Incontri di discernimento e solidarietà
 
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LECTIO MUNDI 2005 - I DIRITTI UMANI. CODIFICAZIONE E VERIFICHE

I «DIRITTI FONDAMENTALI» NELLA COSTITUZIONE EUROPEA DEL 2004

Relazione introduttiva Prof. Gianni Mattioli

Ex Ministro delle Politiche Comunitarie.

 


PREMESSA

Nel “Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa” firmato a Roma il 29 ottobre del 2004, la Parte II incorpora, senza rilevanti modifiche, la Carta dei diritti fondamentali sottoscritta il 7 dicembre del 2000 in occasione del Consiglio europeo di Nizza. “La Carta” – come è scritto nel Preambolo – “riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti dell’ Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni degli Stati membri, dalla Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dall’ Unione e dal Consiglio d’Europa, nonché dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’ Unione europea e da quella della Corte europea dei diritti dell’ uomo”.

L’allargamento dell’ Europa a 25 Stati membri e la prospettiva di un’ulteriore estensione della Comunità ad altri Stati di altre tradizioni culturali (non esclusa quella islamica come la Turchia) rappresentano una grande sfida per la tutela dei diritti «universali» dell’uomo nel mondo, considerata anche la forte attrazione migratoria che i Paesi economicamente più sviluppati dell’Europa esercitano e continueranno ad esercitare nei confronti di popolazioni asiatiche e africane prive di mezzi e oppresse da regimi nient’affatto democratici.


RELAZIONE


Questo ciclo di incontri sulla tematica dei diritti hanno un carattere specifico che ben sarebbe stato interpretato da un giurista; questo però non può essere il taglio che darò a questa mia relazione introduttiva perché non è questo il campo dei miei studi e del mio impegno. Preferisco, invece, rifarmi allo spirito e alle circostanze che portarono al varo della carta dei diritti fondamentali dell' Europa, nel dicembre del 2000 a Nizza. Io ho vissuto quella vicenda nel ruolo istituzionale che ricoprivo come ministro delle politiche comunitarie e quindi vorrei piuttosto parlare del significato di quel testo, nel quadro anche di una vicenda storica che proprio in quel dicembre del 2000 raggiungeva il punto più alto della sua carica di speranza.


L' approvazione della carta dei diritti viene a seguito di alcuni anni in cui era sembrato che l'Europa crescesse dal punto di vista politico con un' incredibile ed entusiasmante accelerazione. Il significato che potevano vedere tutti quelli che seguivano questa vicenda istituzionale, era la netta trasformazione di un’ Europa che era rimasta fino ad allora soprattutto il grande mercato unico, tanto che anche tra gli avvenimenti della vita dell'Unione Europea, quello di maggior spicco era la riunione mensile del mercato unico in cui si affrontavano tutte le questioni in sospeso tra i paesi e soprattutto si faceva avanzare sempre di più questa realtà del mercato unico. Perciò in quegli anni, ma sono ancora questioni aperte, i problemi in evidenza erano la questione del brevetto comunitario, le questioni specifiche del mercato comune e del mercato unico , la circolazione libera, come ricorderete, delle merci ,dei capitali, delle persone. Invece si innescò proprio in quei due o tre anni la grande speranza che l'Unione Europea potesse divenire realmente qualcosa che superava la sua caratterizzazione geografica ed economica per diventare una grande terra dei diritti .


Questa grande speranza fu accompagnata in quegli anni da alcuni eventi importanti. I discorsi che Chirac , Raul, lo stesso Ciampi pronunciarono all'Università Umbot a Berlino disegnavano sempre più nettamente questo spazio comune dei diritti , questa speranza di una vera entità politica. Il culmine venne con la conferenza di Nizza dove si assistette a diversi scontri, peraltro comprensibili e inevitabili, perché bisognava arrivare alla riformulazione delle procedure di voto e sull’ attribuzione ai diversi paesi delle rispettive quote di voti. A tutti noi, però, sembrò che fossero benedetti anche quegli scontri: va bene che i paesi si scontrino su quote di potere, questo è il segno che finalmente noi stiamo aggredendo la carica, il contenuto politico dell’ «Unione» europea ed è chiaro che dove c’è contesa sul potere,non ci sono rose senza spine Ma la contesa stessa è la conseguenza ed il segno della volontà di dar vita a una vera e propria costruzione unitaria.


Come tutti sapete, questa speranza si è infranta un anno dopo, con l’ «11 settembre». Forse la vittima più illustre di quel tragico evento è stata proprio l'Europa, proprio quando Xavier Solana aveva ancora il fiato caldo sul collo per essere stato nominato Ministro degli Esteri dell'Unione Europea ed era un in pieno sviluppo l'operazione dell'allargamento a 25. E invece, alla prima occasione in cui l'Europa doveva presentare se stessa, abbiamo lo sfacelo. Tutti i paesi corrono per conto proprio, alcuni non cercano che un rapporto bilaterale con gli Stati Uniti, e l’ Europa nella sua realtà coesa si sfascia. Da allora noi abbiamo assistito per certi aspetti a delle operazioni miserabili per il livello bassissimo con cui sono state condotte, per altri aspetti più dignitose , più politiche. Alcune di queste posizioni - per noi che ci siamo battuti contro la guerra - possono aver riscosso maggiore simpatia da parte nostra ,come quelle di Chirac o di Schroeder, ma in sostanza tutto questo è il quadro di un disastro al quale le vicende di questi giorni con il No della Francia e dell’Olanda al referendum per l’Europa ha dato un altro colpo, ma il disastro risale a quell’ 11 settembre del 2001 quando si visto che in realtà la costruzione di una Europa politica era in realtà assai più fragile di quello che, illudendoci, pensavamo che fosse.


Ho detto questo per fare il quadro di quello che poteva essere il processo di costruzione di una comunità politica e di come invece sono andate le cose. Si è realizzato molto meno di quanto si sperava, ma restano comunque degli elementi importanti e penso che proprio nella misura in cui riusciremo a difendere questi elementi con le unghie e con i denti, si potrà dire che c'è ancora molta strada da fare ma che in ogni caso un tratto del percorso è stato già compiuto e nella direzione giusta.


In questo cammino, la carta dei diritti fondamentali rappresenta il passaggio più importante, perché poi lo sviluppo che l' ha seguìto - la convenzione per la Carta Costituzionale – non è che una vicenda a un livello abbastanza più modesto. Questa almeno è la mia opinione. Intanto perché la Carta dei Diritti Fondamentali come tale rappresenta oggi la seconda parte del Trattato Costituzionale e ne è diventata parte integrante, così come era tranne alcune modifiche di carattere secondario, e ne mantiene tutto il suo significato e il suo ruolo. Penso che ne rappresenti la parte più significativa. Perché dico questo? perché la filosofia con cui fu vissuta la costruzione della Carta dei Diritti Fondamentali era la filosofia che voleva cogliere il massimo comune denominatore dei diritti presenti e riconosciuti fra tutti i paesi che formano l'Europa. Questa dev'essere la fotografia della realtà esistente. Poi, diremo noi generazione presente, quale è l' Europa che vogliamo, e questa sarà la Carta Costituzionale . Questa era la filosofia con cui fu valutato a Nizza quello che veniva approvato e lanciando a Nizza la nascita della convenzione per la scrittura della Carta Costituzionale, si sottolineava proprio questo formidabile passo in avanti che doveva essere fatto rispetto alla fotografia dell'esistente.


Oggi dobbiamo ringraziare Dio della fotografia dell'esistente perché quella almeno c'è, mentre il passo in avanti ,nella Carta Costituzionale ( in realtà più precisamente i giuristi dicono il Trattato Costituzionale perché di Carta e di “Costituzione ha ben poco, almeno sotto l’aspetto formale che è però anche sostanziale) non si vede. Da questo punto di vista, è molto più innovativa la Carta dei Diritti Fondamentali del 2000 che questo trattato, in cui l'Europa ha rinunciato a indicare una sua missione, ad affermare lo spirito e gli ideali che portano i suoi membri a stare insieme. E invece questo è o si spera che sia il ruolo essenziale dell’ Unione europea in un mondo lacerato, possiamo dire superficialmente dalle tensioni e dalla guerra, ma ancora più profondamente lacerato dal fatto che non può esserci stabilità in un pianeta dove gli interessi generali sono così stravolti e quelli degli Stati più potenti,così iniqui. Può essere stabile un pianeta in cui 600 milioni di abitanti consumano tanta energia quanto gli altri 6 miliardi? è chiaro che se voi andate in giro tra quelle decine e decine di migliaia di tecnici egiziani, filippini, arabi che leggono internet né più né meno di come lo leggiamo noi, per questi il mondo ormai è un mondo piccolo piccolo di cui tutti sanno tutto così come è risaputo che c’ è uno scambio ineguale quando si spostano capitali , risorse, forza lavoro, inseguendo i duri percorsi della valorizzazione del profitto.Evidentemente queste ingiustizie non legittimano agli occhi di nessuno il terrorismo, ma il fatto è che non si guarda con troppa antipatia a chi ha sfilato la serratura dalla gabbia dalla belva, perché in fondo non si guarda con enorme antipatia neanche a quella belva visto che è sotto gli occhi di tutti : l’ iniquità dello scambio ineguale.


In questa situazione dove lo scambio ineguale è non solo enorme ma crescente - non saprei usare altro termine che quello di crimine quotidiano – ci si aspettava che l’ Europa prendesse una posizione più netta e coraggiosa, trattandosi di quella stessa Europa che ha scritto la Carta dei Diritti Convenzionali e in particolare l’affermazione molto impegnativa che "il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri". Il godimento di questi diritti dentro l'Europa fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli «altri» e cioè non solo all’ interno della stessa Comunità Europea ma di tutta la comunità umana e delle generazioni future. Quelli che hanno scritto e approvato la Carta dei Diritti non potevano non sapere che definire quei diritti significava impegnarsi anche una nei confronti dei popoli del pianeta. Nasceva così in quei mesi del 2000 che videro la stesura di quel questo testo, la visione del prosieguo come sviluppo e impegno dell’ Europa a costruire, sia pure con tutto il gradualismo necessario, gli strumenti necessari al governo mondiale della globalizzazione. L'Europa doveva avere questo ruolo di grande protagonista della giustizia e della sostenibilità. Ma di questo ruolo e di questa missione purtroppo nella Carta costituzionale non c’è traccia, anche se nel testo torna quasi fino alla nausea la parola solidarietà. Restiamo come un saltatore che ha vissuto la corsa della Carta dei diritti fondamentali con grande slancio ma poi si arresta e realizza soltanto un risultato assai mediocre.


La Carta dei Diritti si apre con un preambolo che trovo molto bello, anche dal punto di vista letterario. Ve ne leggo i due primi periodi: " i popoli europei, nel creare tra di loro un' unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, d'uguaglianza e di solidarietà. L'unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto; essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”

Trovo questa apertura veramente di grande respiro e ho sempre guardato con stupore alla richiesta del mondo cattolico che si parlasse di radici cristiane. Ma perché? Questo ruolo centrale della persona non è già un tributo e un riconoscimento a questa componente della cultura dell' Europa? . E inoltre sempre in questo preambolo si arriva a indicare fra i compiti che l'unione si da, quello di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile, e qui nella Carta dei Diritti il termine di sostenibilità viene usato in modo assolutamente sobrio, soltanto se non vado errato tre volte, ma in modo pertinente e carico di significati ideali,, politici e sociali.


C’è un altro aspetto molto significativo che vorrei sottolineare, ed è il fatto che se noi leggiamo la parte dedicata ai diritti, vediamo che in tutta questa sezione il testo non parla di “cittadini, ma di “ogni individuo”. Quando noi oggi sentiamo la giusta querelle dei movimenti che si battono tra l’altro per lo stato degli immigrati e perché non ci siano i diritti di cittadinanza ma diritti di residenza. La carta era molto in avanti proprio per l’attenzione a “ogni individuo” senza insistere sulla distinzione tra cittadini e residenti. Su alcuni punti, tuttavia, interviene il termine “cittadino”, punti sui quali da parte di alcuni - ed io sono tra questi - furono espresse riserve e avanzate proposte per la loro correzione.


Si tratta comunque di punti inseriti nel contesto di una parte che rappresentava per sé stessa una tale innovazione per cui noi tutti pensammo che al momento fosse tale il valore della parte innovativa da poter rimandare a un momento successivo la correzione di queste «isole di cittadini»a un momento successivo, a quando, cioè, si sarebbe provveduto alla stesura della Carta Costituzionale. Perché è così innovativa questa parte della Carta del 2000? Perché vi troviamo recepiti tutti i diritti che per tradizione si erano venuti accumulando a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948:diritti di carattere civile e politico, la libertà di associazione e di espressione, la politica, le eleggibilità democratica ai posti di governo e tutti gli altri riconoscimenti formali che i giuristi ben conoscono. Ma nella Carta europea del 2000 la parte che non esisto a considerare straordinariamente innovativa è l’irruzione nel testo dei diritti sociali ed economici. Ed è in questa parte che qua e là qualche riferimento ai “cittadini” è rimasta, anche per la battaglia condotta dalla rappresentanza della Regno Unito e che ha portato com’era naturale a qualche accomodamento e a qualche riferimento più o meno esplicito alle legislazioni nazionali.


In realtà su questo punto ci fu un vero scontro, tra la Germania e la Francia da un lato, e la Gran Bretagna dall’altro, ma devo dire con orgoglio che allora l'Italia giocò una bella partita. La struttura della convenzione è la stessa struttura che ha portato alla Carta Costituzionale, con la partecipazione dei governi e dei parlamentari, tra cui il Professore Stefano Rodotà rappresentante designato per l’Italia. Professore Rodotà .


L'Italia è stata l'unico paese che ha accompagnato il percorso della convenzione con delle audizioni Noi organizzammo audizioni con tutte le associazioni riconosciute nell'elenco delle associazioni per i diritti di cittadinanza, abbiamo incontrato tutti, compresi i centri sociali , i sindacati , i sindacati dei lavoratori, tutte le associazioni: delle imprese, dei consumatori, quelle per le libertà civili e quelle ambientaliste. Al termine di queste incontri si redigeva un verbale con le richieste che questo mondo associativo avanzava, e il governo, nel ruolo del Ministro delle politiche comunitarie, vedeva quali di queste istanze venivano fatte proprie dal governo perché questi erano incontri tra il governo di questo mondo associativo. Il governo allora dava mandato a Stefano Rodotà di rappresentare le richieste che il governo italiano aveva fatto proprie. Devo dire che Rodotà è stato veramente un leone, ottenendo molte delle cose che il governo italiano chiedeva. . Era accompagnato poi dai rappresentanti della Camera, del Senato e del Parlamento Europeo italiani tra cui vi era anche un esponente di Forza Italia; anche i parlamentari italiani trovarono su questo fronte una loro unità, e non solo all’interno del centro-sinistra, per sostenere le proposte avanzate da Rodotà in sede europea.


Adesso poche parole sui contenuti della Carta. E’è inutile stare qui ad elencare tutti i diritti politici e civili che sono quelli che voi potete facilmente immaginare. Il primo capitolo riguarda la dignità della persona, con il diritto alla vita e il rifiuto della pena di morte, il diritto all'integrità fisica e psichica della persona, il divieto di pratiche genetiche, il divieto - che è di grande attualità in questi giorni - della clonazione riproduttiva, il divieto alla tortura e alla schiavitù, i diritti come codificati nei testi classici alla libertà e alla sicurezza, e appunto le varie dichiarazioni che si erano succedute della Comunità Europea e del Consiglio d'Europa, la Carta Europea dei diritti dell'uomo, la Carta delle Nazioni Unite e poi via via, attraverso i diversi capitoli. Anche qui, su alcuni punti ci furono scontri molto duri, come per esempio l'articolo 9 in cui è previsto il diritto a sposarsi e a costituire una famiglia, in cui la dizione venne formulata in termini volutamente generali. Emerse lì quello che io credo sia un principio fondamentale e a cui personalmente tengo molto: la laicità dello Stato. In base a questo principio, bisogna affermare con grande fermezza che vanno tutelate e difese anche quelle forme di “famiglia” diverse da quelle che noi come cattolici sceglieremmo. La non-rigidità voluta dalla Costituzione in questa materia è il segno di una stagione positiva di aperture sui diritti da garantire “a ogni individuo” e c’è da augurarsi che questa stagione continui e porti i suoi frutti.


Il testo contiene altre affermazioni e riconoscimenti importanti, sulle libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di espressione, di informazione, di riunione e di associazione. Viene anche sottolineato il diritto all'istruzione e in particolare il diritto all'istruzione dell'obbligo che deve essere gratuita, e cioè a carico dello Stato. Un punto debole, invece - sul quale la posizione britannica prevalse - è rappresentato dall'articolo 15 in cui non si parla di diritto al lavoro ma si usa una locuzione che in apparenza sembra dire la stessa cosa mentre non è così: si dice infatti che ogni individuo ha il diritto di lavorare, che è altra cosa dal diritto al lavoro, e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata, e si arriva poi al comma 2 e 3 in cui non compare più il termine “individuo” ma quello di “cittadino”, dove si dice che cittadino dell'Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro.Questo passaggio fu molto criticato dalla sinistra in particolare Gianni Ferrara scrisse una nota durissima contro questo terzo comma, alla quale però rispose Ferraioli difendendolo con la precisazione che " i cittadini dei paesi terzi sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri" a condizioni di lavoro equivalenti a quelli di cui godono i cittadini dell'Unione.

mentre va respinta l'immigrazione clandestina. Ricordo le critiche molto dure di Ferrara ma non si poteva pensare che in questa Carta non trovasse posto anche l’impegno a tutelare, insieme ai diritti dei lavoratori, anche la libertà d' impresa e il diritto di proprietà.


Nella stessa Carta troviamo affermati il diritto d'asilo e poi una rigorosa affermazione della parità tra uomini e donne, dei diritti del bambino, degli anziani, dei disabili.Quanto ai lavoratori, ne viene riconosciuto il diritto a consultazioni nell'ambito dell'impresa - e questo mi sembra che sia un diritto onorato – mentre non mi sembra riconosciuto il diritto di negoziazione. Vengono affermati anche il diritto di sciopero, la tutela nel caso di licenziamenti ingiustificati, l’obbligo di garantire condizioni di lavoro giuste ed eque.In particolare viene esplicitamente richiamato l'obbligo per le ferie e questo fu il primo caso in cui un gruppo di lavoratori immediatamente utilizzò la Carta dei Diritti appena approvata per adire la Corte di Giustizia contro una mancata corresponsione di ferie e la Corte di Giustizia immediatamente assunse la Carta dei Diritti come testo di riferimento per la giurisprudenza futura. Da ricordare anche il divieto del lavoro minorile, i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici in caso di maternità, la tutela della sanità e della salute: tutti riconoscimenti, però, indeboliti dal riferimento alla legislazione nazionale perché poi questo rinvio finisce per essere l' escamotage per togliere forza ed efficacia al solenne pronunciamento. Allo stesso modo il diritto alla abitare, anch' esso solennemente pronunciato, poi viene indebolito dal riferimento alle legislazioni nazionali perché questo toglie alla Corte di Giustizia la linearità dell'intervento e obbliga al passaggio interpretativo attraverso la legislazione nazionale per vedere se vi sia contrasto tra legislazione nazionale e Carta dei Diritti e tutto ciò innesca un processo molto più farraginoso di quello che si sarebbe potuto avere con una affermazione secca.


E infine libertà di circolazione per i terzi legalmente residenti e il pieno riconoscimento di tutti gli aspetti fondanti della giustizia sostanziale e procedurale, che i giuristi ben conoscono e che vengono recepiti nella Carta .Inutile aggiungere che ogni riconoscimento di un diritto in tanto vale in quanto determina un obbligo corrispondente a creare le condizioni perché il diritto venga garantito e a imporne ope legis il rispetto da parte di chi vi è obbligato.


Questo a grandi linee il contenuto della Carta, che solo in parte fotografava l’esistente, perché certi riconoscimenti e certe garanzie in alcuni Paesi erano già una realtà viva mentre in altri restava ancora ancora molta strada da fare perché lo diventassero. Più che una fotografia dell’esistente, perciò, si trattava della proiezione dell’immagine di una Europa prossima ventura, che i legislatori di oggi raccoglievano dal passato e trasmettevano alla generazione avvenire. Per l’Italia, la molteplicità delle audizioni e delle consultazioni con le parti sociali che ho ricordato sopra, hanno sicuramente indicato una metodologia valida per favorire questa transizione al nuovo, anche se non possiamo certo dire che la stesura della Convenzione per la Carta dei diritti sia passata

attraverso un “bagno di democrazia”.


Fu detto: "ma ci sono i rappresentanti delle Camere nella convenzione", e si disse: "ma dovrà essere ben altro l’iter della convenzione per la Carta che porterà alla Costituzione". In realtà abbiamo visto che non ha fatto un solo passo in avanti l'ampliamento della democrazia, e io sono convinto che ove invece fosse stata sottoposta a un vero vaglio di dibattito democratico, sia la Carta dei Diritti ma soprattutto la Carta Costituzionale avrebbero potuto inglobare molto di più e molto di meglio, grazie anche alla passione che avrebbero portato in questo dibattito i movimenti per la pace, i movimenti per gli immigrati, i movimenti terzomondisti, eccetera. Da qui lo scarso respiro democratico e poi la cultura che ha mantenuto i limiti del testo che stiamo esaminando. Certo si apriva la speranza per un testo successivo migliore che però non c'è stato.


L’esito negativo del referendum francese - a parte l’anomalia delle alleanze che si sono determinate a favore del No fra estrema destra ed estrema sinistra per ragioni di politica interna – ci porta a domandarci su che cosa avremmo fatto noi se fossimo stati chiamati ad esprimerci sullo stesso tema con una consultazione popolare e se fossimo stati esposti anche noi ai messaggi di xenofobia e di allarme per i nostri interessi particolari e particolaristici messi a rischio dall’allargamento della Comunità ad altri Paesi meno avanzati e meno ricchi di noi.


Ma ormai quei voti ci sono stati e credo che quei voti debbano essere interpretati come una spinta a capire che fintanto che lo spazio di democrazia sarà quello estremamente limitato entro cui si è giocata questa partita, è difficile pensare ad ampliare lo spazio e il respiro di quei contenuti, sia in termini ideali che politici. Bisognerà continuare a spingere perché nasca una nuova stagione come quella del '99- 2000, di forte spinta per la costruzione dell' Europa e allora si potranno anche cambiare alcuni degli aspetti aberranti della Carta Costituzionale. Penso in particolare a un aspetto che specialmente chi è giurista tra di voi avrà sicuramente visto con orrore: dentro un testo che aveva l'ambizione di essere Costituzione sono stati inseriti di peso trattati a carattere economico come quelli di Maastricht e di Lisbona, facendo assurgere a ruolo costituzionale questioni che sono di piccolo profilo e di scarsa proiezione nel tempo. Ma se bisogna, come mi sembra indispensabile, cambiare questo testo, bisognerà innanzitutto cambiare le condizioni per poterlo fare. Tutto può succedere, ma non oggi, con questa classe politica che ci ritroviamo, preoccupata più del proprio protagonismo e della propria permanenza al governo dell’Europa che non degli interessi generali delle persone e della solidarietà fra popoli e nazioni sulla terra.


Pensiamo alla difesa che i Paesi più forti dell’Unione europea hanno fatto e continuano a fare per continuare a ricevere i sussidi comunitari a favore del proprio mercato agroalimentare, a danno sia di altri Stati membri economicamente più deboli - Polonia o Ungheria per esempio - , sia di tutti i consumatori, costretti a pagare lo stesso prodotto a prezzi molto più elevati di quanto una coraggiosa liberalizzazione degli scambi potrebbe consentire. Oppure pensiamo al problema della missione dell’Europa :Carta di Barcellona, accordi Euromed, visti con rimpianto dall' agricoltore siciliano o calabrese che vedeva arrivare da noi arance tunisine o libiche altrettanto buone ma che costavano molto meno. All’ epoca, cercai di portare questa tematica all’attenzione delle Commissioni esteri di Camera e Senato ma mi sentii accusare di essere “un uomo di destra” perché mettevo sul problema questi problemi reali di solidarietà sovranazionale fra lavoratori piuttosto che dilungarmi in prevedibili e sterili tirate a favore della pace nel mondo e nel Mediterraneo. La stessa questione Israelo-Palestinese non può ignorare questo nodo, e la Comunità Europea meno che mai. Ricordo un parlamentare che agitando un’ arancia mi disse :"Mattioli, di questa arancia quello che conta è che venga commercializzata, senza preoccuparci di sapere se è israeliana o palestinese".


Indubbiamente i problemi esistono, soprattutto in una congiuntura economica generale e in aree del Paese dove l’economia ristagna e la disoccupazione cresce. Ma se si crede agli ideali di pace e di solidarietà umana non si può insistere sulla difesa delle proprie frontiere e delle posizione di favore già acquisite. In Italia, però, i governi di centro-sinistra non ha saputo mettere questo che è un nodo assai spinoso al centro dell’attenzione, in termini allo stesso tempo realistici e ideali, ma bisogna dare atto al governo Amato di aver aperto un negoziato molto positivo con il commissario Barriè, responsabile del settore dei fondi strutturali, perché si arrivasse a una struttura più flessibile che non fosse quella rigida dei confini di Regione; confini che avessero un carattere di zona come ad esempio quelli provinciali. Si sarebbe visto che ci sono province della Campania, della Puglia , della Sicilia che hanno livelli simili se non addirittura inferiori a quelli di alcune province della Polonia e dell'Ungheria. In questo modo si sarebbero potuti salvare alcuni fondi destinati a certe Province senza dover fare una battaglia per conservare tutti interi i fondi destinati alle Regioni Col governo di destra, le cose non potevano andare che peggio. Lo stesso Barriè, anche lui uomo di destra, mi disse gentilmente: “Mattioli, ma cosa ci racconta. Per i capi della Lega Nord il vostro è un mezzogiorno di scansafatiche; non sono poveri strutturalmente, è solo che non vogliono lavorare. Oggi purtroppo il ruolo dell’Italia in Europa è ai minimi livelli e la possibilità di trovare ascolto nella rinegoziazione dei fondi strutturali è prossima a zero.


Ho toccato questo problema perché è facile parlare di diritti “per ogni individuo” ma il banco di prova per la politica sta nel conflitto fra diritti ugualmente legittimi ma difficilmente componibili. E uno di questi nodi sta esattamente nel problema della ridistribuzione delle risorse disponibili, tra Paesi meno favoriti e Paesi più arretrati all’interno dell’Unione europea e - in una visione più ampia - fra l’Unione in quanto tale e altri Paesi del mondo, primi fra tutti – almeno per collocazione geografica - quelli dell’ area mediterranea. Essere o diventare cittadini europei dovrebbe voler dire soprattutto prendere atto di questi nodi e di queste prospettive, imparare a valutarne la portata, orientarsi verso tipi di soluzione coerenti con i propri ideali che, speriamo, siano quelli della solidarietà e della lotta allo scambio disuguale. Ricordo a questo proposito che c’è un Centro Italiano di Documentazione Europea (CIDE), sostanziosamente finanziato ma semiclandestino, nel senso che pochi sanno e non molti godono dei sussidi informativi e formativi che questo Centro dovrebbe fornire sistematicamente alle scuole, agli studenti, alle associazioni e ai movimenti perché la “Politica” non sia un mestiere di pochi ma un impegno per tutti.