Incontri di discernimento e solidarietà
 
  • Download

  • Puoi scaricare l'intero file nei seguenti formati:
  • Microsoft Word - Scarica in formato Microsoft Word (53 KB)
  • Adobe Acrobat PDF - Scarica in formato Adobe Acrobat PDF (50 KB)
 
I DIRITTI UMANI. CODIFICAZIONE E VERIFICHE

IL DIFFICILE CAMMINO DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO

Relazione introduttiva Prof. Roberto Fantini

Coordinamento Educazione ai diritti umani di Amnesty International




Premessa


I diritti umani hanno una lunga storia. In un certo senso, la loro storia coincide con la storia del pensiero dell’uomo e, nello stesso tempo, con quella dei suoi innumerevoli errori. Una lunga strada composta da mille e mille sentieri che si intrecciano, che si allontanano, che si sovrappongono. Sentieri a loro volta tortuosi, come il letto di un corso d’acqua che, scendendo a valle, da rivolo si fa ruscello e, fra gole, rapide ed anse, lentamente, ma travolgentemente, si fa fiume.

I d. u. vengono da lontano, come l’uomo. Hanno mille e mille radici, mille e mille anime. Nel loro cammino ci troviamo tutta la storia dell’uomo alla ricerca di sé, di un uomo che si interroga sulla sua natura, sul suo destino, sul senso del suo esistere, sui suoi bisogni, sulle sue aspirazioni, sui suoi rapporti con gli altri esseri viventi. C’è l’uomo che si chiede il perché del soffrire, il perché delle ingiustizie. C’è l’uomo che crede nella possibilità di usare la ragione per porre fine all’orrore della violenza, non certo al soffrire in sé, ma almeno al soffrire provocato dall’uomo (quello più odioso, quello più inaccettabile). I d. u., come afferma A. Cassese, sono il coraggioso, forse presuntuoso ( ed anche chimerico! ) tentativo dell’uomo di imporre la razionalità alla storia. Di porre un argine al dolore che essa contiene.



Ma parlare di d. u. è ogni giorno più difficile. I d. u., infatti, stanno vivendo, oggi, l’oltraggio e l’attacco più duro. La bandiera dei d. u. è, ovunque, in mano a tutti. Tutti la sventolano, tutti fanno a gara per sventolarla sopra le teste altrui, cercando di attirarne l’attenzione e l’ammirazione. Non c’è crimine politico, nel contempo, che non si compia all’ombra di questa bandiera, onorata sulla ribalta e dissacrata e fatta a pezzi nell’ombra.

Ogni discorso sui d. u. è diventato, ormai, terreno di insidie, e rischia, inevitabilmente, di essere ascoltato nel sospetto e nella diffidenza. Corriamo il pericolo, nell’attuale trionfo dell’inganno e della mistificazione, che le persone moralmente e intellettualmente oneste e, soprattutto, i popoli affamati, rapinati e bombardati perdano ogni fiducia nella possibilità di far diventare i d. u. il vero centro, la vera sostanza della propria esistenza.

Cercare di contribuire a tenere accesa questa vacillante fiducia, quindi, è quanto mai indispensabile.

In questo mio breve lavoro, all’interno di questa prospettiva, proverò ad individuare, in maniera estremamente sintetica ( e, pertanto, inevitabilmente sommaria) alcune delle principali esperienze culturali della storia del mondo occidentale che, a mio avviso, hanno fornito un contributo particolarmente importante alla genesi del concetto di d. u.. Ciò non soltanto in vista di una opportuna definizione storico-filosofica di detto concetto, ma anche in vista di una più consapevole presa di coscienza della complessità e della ricchezza degli “ingredienti umani” che hanno interagito all’interno di questo processo evolutivo.

Anche se la mia attenzione si soffermerà soprattutto su alcune tappe della storia culturale del mondo occidentale, ciò non deve essere interpretato come un voler escludere le altre civiltà in nome di un assai discutibile etnocentrismo. E’ mia convinzione, infatti, che concetti e valori di derivazione extraeuropea si siano intrecciati con elementi di matrice occidentale, favorendone e condizionandone lo sviluppo, e che, quindi, sia impossibile tracciare una linea divisoria netta tra ciò che chiamiamo “occidente” e ciò che chiamiamo “oriente”. Tuttavia, prendere in considerazione i punti di contatto e di convergenza fra questi due sconfinati universi richiederebbe ben altri tempi e ben altre risorse.



Qualche tappa fondamentale


Partirò da una frase di A. Einstein:


“L’esistenza e il valore dei diritti dell’uomo non stanno scritti nelle stelle…Una gran parte della storia è perciò occupata dalla lotta per quei diritti dell’uomo, una lotta eterna nella quale la vittoria finale non può mai essere raggiunta. La rinuncia a questa lotta significherebbe però la rovina della società.”



Affermare che “l’esistenza e il valore dei diritti dell’uomo non stanno scritti nelle stelle” vuole dire che non rappresentano una realtà ontologicamente autonoma rispetto a quella umana, bensì rappresentano qualcosa che esiste e che ha senso solo in relazione al soggetto umano (anzi ai vari, infiniti soggetti umani). Non sono, cioè, qualcosa di “oggettivo”, ma sono, potremmo dire, “nostra rappresentazione”. Il che, ovviamente, non dovrebbe essere inteso come una sottrazione di significato, bensì come massima valorizzazione di essi. I d. u., infatti, esistono solo grazie a noi che scegliamo di farli esistere e hanno gli aspetti quantitativi e qualitativi che noi siamo disposti ad attribuire loro. Sono una nostra creatura, terribilmente fragile e immensamente bisognosa di attenzioni. Da un punto di vista storico-culturale, questo implica, necessariamente, che questa creatura ci è nata in grembo non per interventi soprannaturali o per fatti puramente accidentali, ma grazie ad una serie di esperienze-scelte-conquiste che si sono intrecciate fra loro nel tempo.


Proverò a gettare lo sguardo almeno su quelle che, a mio avviso, hanno svolto una funzione particolarmente importante.


La civiltà umanistico – rinascimentale ha saputo fornire al cammino dei d. u. un contributo davvero straordinario e rappresenta, quindi, forse la tappa storicamente più significativa, la grande matrice da cui discenderanno giusnaturalismo, liberalismo, i caratteri fondamentali del pensiero democratico e, per certi aspetti, anche istanze di natura socialista. Essa ha combinato insieme elementi di derivazione greco-latina ed elementi giudaico-cristiani, in uno slancio sincretistico che include esperienze culturali del vicino e del lontano oriente. Già questa voglia di universalità, di cogliere quanto unisce al di là di ciò che divide ( ben presente in Cusano, in Ficino e, soprattutto, in Pico della Mirandola ) rappresenta qualcosa di fortemente innovativo. E tale aspirazione ad abbattere barriere (tra paganesimo e cristianesimo, tra platonismo e aristotelismo, tra “aldiqua” e “aldilà”, tra terra e cielo, tra uomo e dio) mira ad affermare il valore supremo dell’unità, dell’intima inscindibile comunione che tutto e tutti abbraccia e che, pertanto, siamo chiamati a scoprire e a rispettare. Potremmo dire che è questa la culla ideologica del principio della tolleranza e dell’aspirazione alla pace (Erasmo), nonché del valore dell’uguaglianza che si affermeranno in maniera più piena nella civiltà illuministica.


Altro concetto-chiave che emerge con grande incisività all’interno del pensiero e della sensibilità umanistico-rinascimentali è quello della dignità dell’uomo. L’essere umano viene percepito in una dimensione globale, come essere calato nella mondanità (pur non essendovi rinchiuso), e , come tale, chiamato a svolgervi un ruolo attivo e creativo, ad imporvi la sua intelligenza e la sua volontà, a farsi, in un certo senso, erede in terra dell’opera creatrice e ordinatrice di Dio. L’essere umano, quindi, appare come una realtà pregna di valenze positive, come un essere chiamato a progettare e a progettarsi, ad inventare, a costruire e, addirittura, a scegliere il suo posto nel mondo, la sua stessa natura, il suo stesso destino. E ciò non contro Dio, ma in piena armonia con i suoi disegni, che all’uomo hanno conferito un ruolo assolutamente unico in tutto il creato.

Credo sia evidente come questo tipo di concezioni abbiano potuto preparare il terreno a quelli che saranno i principi portanti della civiltà illuministica e che troveranno il più maturo frutto nella proposta etica kantiana. Le tre formule dell’imperativo categorico infatti (universalità, dignità della persona umana, autonomia), contengono, a mio avviso, un chiaro progetto di rifondazione dei rapporti umani, liberati da ogni sorta di condizionamento ideologico, edonistico ed utilitaristico, e basati sul riconoscimento di quella che potremmo definire la pari dignità di tutti gli uomini in quanto esseri pensanti e in quanto esseri dotati di coscienza morale, come tali destinati a vivere nel rispetto reciproco di sé e del proprio autonomo cammino.



Per concludere

Un altro concetto che ritengo abbia svolto un importante ruolo nel difficile cammino dei d. u. è quello della debolezza, della fragilità, della precarietà dell’essere umano. Concetto questo che potrebbe apparire in antitesi con quelli precedentemente sottolineati, ma che, nel tempo (soprattutto dall’illuminismo ai nostri giorni ), si è venuto ad impastare con essi, producendo quel fertile impasto da cui sarebbe scaturita la filosofia che sta alla base della Dichiarazione dei diritti umani del 1948. Intendo dire, cioè, che i d. u. non sono stati percepiti ed affermati soltanto come qualcosa che spetta all’uomo per ciò che l’uomo è e per quello a cui esso aspira, ma anche ( e potremmo dire soprattutto ) come la condizione primaria e inderogabile per sottrarlo ( per quanto umanamente possibile ) all’ingiuria del caso e alla crudeltà della violenza insita nel vivere stesso.

Potremmo dire, in conclusione, che i d. u. sono nati da un grande sogno di felicità estesa all’ umanità intera, che ha tratto alimento dalla constatazione visceralmente sentita che è la condizione del dolore a cui tutti siamo sottoposti a renderci massimamente e incancellabilmente “fratelli”. E che, di conseguenza, l’unico destino degno di essere accolto è quello dell’affratellamento progressivo di individui e gruppi umani, in una sorta di grande coalizione agapica, simile a quanto prospettato dal Leopardi della “Ginestra”.

Da ciò discende, allora, che, sul piano educativo, culturale e politico, andrebbe favorito, in maniera convinta e sistematica, tutto ciò che può aiutarci a scoprirci “prossimo”, a provare empatia, a produrre, sviluppare e diffondere solidarietà.


Tutte cose difficili, forse utopiche, forse, addirittura, impossibili… Ma, per riprendere le parole di Einstein, rinunciare


“a questa lotta significherebbe però la rovina della società”…




 

 

APPENDICI



Suggerimenti bibliografici essenziali


N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, 1988.


A. Cassese, I diritti umani nel mondo contemporaneo, Laterza, 1988.


G. Giliberti, Diritti umani, Thema Editore, 1993.


Amnesty International, Introduzione ai diritti umani, ECP, 1998.


Amnesty International, Combattere la fame difendere la libertà, ECP, 1994.


Amnesty International, Educazione ai Diritti umani, Provincia di Roma, 1993


Antonio Marchesi – I diritti dell’uomo e le Nazioni Unite, Franco Angeli, 1996


Le droits de l’homme, Anthologie présentée par Jean-Jacques Gandini, Librio, 2003




www.amnesty.org


www.amnesty.it



Documenti e date fondamentali


La storia dei diritti umani è lunga quanto quella della civiltà. Comincia nel momento in cui vengono scritte le prime leggi tendenti a limitare l’arbitrio del potere nei riguardi degli individui e dei gruppi che formano la società, ma si sviluppa in forma nuova, esplicita e solenne nell’età moderna.


Il primo importante documento riguardante i diritti dell’uomo è la Magna Charta libertatum, la cui prima stesura - da parte degli Inglesi fuggiti in Francia dopo essersi ribellati al re Giovanni Senza Terra - è del 1215. In essa il potere politico garantisce diritti e libertà dei gruppi sociali e dei cittadini, come ad esempio il diritto a non essere arrestati arbitrariamente e la libertà di circolazione.


Il movimento per i diritti si sviluppa specialmente in Inghilterra. E’ del 1628 la Petizione dei diritti (del Parlamento nei riguardi di Carlo I) istituzionalizzata nel 1679 con l’Habeas Corpus (nei riguardi di Carlo II). L’Habeas Corpus è “una legge per meglio garantire la libertà dei soggetti” che riconosce ad un cittadino che venga arrestato il diritto di essere presentato ad un organo giudiziario che decida sulla legittimità del suo arresto, nel caso non ricorrano i presupposti per la detenzione la legge prevede che il cittadino venga rilasciato.


Segue nel 1689 il “Bill of Rights” che costituisce la base della Costituzione inglese e pone fine alla monarchia assoluta degli Stuart (abdicazione di Giacomo II il Cattolico, cui succede Guglielmo III d’Orange che giura fedeltà alla Costituzione).


Il primo testo sui diritti umani che ha le caratteristiche di quelli attualmente in vigore è il “Virginia Bill of Rights” del 1776. La parte essenziale di tale carta costituisce il nucleo della “Dichiarazione di indipendenza” degli Stati Uniti del 4 luglio 1776. Thomas Jefferson è il principale autore della dichiarazione. Essa considera “verità evidenti di per sé che gli uomini nascono uguali, che il Creatore li ha dotati di certi diritti inalienabili tra i quali vi sono la vita, la libertà, la ricerca della felicità” e afferma che “i governi sono stati istituiti per garantire questi diritti”.


E’ un’idea illuminista sviluppatasi in tutto il XVIII secolo quella di una nuova società, governata in maniera democratica, che assicuri a tutti i cittadini l’uguaglianza nel trattamento giuridico, il cui fine sia la felicità degli individui.


Nel 1789 la rivoluzione francese pone fine alla monarchia assoluta (4 agosto) e proclama il 26 agosto la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” ispirata alla Dichiarazione dei indipendenza americana del 1776. Essa è ‘universale’ in quanto si rivolge agli uomini di tutti i tempi e di tutti i paesi e definisce alcuni “diritti naturali, inalienabili e sacri” il più prezioso dei quali è il diritto alla libertà, al quale conferisce un senso l’uguaglianza tra gli individui. Articolo 1: “Gli uomini nascono liberi ed uguali in diritti”. Articolo 2: “Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali dell’uomo. Questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.” La Dichiarazione afferma che i mali nelle relazioni umane derivano dalla violazione dei diritti: “L’ignoranza, l’oblio, e il disprezzo dei diritti dell’uomo sono la sola causa della disgrazia pubblica.”


I primi diritti ad essere affermati sono stati dunque quelli civili e politici. Nel 1793 la bozza di un nuovo testo costituzionale francese afferma i primi diritti economici e sociali, come il diritto all’aiuto sociale dei cittadini svantaggiati, ma tale costituzione non verrà mai approvata. Nell’Ottocento si sviluppa il dibattito intorno al binomio ‘diritti civili e politici’ e ‘diritti sociali ed economici’. Alcuni vedono in antitesi questi due tipi di diritti, in particolare Karl Marx vede nel diritto alla proprietà l’archetipo dei diritti consacrati dalla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino e lo vede molto negativamente: “Il diritto dell’uomo alla proprietà privata, è il diritto di godere della propria fortuna e di disporne a piacimento, senza preoccuparsi degli altri, indipendentemente dalla società. E’ il diritto dell’interesse personale.”


In realtà tutti i diritti dell’uomo possono coesistere e integrarsi fra loro armonicamente. Ma bisogna arrivare alla Dichiarazione universale dei Diritti umani” del 10 dicembre 1948 per vedere affermati insieme i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali.



La Dichiarazione universale dei Diritti umani

Alla fine della seconda guerra mondiale l’umanità, riflettendo sulle sciagure inenarrabili e senza precedenti che avevano appena colpito gli individui e i popoli, foriere di ulteriori e più terribili sciagure, decide di porre a fondamento delle relazioni tra gli uomini una struttura e dei principi che garantiscano l’umanità dal ripetersi di tali sciagure. Per la prima volta la dottrina e la pratica dei Diritti umani viene posta alla base di una organizzazione universale deputata al mantenimento della pace nel mondo.

Il 26 giugno del 1945 a San Francisco nasce la Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite nel cui Preambolo si stabilisce l’obiettivo di “salvare le future generazioni dai flagelli della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità” e si riafferma “la fede nei diritti fondamentali della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole.”


La Commissione incaricata di studiare una Dichiarazione universale dei Diritti umani è presieduta da Eleanor Roosevelt, vedova del presidente americano morto nel 1945. Il dott. Ciang, cinese, è il vice presidente, il libanese Charles Malik è il relatore. Il giurista francese René Cassin definisce l’impianto della Dichiarazione ed ha un ruolo fondamentale nella sua stesura.


Il preambolo della Dichiarazione universale dei Diritti umani, approvata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale del Nazioni Unite, afferma che “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo” e che “il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità” mentre “l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta ispirazione dell’uomo.”


Lo stesso Cassin classifica in diverse categorie i diritti codificati nei 30 articoli della Dichiarazione.


Gli articoli 1 e 2 affermano i principi generali di libertà, uguaglianza, non discriminazione e fraternità.


In particolare, l’articolo 1 recita: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” Il richiamo alla ‘ragione’ sta ad indicare che i rapporti tra gli uomini devono essere regolati dalle regole comuni e non dalla forza e dall’istinto. Il richiamo alla ‘coscienza’ indica la necessità di una valutazione etica degli atti che si compiono. Il richiamo alla ‘fratellanza’ traccia per l’umanità un cammino caratterizzato dalla solidarietà e dalla reciprocità.


Gli articoli che vanno dal 3 al 21 affermano i diritti civili e politici.


Gli articoli che vanno dal 22 al 27 affermano i diritti economici, sociali e culturali.


Gli articoli 28 e 29 riguardano i rapporti tra l’individuo e la società.


L’articolo 30 intende proteggere la Dichiarazione da interpretazioni che ne contraddicano contenuti e finalità.


La Dichiarazione universale dei Diritti umani ha un incommensurabile valore morale e di principio ma non vincola gli stati sul piano del diritto. Da essa sono conseguiti però numerosi trattati internazionali che obbligano gli stati sottoscrittori al rispetto dei diritti dell’uomo. I primi due di tali trattati sono i fondamentali ‘patti’ approvati dall’Onu il 16 dicembre 1966: Il Patto internazionale dei Diritti Civili e politici e il Patto internazionale dei Diritti economici, sociali e culturali. Come disse Cassin, la Dichiarazione rappresenta la pala centrale di un trittico completato dai due Patti.


La Dichiarazione universale dei Diritti umani ha influenzato la stesura delle più recenti costituzioni nazionali. Le norme dettate dai trattati conseguenti alla Dichiarazione sono state recepite, almeno in parte, nelle leggi di tutti gli stati del mondo.