05 giugno 2018
Sesto incontro del ciclo 2017-2018
Proseguiamo nella lettura del Primo Libro di Samuele. Ancora siamo alle prese con vicende che riguardano la figura di Davide, ma in una sorta di preparazione a quanto avverrà. Abbiamo letto venti capitoli; ripartiamo quindi dall'inizio del cap. 21, v. 2. Abbiamo suddiviso il racconto in maniera tale da impostare la narrazione della vicenda. Ai primi sette capitoli ho dato il titolo "Alla presenza del Santo": la storia del popolo di Dio alla presenza del Dio Vivente, in un contesto di tristezza, ripiegamento, crisi per quanto riguarda la coscienza di appartenere al popolo dell'Alleanza. Le tribù entrate nella Terra dopo alcune generazioni sembrano essere condizionate da una situazione generale di stanchezza, smarrimento, perdita di identità. In quel contesto, la Parola creatrice di Dio si manifesta attraverso la presenza del profeta Samuele e di tutta una vicenda che acquista la fecondità originale della Sua Parola. Il profeta Samuele dà il titolo ai libri che stiamo leggendo, ma, in realtà siamo proiettati altrove. Attraverso la comparsa di Samuele e gli avvenimenti che l'accompagnano si arriva alla fondazione della monarchia. Dal cap. 8 al cap. 15 abbiamo conosciuto il primo personaggio consacrato "re", che è Saul; le sue prime imprese, i primi segni di un degrado che è interno al funzionamento dell'istituzione che, pure, è sacramento della misericordia di Dio che interviene laddove la debolezza del popolo esige un riferimento di ordine istituzionale che è la monarchia. Da questo momento in poi, nella storia del popolo di Dio, non se ne potrà più fare a meno. Il fallimento nel primo "re", Saul, è già preannunciato per quanto riguarda la funzione di governo che Saul deterrà per diversi anni. Accanto a Saul compare la figura di Davide che è il vero protagonista dei due Libri di Samuele, anche se di lui si parla soltanto a partire dal cap. 16.
Ora siamo alle prese con questa terza parte della narrazione: dall'inizio del cap. 16 arriveremo all'inizio del cap. 1 del Secondo Libro di Samuele. Noi abbiamo già letto i capp. da 16 a 20. A questa terza parte della narrazione davo, a suo tempo, il titolo di "Saul e Davide". I due personaggi sono presenti contemporaneamente sulla scena; Saul è ancora sovrano mentre Davide è il personaggio che sta emergendo, con il quale stiamo facendo conoscenza con progressive illustrazioni e scoperte sempre più commoventi per quanto riguarda la sua identità e che, come scopriamo da altre notizie, svolge un ruolo determinante nella storia della salvezza. A Davide ci si accosta con una certa disponibilità a sorprese e rivelazioni non immediatamente prevedibili. All'interno di questa terza parte (dall'inizio del cap. 16 fino al v. 5 del cap. 18) c'è una prima sezione dedicata alla comparsa di Davide, che viene descritto in base a tre racconti messi in parallelo tra di loro e che segnalano la "piccolezza" del personaggio che, pure, è in grado di svolgere imprese che commuovono i contemporanei e attirano l'attenzione generale. Alla seconda sezione di questa terza parte davo il titolo "Davide presso Saul". Sono pagine che già leggemmo nel nostro ultimo incontro, dal v. 6 del cap. 18 fino al v. 1 del cap. 21. Davide è alle prese con le vicende nelle quali è drammaticamente coinvolto Saul. D'altra parte, Saul, primo "re" è un pioniere nell'esercizio del governo, in una situazione che non gli fornisce esempi, modelli di riferimento, testimonianze autorevoli, rimanendo, quindi, esposto a rischi molto gravi ai quali non si potrà sottrarre. In maniera drammatica già sappiamo che le patologie da cui Saul è afflitto lo condurranno nientemeno che al suicidio. E, presso Saul, Davide impara il "mestiere". Saul, abbiamo detto, è un pioniere (precursore) con tutti i rischi pericolosissimi che una posizione del genere comporta; Davide è chiamato a misurarsi nella relazione con Saul sperimentando come la relazione con il "re" diventi per lui motivo di stimolante provocazione. I due personaggi sono inseparabili anche se diversissimi; ma su questo intreccio fra le due figure bisogna che riflettiamo ancora e cominceremo a farlo stasera leggendo i capp. da 21, v. 2, fino a tutto il cap. 26.
A questa sezione che affrontiamo (da 21, 2) possiamo dare un titolo che avevamo già formulato leggendo le ultime battute della narrazione due mesi fa. Davide, condannato a morte da Saul, è in fuga. Saul è preso dalle sue paure, angosce, fenomeni patologici che abbiamo intravisto; una coscienza turbata dalla ricerca di una religiosità disordinata, deviata, superstiziosa; ha assunto il ruolo di sovrano senza adeguata preparazione e si trova a gestire vicende che mettono in evidenza tutti i limiti e le insufficienze della sua umanità, senza appoggi esterni che possano aiutarlo a venirne a capo decorosamente. Ed ecco Saul, uomo di potere, preso da un complesso di persecuzione che diventa sempre più corrosivo; non si fida più di nessuno; è in polemica con il figlio Giònata che, peraltro, è grande amico di Davide. Giònata è il figlio e quindi l'erede destinato a succedere al padre sul trono. E Saul non si fida, è angosciato, si rende conto di essere esposto a insidie, anche se Davide è sempre stato estremamente coerente, fedele, puntuale, ubbidiente, consapevole dei suoi limiti, dedicandosi al servizio del re, del regno e del popolo con grande generosità. Ed è proprio il favore che Davide ha attirato a sé, il compiacimento popolare, il gradimento che suscita per la sua personalità aperta, libera e solare nel rapporto con la gente che mette in difficoltà Saul che interpreta il successo di Davide come un'insidia per lui. E Saul ha condannato a morte Davide; questa è la premessa da cui dipende quel che adesso leggeremo nelle pagine che seguono. Giònata e Davide si sono salutati; non c'è più niente da fare, nessuno può cambiare la decisione presa dal re. Fine del cap. 20. V. 1 del cap. 21: "Davide si alzò e partì e Giònata tornò in città". Davide è in fuga. Da questo momento in poi Davide è condannato, costretto a vivere ai margini della società civile; percorre strade impervie, affronta situazioni incresciose in una condizione di mortificante solitudine. Questa esperienza di Davide, costretto per anni a dimorare nelle zone periferiche, zone di deserto, zone che lo costringono a vivere alla maniera dei randagi, dei vagabondi, dei reietti, segnerà in maniera determinante la personalità di Davide e la sua formazione che, pure, quando sarà il momento, ricoprirà quel ruolo che già conosciamo. Davide nel deserto: è una vicenda che è stata oggetto di meditazione da parte di antichi sapienti di Israele. C'è una raccolta di Salmi (dal 50 al 70) che sono riferiti alla permanenza di Davide nel deserto. Che cosa succede a Davide non solo empiricamente, nei fatti, per come è faticosa la sua fuga, costretto a riparare nelle caverne, sempre insidiato dalla polizia di Saul in modo tale che non può dormire due notti nello stesso letto? Che cosa avviene a Davide che sarà chiamato a regnare? Come matura il personaggio, come si forma la sua personalità?
Da una traversia all'altra
Nel cap. 21 il primo episodio con cui abbiamo a che fare riguarda l'incontro con il sacerdote Achimelech e gli altri addetti al culto che dimorano in una località che si chiama Nob: "Davide si recò a Nob dal sacerdote Achimelech. Achimelech, turbato, andò incontro a Davide e gli disse: «Perché sei solo e non c'è nessuno con te?»". Davide mente; anche questa è una componente più che mai incresciosa di questa esperienza di fuga; deve ricorrere a sotterfugi di ogni genere che sembrano scorretti, non opportuni, immorali. Tanto è vero che da questo incontro con il sacerdote e gli altri addetti al culto a Nob deriveranno conseguenze tragiche. Davide dichiara di aver avuto un incarico speciale e chiede se ci sono dei pani di quelli riservati solo ai sacerdoti. Il sacerdote consegna questi pani (che sarebbero riservati). Poi chiede se c'è un'arma; c'è l'arma di Golia che è stata conservata nel santuario. Davide prende i pani e la spada e prosegue soltanto che, in quell'occasione, si trova a Nob un personaggio di nome Doeg, idumeo, capo dei pastori di Saul (un amministratore di beni, in questo caso di animali da allevamento) che si rende conto di quello che sta succedendo. Al momento opportuno informerà Saul sul comportamento del sacerdote Achimelech che ha soccorso Davide in fuga senza conoscere la situazione; era convinto di essere alle prese con il collaboratore di Saul, stimato da tutti e valorizzato proprio dal re.
Davide si finge pazzo
Si aggiunge un secondo episodio più increscioso ancora perché (v.11, cap. 21) Davide si viene a trovare in un vicolo cieco. Questa fuga di Davide non è soltanto l'occasione per affrontare percorsi rocamboleschi; ci sono di mezzo situazioni di coscienza. D'altra parte Davide è perfettamente consapevole di aver imbrogliato il sacerdote e di averlo esposto a conseguenze che, al momento opportuno, saranno per lui motivo di una punizione ferocissima da parte di Saul. "Quel giorno Davide si alzò e si allontanò da Saul e giunse da Achis, re di Gat".(re filisteo, nientemeno).. Davide ha combattuto contro i filistei; ha fatto carriera sconfiggendoli a più riprese e ora, cerca e trova rifugio presso il re filisteo. È un caso di alto tradimento. Davide si rende conto non soltanto di essere in fuga verso periferie in senso geografico, ma della coscienza che affronta situazioni impervie, indecifrabili, esposte a molteplici contraddizioni; il rischio è di un grave, gravissimo compromesso. I ministri del re filisteo sono insospettiti, parlano di Davide come se fosse il re del paese perché tutti sanno il suo valore e di come Davide, cresciuto all'ombra di Saul, abbia provocato tanti danni proprio a loro. "Davide si preoccupò di queste parole e temette molto Achis re di Gat. Allora cominciò a fare il pazzo ai loro occhi (inventa una soluzione geniale; un'astuzia che assume le forme di una teatralità spettacolare), a fare il folle tra le loro mani; tracciava segni sui battenti delle porte e lasciava colare la saliva sulla barba. Achis disse ai ministri: «Ecco, vedete anche voi che è un pazzo. Perché lo avete condotto da me? Non ho abbastanza pazzi io perché mi conduciate anche costui per fare il folle davanti a me? Dovrebbe entrare in casa mia un uomo simile?»". Così si risolve la questione: Davide di soppiatto sparisce. Questo episodio viene citato espressamente nell'intestazione del Salmo 34: "Di Davide, quando si finse pazzo davanti ad Abimelec e, scacciato da lui, se ne andò.
Io benedirò il Signore in ogni tempo;
la sua lode sarà sempre nella mia bocca". Fare il pazzo è espressione che in ebraico si dice con "alterò il suo gusto". Il pazzo è uno che ha acquisito un altro modo di gustare le cose, di stare al mondo, di impostare le relazioni: è un pazzo, ha un altro gusto. Ancora il Salmo 34: "Gustate e vedete com’è buono il Signore". Quella volta Davide fece il pazzo e quella figura di Davide impazzito nel senso che stiamo decifrando sta sullo sfondo di tutta una tradizione dei "pazzi del Signore", tradizione che passa attraverso l'esperienza dell'antico popolo di Dio e poi del popolo cristiano, in oriente e occidente: san Francesco d'Assisi tanto per fare un esempio, il pazzo di Dio.
Davide è costretto a espedienti che sembrano paradossali, inopportuni, inconciliabili con la coerenza integerrima della figura che noi vorremmo contemplare; vorremmo assicurarci di aver a che fare con un eroe adamantino e, invece, abbiamo a che fare con un personaggio che si deve destreggiare in mezzo alle situazioni più faticose, a relazioni compromettenti, passando attraverso interrogativi che lo affliggono nella coscienza e che fanno dell'animo suo uno spazio che si sta progressivamente allargando; una capacità di comprendere, di compatire, di rendersi conto di quel che succede al mondo, di come sono in difficoltà i viandanti che camminano su strade esposte a tutti i rischi, le incertezze e le contraddizioni.
Davide capo di fuorilegge
Cap. 22, vv. 1-5. "Davide partì di là e si rifugiò nella grotta di Adullàm (e si preoccupa dei suoi familiari esposti a rappresaglie). Lo seppero i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre e scesero là (I moabiti sono tradizionali nemici di Israele e anche in questo caso Davide chiede aiuto al re di Moab perché dia ospitalità ai suoi familiari perché sono esposti alle rappresaglie vendicative di Saul). Si radunarono allora con lui quanti erano in strettezze, quelli che avevano debiti e tutti gli scontenti, ed egli diventò loro capo Lo seppero i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre e scesero là. Si radunarono allora con lui quanti erano in strettezze, quelli che avevano debiti e tutti gli scontenti, ed egli diventò loro capo". Gente di malaffare? Chi vive nelle periferie cercando di sfuggire alle indagini della polizia è gente sbandata, fuorilegge e Davide è costretto ad adeguare la sua esistenza alle modalità di comportamento di queste persone così squalificate, in mezzo ai relitti della società. Naturalmente la sua figura emerge, anche se ci vorrà un po' di tempo (mesi, anni), ma attorno a Davide si raccoglie questa schiera di malviventi, una specie di truppa organizzata secondo la logica di una banda che gestisce situazioni di periferia che sfuggono al controllo del potere centrale.
"Davide partì di là e andò a Mizpa di Moab e disse al re di Moab: «Permetti che restino con voi mio padre e mia madre, finché sappia che cosa Dio vuol fare di me»". È molto importante il v. 3 del cap. 22. È la questione che viene dibattuta con crescente intensità nell'animo di Davide: "Che cosa vuole fare Dio di me?". "Che cosa sta operando, macchinando, progettando Dio e che cosa c'entro io in questa sua operazione?".
Il re di Moab accoglie i familiari di Davide che cercano riparo di qua e di là. Accanto a Davide si presentano anche figure positive: "Il profeta Gad disse a Davide: «Non restare più in questo rifugio. Parti e va' nel paese di Giuda». Davide partì e andò nella foresta di Cheret" (località fuori mano, cercando di sfuggire all'inseguimento). Intorno a Davide si radunano tutti quelli che condividono la sua avventura di uomo ufficialmente condannato a morte e braccato con instancabile intransigenza da Saul (gente di malaffare e uomini di Dio come questo profeta).
La strage dei sacerdoti di Nob
Vv. 6-23. Dal v.6 veniamo a sapere che il re Saul è informato circa quello che è avvenuto a Nob e convoca Achimelech, il sacerdote, che gli spiega quello che è successo. Ha le sue buone ragioni, è perfettamente coerente, innocente; il suo comportamento non è stato in alcun modo un atto di complicità. Invece Saul considera subito il comportamento di Achimelech come un impegno preso a favore di Davide; Davide è il suo nemico e chi si schiera col suo nemico merita di essere rigorosamente punito. Infatti tutti i sacerdoti vengono condannati a morte; una strage. Determinante in questo contesto è la testimonianza di di Doeg, Idumeo, capo dei pastori di Saul. Ẻ lui che esegue la sentenza di morte. V 18: "Allora il re disse a Doeg: «Accostati tu e colpisci i sacerdoti». Doeg l'Idumeo si fece avanti e colpì di sua mano i sacerdoti e uccise in quel giorno ottantacinque uomini che portavano l'efod di lino. Saul passò a fil di spada Nob, la città dei sacerdoti: uomini e donne, fanciulli e lattanti; anche buoi, asini e pecore passò a fil di spada". Ne scampa uno solo che si chiama Ebiatar che si rifugia presso Davide. Davide, in fuga, alla ricerca di un rifugio è in grado di offrire accoglienza ai fuggiaschi. Ẻ una responsabilità carica di domande che non sono affatto risolte perché Davide sa bene di essere la causa di questo eccidio così feroce. V. 23: "«Rimani con me e non temere: chiunque vorrà la tua vita, vorrà la mia, perché tu starai presso di me come un deposito da custodire»".
Davide rifiutato e tradito
Cap. 23, vv. 1-14. La permanenza di Davide fuggiasco in quelle località di periferia assume una fisionomia un po' più organizzata. Ci siamo già resi conto di non aver a che fare con una narrazione che scandisce gli eventi nel tempo con precise misure cronologiche, ma, passando i mesi e gli anni, accanto a Davide c'è una banda di facinorosi, espulsi dal consorzio civile, che hanno trovato presso di lui una figura di riferimento.
Davide adesso si interroga riguardo una situazione di periferia che si chiama Keila, una zona di frontiera dove è in atto un assedio ad opera dei filistei. E Davide pensa di poter intervenire, liberare gli abitanti di Keila dall'assedio e, quindi, trovare comprensione e solidarietà presso gli abitanti di quella cittadina. Ẻ un modo per avviare un tentativo di recupero di popolarità, di conflittualità politica. Sembra che Davide voglia proprio puntare ad ottenere questo risultato: dimostrare questo suo impegno dedicato a soccorrere coloro che sono in difficoltà, promuovendo le situazioni di debolezza nelle periferie del territorio abitato dal suo popolo. Infatti, opportunamente consigliato dal sacerdote Ebiatar, Davide interviene. V. 5: "Davide con i suoi uomini scese a Keila, assalì i Filistei, portò via il loro bestiame e inflisse loro una grande sconfitta". Davide è convinto di aver compiuto un'impresa meritevole di approvazione che potrebbe valere come principio in vista di un riconoscimento che rimuova un'antica condanna a morte e gli restituisca una posizione di prestigio nei confronti del re o, comunque, nei confronti dell'opinione pubblica. E non è così: Davide è veramente reietto, rifiutato e tradito.
Liberò gli abitanti di Keila. "Quando Ebiatar figlio di Achimelech si era rifugiato presso Davide, l'efod era nelle sue mani". Davide si è insediato in quella città ritenendo che fosse un luogo adatto per riacquistare credibilità pubblica, ma non è così. V. 7: "Fu riferito a Saul che Davide era giunto a Keila e Saul disse: «Dio l'ha messo nelle mie mani, perché si è messo in una trappola venendo in una città con porte e sbarre». Saul chiamò tutto il popolo alle armi per scendere a Keila e assediare Davide e i suoi uomini. Quando Davide seppe che Saul veniva contro di lui macchinando disegni iniqui, disse al sacerdote Ebiatar: «Porta qui l'efod». Davide disse: «Signore, Dio d'Israele, il tuo servo ha sentito dire che Saul cerca di venire contro Keila e di distruggere la città per causa mia. Mi metteranno nelle sue mani i cittadini di Keila? Scenderà Saul, come ha saputo il tuo servo? Signore, Dio d'Israele, fallo sapere al tuo servo». Il Signore rispose: «Scenderà»". Gli abitanti di Keila sono pronti a consegnare Davide - che pure è stato il liberatore per loro - al re. Questa constatazione è motivo di una delusione profondissima per Davide che si aggiunge a tutti gli altri disagi di ordine pratico, oggettivo materiale insieme a disagi di ordine interiore che hanno interpellato la sua coscienza fino a questo momento. V. 12: "Davide aggiunse: «I cittadini di Keila mi consegneranno nelle mani di Saul con i miei uomini?». Il Signore rispose: «Ti consegneranno». Davide si alzò e uscì da Keila con la truppa, circa seicento uomini, e andò vagando senza mèta". Questo è Davide; non è solo un vagabondaggio in senso geografico, ma è il vagabonaggio di chi non sa più dove andare a sbattere la testa. "Fu riferito a Saul che Davide era fuggito da Keila ed egli rinunziò all'azione.
Davide andò a dimorare nel deserto in luoghi impervii, in zona montuosa, nel deserto di Zif e Saul lo ricercava sempre; ma Dio non lo mise mai nelle sue mani". Questo versetto è decisivo: Davide è nel deserto, alle prese con l'esperienza di una solitudine sempre più straziante; l'incapacità di comunicare, la perdita di una dignità pubblica, di una identità civile corrispondente alla sua intenzione profonda di essere custode del suo popolo, impegnato a curare il progresso di quella popolazione che dimora in zone di periferia esposta a tanti rischi. In questa solitudine, rifiutato da tutti e tradito da coloro che avrebbero dovuto avere un buon motivo di essere grati nei suoi confronti, Davide incontra Dio. Lo dicono magnificamente quei Salmi cui accennavo poco fa, dal 50 al 70 dove più volte, nelle intestazioni, si ripete "quando Davide dimorava nel deserto". Avete tutti nelle orecchie il Salmo 63, Salmo delle Lodi della prima domenica del Salterio: "L'anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?". Nel deserto con l'anima e la gola riarsa; non c'è acqua, l'orante è abituato a giacere sulla terra: "quando verrò e vedrò
il volto di Dio?". Rifiutato, abbandonato, tradito, misconosciuto, svuotato di prestigio, sconfessato nelle sue migliori intenzioni, Davide scopre di essere accolto da Dio, di trovare dimora nel grembo della misericordia di Dio. " Saul lo ricercava sempre; ma Dio non lo mise mai nelle sue mani".
Ultimo incontro con Giònata
Cap. 23, vv. 15-18. Leggiamo la notizia sull'ultimo incontro tra Giònata, il figlio del re, e Davide. Giònata è andato a cercarlo nel deserto di Zif, a Corsa dove Davide è andato a rintanarsi e i due amici si salutano per l'ultima volta. Un commiato particolarmente dolente; Giònata dice espressamente: "io lo se che tu devi crescere e io diminuire" (sono le parole che poi userà Giovanni Battista nei confronti di Gesù: "tu sei il Cristo, non io; tu sei il Messia, non io). V. 18: "Essi strinsero un patto davanti al Signore. Davide rimase a Corsa e Gionata tornò a casa". E Giònata dichiara così di essersi perfettamente convinto circa quella che sarà l'evoluzione futura degli eventi, ma i fatti, intanto, sono quelli che conosciamo. Davide rimane nel deserto, fuggiasco, condannato a morte, inseguito; solo Dio è rifugio per Davide.
Scontro e separazione di Davide e Saul
VV. 19-28. Nello stesso capitolo 23 veniamo a sapere che c'è un'ulteriore esperienza di tradimento. Si tratta di una delazione perché Davide bazzica negli ambienti di una popolazione che si muove alla ricerca di pascoli a seconda delle stagioni ed è informata di tutto quello che avviene.
"Ma alcuni uomini di Zif vennero a Gàbaa da Saul per dirgli: «Non sai che Davide è nascosto presso di noi fra i dirupi? Ora, atteso il tuo desiderio di scendere, o re, scendi e sapremo metterlo nelle mani del re»". Un'offerta di collaborazione per consegnare Davide. Saul è entusiasta e vuole organizzare subito l'impresa. Arriva con i suoi uomini e organizza un inseguimento rapidissimo (la scena diventa rocambolesca): "Andate dunque, informatevi ancora, accertatevi bene del luogo dove muove i suoi passi e chi lo ha visto là, perché mi hanno detto che egli è molto astuto. Cercate di conoscere tutti i nascondigli nei quali si rifugia e tornate a me con la conferma. Allora verrò con voi e, se sarà nel paese, lo ricercherò in tutti i villaggi di Giuda»". Davide, ancora una volta denunciato e tradito sembra non avere via di scampo. V. 24: "Si alzarono e tornarono a Zif precedendo Saul. Davide e i suoi uomini erano nel deserto di Maon, nell'Araba a meridione della steppa. Saul andò con i suoi uomini per ricercarlo. Ma la cosa fu riferita a Davide, il quale scese presso la rupe, rimanendo nel deserto di Maon. Lo seppe Saul e seguì le tracce di Davide nel deserto di Maon. Saul procedeva sul fianco del monte da una parte e Davide e i suoi uomini sul fianco del monte dall'altra parte (è uno di quei profondi canyon nel deserto di Giuda). Davide cercava in ogni modo di sfuggire a Saul e Saul e i suoi uomini accerchiavano Davide e i suoi uomini per prenderli. Ma arrivò un messaggero a dire a Saul: «Vieni in fretta, perché i Filistei hanno invaso il paese». Allora Saul cessò di inseguire Davide e andò contro i Filistei. Per questo chiamarono quel luogo: Rupe della separazione". Non è soltanto la denominazione di quella località geografica, ma una qualificazione che serve qui a legare quella località agli eventi di questa storia così terribile, ma anche misteriosa e rivelatrice di qualcosa di nuovo e d'inimmaginabile per cui gli inseparabili si separano. Quello che avviene a Davide riguarda Saul; e quella che sarà l'avventura man mano che si aprirà per lui la strada dell'uscita dal deserto (ci vorrà ancora un bel po' di tempo), riguarda Saul. Il fallimento di Saul è risucchiato, recuperato, riconciliato in obbedienza a quello che sarà il percorso di Davide che passa attraverso il deserto e ne verrà fuori, perché nel deserto Davide ha incontrato il grembo del Dio Vivente che lo ha accolto e fa di lui una creatura nuova.
Davide risparmia Saul
Capp. 24 e 26. Il capitolo che segue (24) ci dà la dimostrazione esplicita di questa novità che ormai definisce la fisionomia interiore del nostro personaggio. Poi constateremo che le cose non vanno esattamente come noi, secondo nostri criteri di moralità o di devozione, immaginiamo; però il cambiamento è certamente vistoso. E bisogna che ce ne rendiamo conto perché è arrivato il momento in cui Davide potrebbe vendicarsi e non lo fa; potrebbe colpire Saul e non ne è capace. Qualcosa di nuovo è avvenuto nell'animo di Davide: c'è una maturazione interiore, un'evoluzione, una fioritura di atteggiamenti e sentimenti nuovi nel suo animo. I capitoli 24 e 26 vanno insieme e fanno da cornice al cap. 25 su cui ci soffermeremo tra qualche momento. In due occasioni Davide potrebbe vendicarsi e non ne è capace: ha incontrato Dio. Ẻ mutato l'impianto interiore nei suoi pensieri, desideri, nel suo modo di interpretare la relazione con il mondo attorno a lui in un contesto così compromettente e così ostile come quello di cui ci siamo resi conto. Saul è il suo nemico, ma Davide non ha più nemici.
Cap. 24: "Saul tornò dall'azione contro i Filistei, gli riferirono: «Ecco, Davide è nel deserto di Engàddi»". Davide è là, rintanato in una caverna con i suoi uomini. Saul entra in quella caverna per sue necessità. Gli uomini di Davide gli dicono: "Guarda che è il Signore che te l'ha messo nelle mani, colpisci. Ẻ lì. Puoi fare di lui quello che vuoi". Davide non vuole, non può; è il "consacrato" del Signore. Taglia un lembo del mantello. Saul esce e Davide gli va appresso e lo chiama: "Perché ce l'hai con me?". E, dal v. 9, un bellissimo discorso di Davide che si rivolge a Saul come un devoto vassallo, lo chiama "padre mio" come un figlio rispettoso. "Io non ce l'ho con te, ma perché ti comporti così con me? Ecco il lembo del tuo mantello". E Saul piange in quell'occasione. Ẻ pieno di contraddizioni; nell'animo suo c'è una grande confusione Si rende conto che Davide ha tutti i titoli validi per assumere una posizione di governo, ma è intrappolato dentro le sue angosce, i suoi complessi di persecuzione. Ed ecco una tregua, Saul per il momento si ritira. Ma è solo una tregua per cui Saul continuerà nel suo inseguimento.
Sfogliando le pagine e tornando al cap. 25, in un'altra occasione Davide potrebbe colpire Saul e non lo fa.
Cap. 26: "Gli abitanti di Zif si recarono da Saul in Gàbaa e gli dissero: «Non è forse Davide nascosto sull'altura di Cachilà, di fronte al deserto?»" (ci sono sempre i delatori che sperano in un premio da parte di Saul. E Davide sa di non potersi fidare di nessuno)."Saul si accampò sull'altura di Cachilà di fronte al deserto presso la strada mentre Davide si trovava nel deserto". E Davide osserva; è proprio vero. E mentre tutti dormono di notte, Davide, accompagnato da un suo giovane cugino, Abisài, entra nell'accampamento e si accostano a un carro accanto al quale Saul sta dormendo. C'è lì accanto la lancia di Saul piantata per terra e Abisài dice: "Vedi, è lì, uccidilo. Ẻ il Signore che te lo ha messo nelle mani". Davide, tremante: "Non posso colpire il consacrato del Signore". Ẻ interessante notare in questo racconto lo sguardo colmo di pietà, un sentimento di compassione sincero col quale si rivolge a Saul: "Ẻ un pover'uomo stanco e spossato che dorme. Ẻ Saul, il consacrato del Signore". Prelevano la lancia e la brocca che stavano accanto al capezzale di Saul e se ne vanno. Al mattino dopo, Davide, dall'alto della collina, chiama e spiega quello che è successo: si rivolge al generale comandante delle truppe e dice: "Non hai protetto il tuo sovrano. Qui è la sua lancia e la sua brocca". E, di nuovo, dichiara la sua devozione nei confronti del consacrato del Messia. Saul, da parte sua, ancora una volta è commosso; abbiamo constatato nel cap. 24 che Saul piangeva. E risponde a Davide alla fine del cap. 26, v. 25: "«Benedetto tu sia, Davide figlio mio. Certo saprai fare e riuscirai in tutto». Davide andò per la sua strada e Saul tornò alla sua dimora". Ẻ l'ultima volta che i due si incontrano, a distanza. Saul e Davide: un sussulto di nobiltà nell'animo di Saul. Sono separati pur essendo inseparabili. Davide rimane nel deserto e seguiremo gli avvenimenti quando riprenderemo la lettura del libro.
Morte di Samuele e la strana storia di Nabal e Abigail
Cap. 25. Il capitolo si apre con una notizia: "Samuele morì". Nel corso delle sue peregrinazioni Davide ha avuto contatto con Samuele che vive appartato, ormai anziano, in un luogo di preghiera e di raccoglimento, in una comunità di profeti, uomini di Dio. Ẻ una grande figura di comunione, non c'è dubbio. Ẻ un momento al quale partecipano tutti quelli del popolo; è il segno di una storia che è finita, ma è anche l'annuncio di una storia nuova: da Samuele siamo arrivati all'istituzione della monarchia. Profezia, regalità, sacerdozio sono le strutture fondamentali della vocazione mediante la quale Dio ha convocato quel popolo e lo ha coinvolto in un rapporto di alleanza. "Samuele morì, e tutto Israele si radunò e lo pianse. Lo seppellirono presso la sua casa in Rama. Davide si alzò e scese al deserto di Paran".
Davide continua nella sua fuga; c'è stato un momento in cui la storia contemporanea è rimasta in sospeso con la morte di Samuele. Adesso il regno è governato da Saul e Davide, condannato a morte, è in fuga. Si trova nel deserto di Paran. Accade un episodio che conferma quanto già abbiamo intuito. Davide, in queste località di periferia, è coadiuvato da una schiera di gente dedita a imprese scorrette, abituata a vivere senza legge. Ẻ quella banda di fuorilegge che da un certo momento in poi gestisce l'ordine pubblico di quelle zone.
"Vi era in Maon un uomo che possedeva beni a Carmel; costui era molto ricco, aveva un gregge di tremila pecore e mille capre e si trovava a Carmel per tosare il gregge (festa della tosatura). Quest'uomo si chiamava Nabal (Nabal vuol dire stupido) e sua moglie Abigail ("mio padre paga il prezzo per me"). La donna era di buon senso e di bell'aspetto, ma il marito era brutale e cattivo; era un Calebita (nel senso che deriva da un certo Caleb; c'è qualcosa di cinico in questo personaggio). Davide nel deserto sentì che Nabal era alla tosatura del gregge. Allora Davide inviò dieci giovani; Davide disse a questi giovani: «Salite a Carmel, andate da Nabal e chiedetegli a mio nome se sta bene (come sta con la pace. Perché? Perché prendono la tangente per dirla in termini che comprendiamo molto bene. Chi chiede la tangente non viene col mitra; è sorridente, è l'amico che gira di negozio in negozio, sorride e prende il dovuto). Voi direte così a mio fratello: Pace a te e pace alla tua casa e pace a quanto ti appartiene! Ho sentito appunto che stanno tosando le tue pecore. Ebbene, quando i tuoi pastori sono stati con noi, non li abbiamo molestati e niente delle loro cose ha subito danno finché sono stati a Carmel (noi li abbiamo protetti). Interroga i tuoi uomini e ti informeranno. Questi giovani trovino grazia ai tuoi occhi, perché siamo giunti in un giorno lieto. Da', ti prego, quanto puoi dare ai tuoi servi e al tuo figlio Davide». Gli uomini di Davide andarono e fecero a Nabal tutto quel discorso a nome di Davide e attesero. Ma Nabal rispose ai servi di Davide: «Chi è Davide e chi è il figlio di Iesse? (mica è figlio mio). Oggi sono troppi i servi che scappano dai loro padroni (mica è mio fratello, è uno schiavo fuggitivo). Devo prendere il pane, l'acqua e la carne che ho preparato per i tosatori e darli a gente che non so da dove venga?». Gli uomini di Davide rifecero la strada, tornarono indietro e gli riferirono tutto questo discorso. Allora Davide (la risposta è immediata, rapidissima: una spedizione punitiva) disse ai suoi uomini: «Cingete tutti la spada!». Tutti cinsero la spada e Davide cinse la sua e partirono dietro Davide circa quattrocento uomini. Duecento rimasero a guardia dei bagagli". Ed ecco che dove è in corso la festa della tosatura, Abigail, la moglie di Nabal, fu avvertita da uno dei servi che le raccontò che cosa era successo avvisandola che le cose si stavano mettendo male: "se questi intervengono siamo rovinati". "Veramente questi uomini sono stati molto buoni con noi; non ci hanno molestati e non ci è venuto a mancare niente finché siamo stati con loro, quando eravamo in campagna. Sono stati per noi come un muro di difesa di notte e di giorno, finché siamo stati con loro a pascolare il gregge. Sappilo dunque e vedi ciò che devi fare, perché pende qualche guaio sul nostro padrone e su tutta la sua casa. Egli poi è troppo cattivo e non gli si può dire una parola»".
V. 18: "Abigail allora prese in fretta duecento pani, due otri di vino, cinque arieti preparati, cinque misure di grano tostato, cento grappoli di uva passa e duecento schiacciate di fichi secchi e li caricò sugli asini. Poi disse ai servi: «Precedetemi, io vi seguirò». Ma non disse nulla al marito Nabal.
Ora, mentre essa sul dorso di un asino scendeva lungo un sentiero nascosto della montagna, Davide e i suoi uomini scendevano di fronte a lei ed essa s'incontrò con loro". Davide sta rimuginando tra sé e sé i suoi propositi di punizione: "Davide andava dicendo: «Ho dunque custodito invano tutto ciò che appartiene a costui nel deserto; niente fu danneggiato di ciò che gli appartiene ed egli mi rende male per bene. Tanto faccia Dio ai nemici di Davide e ancora peggio, se di tutti i suoi io lascerò sopravvivere fino al mattino un solo maschio!»". Abigail vede Davide, gli va incontro e si prostra dinanzi a lui. E mentre Davide è infuriato e rivendica il suo diritto, dal suo punto di vista, Abigail gli fa un discorso (v. 23): "«Sono io colpevole (non mi sono accorta dei tuoi uomini quando sono venuti; un atto di ossequio nei confronti di Davide che lo costringe a fermarsi, si assume la colpa di quanto accaduto per non essere intervenuta. Fa un appello nel nome del Signore). Ora, mio signore, per la vita del Signore e per la tua vita, poiché il Signore ti ha impedito di venire al sangue e farti giustizia con la tua mano, siano appunto come Nabal i tuoi nemici e coloro che cercano di fare il male al mio signore". Il Signore ti ha preservato dalla violenza e questo è il motivo di tutti i doni che ho portato e che presento a te. Il Signore ti ha impedito di versare il sangue. E Davide comprende. Davide nel deserto incontra Dio; è in grado di manifestare un sentimento di compassione nei confronti di Saul e non si vendica. Davide si trova alle prese con la testimonianza di questa creatura disarmata che gli trasmette la pace, la letizia, la commozione più che mai consolante di chi non esercita violenza. Questa è la storia di Davide nel deserto.
Abigail prosegue nel suo discorso nel quale prevede anche la carriera successiva della quale nessuno è ancora informato, ma è la piega che prenderanno gli avvenimenti, passando attraverso altre situazioni anch'esse piuttosto pericolose.
V. 32. La risposta di Davide: "Davide esclamò rivolto ad Abigail: «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, che ti ha mandato oggi incontro a me. Benedetto il tuo senno e benedetta tu che mi hai impedito oggi di venire al sangue e di fare giustizia da me (queste sono le parole che leggiamo nel Vangelo dell'infanzia secondo Luca quando la madre del Signore visita sua cugina Elisabetta: "Benedetta sei tu". Un'eco che è inconfondibile; la percepiamo immediatamente. "Benedetta tu che mi hai impedito oggi di venire al sangue e di fare giustizia da me"). "Benedetto il Signore! Oggi ho incontrato il Signore". Ẻ Elisabetta che dice: "Come mai la madre del mio Signore viene a Me?". E il bambino che porta nel grembo sussulta di gioia.
"Viva sempre il Signore, Dio d'Israele, che mi ha impedito di farti il male; perché se non fossi venuta in fretta incontro a me, non sarebbe rimasto a Nabal allo spuntar del giorno un solo maschio». Davide prese poi dalle mani di lei quanto gli aveva portato e le disse: «Torna a casa in pace. Vedi: ho ascoltato la tua voce e ho rasserenato il tuo volto».
Abigail torna da Nabal che è ubriaco fradicio. Non può dirgli niente fino al mattino dopo. Quando glielo dice Nabal è preso da un'ischemia e dieci giorni dopo muore. Dopo di che Davide chiama Abigail che si accompagna a Davide e resta accanto a lui.
Il capitolo 25, perfettamente incorniciato dai capp. 24 e 26, ci aiuta a mettere a fuoco questo straordinario valore teologico della narrazione che rievoca i fatti dolorosissimi della permanenza di Davide nel deserto come luoghi e tempi dell'incontro con il Signore che lo ha accolto, gli ispira sentimenti di compassione, gli disarma le mani laddove la logica del mondo, nel quale sta cercando di barcamenarsi, vorrebbe l'uso della violenza. "Benedetto il Signore!". Davide è diventato pazzo.