Incontri di discernimento e solidarietà
 
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Roma, 16.1.05


Carissimo Gianni,


dopo il 16 novembre e l’11 dicembre ti scrivo per la terza volta una lettera che sembra voglia diventare mensile.


Sono sempre più convinto che ognuno di noi e tutta la convivenza umana ha bisogno di amicizia spirituale intesa come comunicazione della ricerca personale di maturazione interiore.


La conversione che a noi si presenta possibile è la fede adulta nel Vangelo, nella buona notizia di Gesù Cristo.


La comprensione del Vangelo cresce nella Chiesa, come insegna il Concilio Vaticano II nella Costituzione “Dei Verbum” al n. 8.


Ai nostri giorni la Chiesa anche nel suo magistero sociale, si trova di fronte a un compito non ancora affrontato in modo chiaro ed esplicito: la lettura degli eventi e della storia alla luce del Mistero Pasquale, della morte e della risurrezione di Gesù Cristo.


Ed è – lo credo fermamente – ciò di cui il mondo ha più urgente bisogno nelle grandi sofferenze che sperimenta a causa della natura e degli uomini stessi.


Per questo ho pensato di comunicarti qualcosa circa il modo in cui cerco di crescere nella fede. Spero ti sia di qualche utilità.


Tutto sta nel rapporto con il Vangelo in cui mi pare di aver fatto qualche passo avanti:


  • ho preso sempre più coscienza della mia ignoranza delle imperscrutabili ricchezze di Cristo (Eph. 3, 8);

  • diversi amici mi hanno aiutato e mi aiutano: fra questi in particolare Padre Mario Castelli (+ 1997) che ha indicato la via, ancora poco battuta, per incontrare il Mistero di Dio nelle vicende di oggi e nella storia del mondo;

  • cerco quotidianamente di rimediare un poco alla mia ignoranza delle Sacre Scritture e di leggere il presente alla luce del Vangelo;

  • ho messo bene a fuoco la difficoltà della Chiesa istituzionale a convertirsi pienamente al Signore nel suo rapporto con il potere;


La cosa che più mi manca è il rapporto profondo e continuo con Dio nell’adorazione silente del Mistero Pasquale.


Cerco di farmi guidare dalla preghiera liturgica e di leggere e rileggere le Scritture, in particolare i quattro Vangeli, procedendo più o meno in questo modo.


Invoco lo Spirito Santo.


Poi cerco di risvegliare in me l’attenzione al mistero – uso questa parola sapendo che può avere innumerevoli significati.


Mi rivolgo:


  • al mistero che è in me: chi sono? Perchè sono io e non un altro? Come passano questi miei giorni con tante luci e tante ombre? Come vanno a concludersi?

  • Al mistero che c’è in ogni donna e in ogni uomo: si sta a lungo o per poco e poi se ne va, con una varietà indicibile di esperienze belle e brutte.

  • Al mistero della storia umana, dai primi inizi ai nostri giorni, a quel poco che ci è dato prevedere e all’immensità di ciò che non è prevedibile nel futuro.

  • Al mistero del cosmo con i suoi tempi e i suoi spazi.

  • Al mistero del male, dall’esperienza più vicina e quotidiana al male che attraversa tutto e tutti, al “mysterium iniquitatis”.


Cerco di ravvivare in me la coscienza di essere immerso e attraversato nel mistero oscuro e luminoso, terrorizzante e affascinante e comincio a sperimentare il vero silenzio, senza parole e senza spiegazioni. Tutti i discorsi degli uomini, da quelli più colti a quelli più semplici e non privi di saggezza, mi appaiono ammirevoli ma radicalmente insufficienti. Così mi sembra che tutta l’umanità sia avviata alla scoperta del silenzio, quasi ridotta ad esso trovandovi la via della salvezza.


Cerco di rimanere in questa coscienza dolorosa e silente e riconoscere nell’accettazione del mistero – di cui mirabilmente ha scritto Norberto Bobbio – la disposizione migliore per ascoltare il Vangelo e per pregare con la liturgia: ogni parola rivela lo splendore del Mistero Rivelato.


Penso sia questa la fede che lo Spirito Santo opera in me nonostante le innumerevoli resistenze che gli ho opposto e gli oppongo, specialmente con tanti ragionamenti e tanti discorsi che faccio dentro di me e che rivolgo ad altri.


E’ la fede che non può essere racchiusa in una dottrina teologica o antropologica, di morale individuale o sociale da noi posseduta: la fede è la Verità che possiede noi.


Per questo nell’esperienza di fede vedo passare in secondo piano la categoria del “dovere” ed avanzare l’amore, la carità che il Signore ci ha insegnato.


Ascolto l’inno alla carità che S. Paolo propone nel capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi e quel che può sembrare utopico ed impraticabile dai singoli e dalle comunità mi appare come la vera speranza per tutti.


Carissimo Gianni, ho accennato ad un tentativo (metodo?) di pregare sperando che ti possa essere di qualche utilità. Penso anche che questo tipo di preghiera possa aiutare la Chiesa ad essere quel lievito di cui il mondo ha estremo e urgente bisogno.


Ed ora provo a domandarmi in che consiste l’attenzione al mistero (con la minuscola) che ci dispone ad accogliere la Rivelazione del Mistero.


Il mistero presente nel fondo di ogni realtà:

  • non lo conosco con l’intelligenza con cui affronto ogni altro problema;

  • non lo tocco con le mani nè con tutti gli altri sensi pur essendo una dimensione concretissima di ogni realtà;

  • non è presente nei miei sentimenti da quelli negativi come la paura a quelli positivi come l’affetto;

  • non lo incontro come uno che viene a me o verso cui io vado; sta in me ed io sto in lui, sta in tutto e per lui sono parte del tutto:

  • scopro il mistero con tutto il mio essere, anche esso mistero; impegna tutte le mie facoltà: intelligenza, sentimenti, sensi, volontà... e al tempo stesso non danneggia nessuna di queste, le esalta pur in una estrema passività;

  • così il mistero è apertura alla trascendenza:

per lui esco dai miei limiti e confini liberandomi dal ripiegamento su me stesso;

per lui esco dalla dimensione creata e mi apro alla trascendenza di un altro che sperimento tutto diverso da me anche se invera tutto quello che ho e che sono.


Ed ora mi domando perchè tanti non fanno l’esperienza del mistero o, più esattamente perchè non hanno una coscienza chiara di tale esperienza.


Non c’è risposta che possa avere una valenza generale; l’esperienza di ognuno è particolare e ... misteriosa.


E’ tuttavia possibile rilevare come alcuni fattori ostacolino l’esperienza del mistero:


  • la mancanza di silenzio esteriore e più ancora interiore;

  • l’attivismo;

  • il sogno del potere e del successo;

  • il possesso dei beni materiali come ricchezza;

  • il piacere e il divertimento;

  • ecc.


Il vero amore gratuito apre la porta del mistero che in esso si realizza.


Ora cerco di comunicare due esperienze che in questi ultimi mesi hanno avuto un loro compimento e che potranno portare grandi frutti non solo per me.


Il 27 luglio 2004 è morto Pino Trotta e il 5 gennaio 2005 Sebastiano Augruso. Due amici che mi hanno aiutato moltissimo e che tra di loro si sono incontrati poche volte. Due vite che oserei dire pienamente consacrate, anche se per vie apparentemente molto diverse.


Per vita consacrata intendo sopratutto l’azione dello Spirito santificatore che guida nel profondo tutti i giorni delle nostre esistenze terrene esaltando e non mortificando la nostra libertà.


Ti comunico due brevi scritti: Pino Trotta: una vita consacrata; Carissimi amici, in occasione della morte di Sebastiano Augruso.


Pino Trotta: una vita consacrata.


Stando al modo corrente di intendere la vita consacrata, per lo più sotto una regola, Pino Trotta mi appare molto lontano e, sotto vari aspetti, quasi agli antipodi.

  • Eppure ha partecipato con grande coinvolgimento suo degli altri a una ricerca iniziata due anni fa con Clara Gennaro, Luciano Valle, Giorgio Marcello e Pio Parisi, sul tema della vita consacrata e che ha avuto il momento più intenso a Banchette di Ivrea dal 26 al 28 giugno 2003.

Lo Spirito Santo ha operato la consacrazione di Pino dandogli in primo luogo grandi doni di intelligenza e di cuore che si sono sviluppati in una ricerca continua e rigorosa della verità. Ecco alcune caratteristiche di questa ricerca.

La gratuità e lo spirito di servizio. Mentre è diffuso l’atteggiamento di cercare “per se”, considerando la capacità intellettuale come un bene prezioso per affermarsi ed acquistare potere culturale, economico e politico, Pino trotta ha cercato la verità per gli altri, per comunicare, per aiutare specialmente quelli che ne avevano più bisogno e nelle situazioni più oscure e imbrogliate della vita sociale e politica.

La ricerca di Pino si è rivolta in particolare alla dimensione politica dell’esistenza umana, scoprendo sempre più il significato ampio e profondo del termine politica come impegno di tutti alla costruzione della convivenza umana, nel tessere rapporti autentici di fraternità e, superando la definizione angusta e mortificante di politica come ricerca e gestione di potere.

In profondità quella di Pino è stata sempre una ricerca del Mistero infinito di Dio in un cammino di fede adulto, provato in mille modi e, come lui stesso lo definiva, traballante e spoglio di tanti confortanti rivestimenti che vengono da forme religiose che entrano in crisi per tanti mentre sono riaffermate rigorosamente da altri, sostituendo, non di rado, l’umile cammino della fede.

La ricerca di fede di Pino ha realizzato quella laicità essenziale che da tempo con alcuni amici, in particolare con la guida di Mario Castelli (+ 1997) abbiamo messo a fuoco, partire dalla parola di Dio come “profezia del popolo di Dio sul mondo”. La laicità di Pino si è sviluppata in una condivisione grande con tutti i problemi dell’umanità, una compassione nel senso più elevato e impegnativo del termine, illuminata dal mistero della Passione e Morte del Figlio di Dio.

La ricerca di Pino si è svolta sempre in mare aperto e in tempesta, senza il conforto di porti sicuri, di comunità tranquillizzanti, di ideologie semplificatrici.

La forza che lo Spirito ha dato a Pino è passata sopratutto attraverso grandi amicizie specialmente con chi come lui era seriamente impegnato nella ricerca della verità.

La sua ricerca si è compiuta, nel senso del “consumatum est” detto da Gesù sulla croce, nella malattia che lo ha colpito negli ultimi quattro anni e lo ha provato fisicamente e moralmente nell’ultimo anno. Ma anche questa esperienza dell’estrema debolezza della condizione umana era già stata vissuta da Pino nella vicinanza affettuosissima con persone amiche che avevano percorso un itinerario simile.

Per questo si può dire che la vita di Pino è stata consacrata dallo Spirito e pertanto indica una via alla Chiesa nel mondo di oggi con i suoi immensi problemi, i suoi drammi e le sue tragedie: una via per la speranza.


Sebastiano Augruso


Carissimi amici,

lunedì 3 gennaio sono stato a trovare Sebastiano 36 ore prima della sua morte.

Quello che mi ha comunicato è stato uno dei più grandi doni di grazia che ho ricevuto nella mia vita e “questa cosa vi scrivo perché la nostra gioia sia piena” (Giov. 1, 4).

Le sofferenze di Sebastiano anche quando mi parlava erano grandissime ma la sua serena accettazione era perfetta. Provo a riferire qualcosa che ho ascoltato nella commozione reciproca che era fortissima.


“ Ho sempre pensato alla festa per cui Dio ci ha creato, l’ho sempre desiderata e ormai è vicina”.

“ La Pasqua, la Pasqua…” ripetuto molte volte.

Avendogli io ricordato le parole di Paolo: “do compimento nella mia carne a quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col. 1,24) Sebastiano assentiva pienamente e incondizionatamente.


“ Prega per me, per Palma, per i miei figli, per i miei fratelli e le mie sorelle”.

“ Continua a venire in questa casa”. Sebastiano mi ha ospitato nell’estate da almeno venti anni in cui mi ha aiutato in tante cose che scrivevo specialmente per gli amici delle Acli.


“ L’amicizia con te e con tanti altri amici è stata bellissima”

“ E’ stato bellissimo vivere, mi piace moltissimo la vita, ma ora sono vicino alla grande festa, alla Gerusalemme celeste”.


Non mi sento in grado di raccontarvi tutto quello che Sebastiano mi ha comunicato, non solo con le parole, in quell’ultimo dialogo con lui che ne concludeva innumerevoli altri atti anche passeggiando verso la Montagna a ridosso di Curinga.


Pur nella profonda tristezza per un distacco tanto più doloroso quanto più grande era l’amore per la persona che non è più con noi nei giorni della nostra itineranza terrena, penso all’esortazione di Paolo:

“ Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!” (Fil. 4,4).


Penso che Sebastiano ci lasci un’eredità preziosa per l’oggi e per il domani della Chiesa e del mondo.

Nelle tragedie di questi giorni e nelle sofferenze di tanti piccoli e poveri della Terra si risveglia forse la carità ma la fede e la speranza sono molto scosse. La testimonianza di fede di Sebastiano in tutta la sua vita e nella sua morte ci sono di grandissimo conforto.

Il regno di Dio certamente avanza per l’azione dello Spirito al di là di ogni confine visibile e “riempie la Terra” come dice l’antifona della Messa di Pentecoste.

La Chiesa nella sua visibilità istituzionale è sempre tentata dalla seduzione del potere. Sebastiano ha vissuto la vera laicità fondata sulla Parola di Dio di cui abbiamo tanto ragionato e scritto specialmente a partire dall’ospitalità che ha dato a Padre Castelli, Antonio e me nel 1985.


Vi invito, facendomi voce della Chiesa e del mondo, a coltivare tutto quello che Sebastiano ci lascia soprattutto il grande sacramento dell’amicizia spirituale.


Ecco è accaduto, diamo lode al Signore!


Pio Parisi



L’accostamento di queste vite consacrate dallo Spirito ci può aiutare a riconoscere quello che lo Spirito opera in noi nel gioco delle luci e delle tenebre, quando ci sentiamo vicini e lontani, attratti e respinti, giustificati e inadempienti. Ci può aiutare anche a riconoscere ed adorare silenziosamente l’azione dello Spirito in ogni persona umana e in tutta la storia dell’umanità con le sue grandezze e le sue miserie.


Penso sopratutto che la riflessione sulle diverse vie della fede possa aiutare la Chiesa, popolo di Dio con i suoi pastori, a discernere alla luce della Parola rivelata quel che accade nei singoli e nella società.


La ricerca di Dio che noi possiamo ammirare in tanti testimoni ma che solo Dio stesso può giudicare e coronare con la pienezza della vita, può svolgersi per vie diversissime pur per l’azione dello stesso e unico Spirito.


Ci sono vie che passano nelle oscurità e nelle asprezze, con la partecipazione profonda alle contraddizioni del mondo.


“Se dovessi camminare in una valle oscura,

non temerei alcun male, perchè tu sei con me”.

(Salmo 23 (22))


Ci sono vie più caratterizzate dalla frequentazione assidua della parola di Dio e da amicizie spirituali.


“Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla;

in pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce”

(Salmo 23 (22))


In entrambe le vie il Signore


“mi rinfranca,

mi guida per il giusto cammino,

per amore del suo nome”

(Salmo 23 (22))


Tutte le vie in cui ci guida lo Spirito convergono in colui che ha detto: “io sono la Via, la Verità e la Vita” e nella Pasqua del Signore.


Nella mia profonda ignoranza mi sembra che un tempo la Chiesa era sostenuta dall’esempio dei martiri che venivano uccisi per la fede. Penso che oggi sia importante per la crescita della nostra fede conservare e coltivare la memoria di quanti ci hanno preceduto per vie apparentemente diverse nello stesso pellegrinaggio verso la casa del Padre.


Carissimo Gianni, mi fermo e mi scuso per le troppe parole, anche se S. Agostino scrisse tanto sulla Trinità dopo aver detto “vox silet, mens deficit!”.


Con grande amicizia.




P. Pio Parisi s.j.









Lettere spirituali

Lettere a Gianni 2004 - 2005