in alcune zone di nomadi e di beduini nel Sinai, non è come nello Yemen. Nell' Iran accade lo stesso però c'è la famiglia allargata che può avere un ruolo simile alla tribù, quindi è proprio lì la difficoltà, io sono abbastanza ottimista in tempi lunghi, per ora succedono queste cose, per ora non c'è un equilibrio su questo. Penso che sia importante che ci sia un Ministro dei diritti umani, perché comincia ad esserci una qualche garanzia, un interlocutore se vogliamo. Al limite c'è un interlocutore, c'è qualcuno a cui si ci si può rivolgere. Bisogna ragionare così, non si può immaginare che sia subito tutto come vorremmo.


Domanda: Nel caso di Amina la Ministra in che posizione è ora? Ha perso qualcosa politicamente?

R: No non credo, spero di no. Quando sono partita era un po' in crisi perché rischiava di perdere il posto, essendo l'unica donna nel governo. Ecco sono queste le cose importanti, forse un po' di anni fa non le avrei valutate come adesso. Ora mi rendo conto quanto è importante una donna ministro. Sembra irrisorio che ci sia una sola donna Ministro, che cosa potrà mai fare? Invece è importantissimo. Lei è di origine del sud quindi è molto evoluta, parla molto bene l'inglese, è una giornalista di formazione, è una che crede in quello che fa. E’ una che ci crede anche se si deve comunque barcamenare in un mondo di pescecani. L'hanno messa lì perché credo che lei abbia raccolto parecchi voti per il partito del Presidente. È comunque importante che ci sia.


Domanda: Giovani che vengono a studiare in Italia ce ne sono ?

R.: Ci sono sempre più giovani che vengono a studiare in Europa. Anche qui in Italia c'è una forte cooperazione di medici, c'è una collaborazione con un medico in particolare che fa operazioni ai bambini e ai neonati cardiopatici, che lavora all'ospedale di Massa Carrara. Con lui si è innescato uno scambio di medici che vanno e vengono. Lui viene e va nello Yemen, insomma c'è uno scambio. E poi qualcuno c’è anche qui alla Sapienza e a Milano.


Domanda: Non capisco come Amina abbia danneggiato in qualche modo la Ministra dei Diritti umani.

R.: Non l’ha danneggiata Amina, l'hanno danneggiata lo scandalo e la pressione internazionale.


Domanda: Quante donne sono come Amina?

R.: Ce ne sono altri quattro casi che rischiano lo stesso la pena di morte.


Domanda: La vicenda di Amina che cosa ha portato concretamente?

R.: Concretamente a livello di vasta popolazione a mio avviso nello Yemen non ha avuto molta risonanza. Pochi sanno, lo sanno più all'estero. E’ una contraddizione anche quella. Ne hanno parlato i giornali arabi, quindi chi accede al giornale ne ha sentito parlare come di un fatto importante. Ne hanno parlato per parecchio tempo.


Domanda: Si parla di Amina, si parla delle bambine spose ma quand’è che si parla anche dei ragazzi, dei bambini che lavorano? A volte mi sembra stridente l'attenzione che poniamo su questi paesi, cioè sembra che questa attenzione sia sempre, in qualche modo, manipolata dall’esterno, mirata ad un obiettivo a me sconosciuto. Si parla di queste donne spose, come diceva il signore. A me non scandalizza perché mia nonna si è sposata a 14 anni, io penso che per la loro cultura è normale.

R.: Se sua nonna si è sposata perché ha voluto sposarsi, perché era innamorata, e perché ha fatto quello che lei riteneva giusto nessuno si scandalizza, se a sua nonna è stato imposto un marito e l'hanno obbligata a sposarsi a 15 anni anche lì non è una cosa giusta, è in gioco la libertà della persona. Sposarsi a 15 anni per scelta personale perché due persone ritengono che è giusto e c'è la libertà di scelta questo mi va bene. Ognuno fa quello che crede. Se invece la donna è costretta a mio avviso non è una istituzione da sostenere. Tantissime donne nelle passate generazioni sono state obbligate, però adesso se ne parla in negativo. I costumi si evolvono perché le persone si muovono. Si comincia a venir fuori dal posto in cui si nasce, si incominciano ad incontrare donne che rifiutano di sposare l'uomo che viene imposto dalla famiglia. E’ impensabile però rovesciare certi costumi dall’esterno perché noi li troviamo scandalosi, non avrebbe senso. Tutto il discorso che ho fatto stasera è sempre basato sulla prospettiva che le innovazioni vengano dall’interno dei paesi islamici. E’ proprio la base di tutto quello che facciamo. Non mi sognerei mai di andare a dir loro una cosa se non ci fosse una richiesta in merito che incomincia a farsi sentire, anche se non è ancora totalmente estesa. Per quanto riguarda Amina c'è il senso della colpevolezza. Se le donne pensano che Amina è colpevole bisogna stare molto attenti. Il discorso della pena di morte è molto più occidentale anche se è giusto battersi contro la pena di morte. Ci sono settori della popolazione yemenita che sono contro la pena di morte, però se si va per strada e si chiede ad una donna: tu che cosa pensi di Amina? Se questa ritiene che è colpevole può anche dire: ben le sta, se lo merita. Una valutazione matura di questi casi è limitata a fasce molto ristrette della popolazione.


Domanda: A proposito dei bambini che lavorano, proprio sui bambini arabi io ho qui un articolo. Dice il titolo: "Senza cibo e deformati così nel deserto si allenano i baby fantini" non so se a lei è noto questo fenomeno. Cito: "Devono essere sottili come giunchi, molto bassi e leggeri come piume, vengono mal nutriti fin quasi alla fame perché non aumentino di peso e compressi in fasciature molto strette per rallentarne la crescita, così servono al business che imperversa in tutti i paesi arabi, che muove miliardi e si allarga a vista d'occhio e in tutta l'area. Nelle corse di cammelli con scommesse, i fantini sono bimbi, migliaia di bimbi, i genitori li vendono ai trafficanti, vengono pagati con cifre modeste che pure per le famiglie rappresentano la conquista del benessere.” E si sa che lo sfruttamento dei bambini è un business che supera in miliardi quello del traffico delle armi.

R.: Si, anche nello Yemen c'è un traffico di ragazzini con l' Arabia Saudita, lo sanno tutti, ma continua.