Incontri di discernimento e solidarietà
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18 aprile 2015

Discernimento sull'oggi alla luce della lettera di Giacomo


Alberto La Porta

Questo sabato lo dedichiamo al discernimento dell’oggi ( realtà personale,comunitaria,politica,ecclesiale) a partire dall’ascolto, o meglio riascolto della lettera di Giacomo, alla quale Padre Pino Stancari ha dedicato le lectio divine dei primi mesi dell’anno, lectio sempre belle e stimolanti che si possono trovare nel sito dell’associazione Maurizio Polverari all’indirizzo: http://www.incontripioparisi.it/lectiodivina/

E’ una esperienza che abbiamo ritenuto importante, perché altrimenti l’ascolto della lectio di per sé sempre fecondo,rischia di non esprimere tutta la ricchezza di cui è portatrice la parola di Dio, sminuzzata, spiegata,ascoltata se non si confronta con la realtà in momenti dedicati ad un discernimento specifico e questo in forma comunitaria attraverso quella che Pio chiamava “ collazione”, messa in comune di ciò che lo Spirito ci suggerisce.

Ricordo, ancora, un incontro di discernimento fatto con Pio , dopo l’ascolto della Parola di Dio e un congruo periodo di silenzio,che mi colpì perché furono espresse riflessioni importanti, che prima dell’ascolto neanche noi sapevamo sarebbero emerse. Il far silenzio e il condividere i frutti dell’ascolto furono al centro di una esperienza memorabile, anche se molti incontri si sono caratterizzati per questo.

Dedichiamo dunque la mattinata al riascolto della lettera di Giacomo, a venti minuti di silenzio e alla condivisione successiva, sempre nel contesto della preghiera liturgica del giorno ( lodi ed ora sesta),utilizzando il sussidio che Laura ha per noi predisposto. E’ più importante che mai l’invocazione dello Spirito Santo con cui sempre iniziamo i nostri incontri,per avere forza e luce per discernere l’oggi, non giudicare , accogliere e comprendere la realtà alla luce del Cristo risorto.

Segue invocazione dello Spirito Santo e lodi del sabato, lettura ascolto continuo di tutta la lettera di Giacomo e una pausa di silenzio di 20 minuti.

Giulio Cascino

Questa lettera di Giacomo rientra tra le lettere cattoliche che la Chiesa madre di Gerusalemme invia ai pagani, che hanno ricevuto e accolto il messaggio evangelico per illuminarli e incoraggiarli: è,quindi, indirizzata proprio a noi, che non apparteniamo al mondo giudaico. La lettera esprime il magistero della prima comunità cristiana, cioè dei primi che hanno incontrato ed accolto il Cristo e che sentono l’urgenza di una evangelizzazione al di là dei confini del mondo giudaico.

Una prima sottolineatura riguarda la perfetta letizia dei cristiani proprio nella prova e nella pazienza che essi sono chiamati a vivere come frutto dell’incontro con il Cristo;una seconda osservazione riguarda la apparente contraddizione tra opere e fede, che Giacomo chiarisce essere entrambe fondamentali contro delle interpretazioni emergenti che interpretavano erroneamente la dottrina di Paolo circa il primato della giustificazione per fede e la gratuità piena della grazia.

C’è il problema del linguaggio,della sua importanza e ambivalenza( ricordiamo tutti quanto Padre Corradino insisteva sui guasti del verbalismo, del parlare a prescindere dalla coerenza delle opere) . Alcuni “mestieri” richiedono che si debba parlare ( il politico, l’avvocato, il predicatore); ma attenzione ( ci ammoniva padre Corradino e ci ammonisce qui Giacomo) a come si usa il linguaggio. La testimonianza è con le opere, qualche volta occorre anche usare le parole; la testimonianza sono le opere prima ancora delle parole. Il linguaggio del credente sono le opere.

Altri temi infine sono quello della disunione come ferita della fratellanza,come scandalo che va assolutamente evitato, come idolatria dell’io ,dell’egoismo, dell’egocentrismo, del dio denaro presente oggi come allora. Gli affaristi dice Giacomo non sono tanto i ricchi, ma tutti quelli che vogliono diventar ricchi. E viene sottolineata la ricchezza della povertà, ciò che ricorda proprio quella cattedra dei poveri e dei piccoli alla quale Pio tanto ci ha richiamati.

Infine l’importanza della preghiera sia personale che della Chiesa: nel progetto di salvezza noi siamo coinvolti e responsabili gli uni per gli altri. E qui viene proposta l’importanza della fratellanza, che come sapete è un mio pallino , anche per la sua valenza coinvolgente i rapporti politici.

Questi alcuni dei messaggi di Giacomo che mi hanno illuminato.

Pino Macrini

Molto mi ha colpito il richiamo di Giacomo per tutti noi alla unitarietà di atteggiamento( precisa che se qualcuno infrange un punto della legge, infrange in realtà tutta la legge). Può sembrare integralismo, ma in realtà è il richiamo ad una coerenza totale richiesta ad ogni cristiano. A me capita di pensare che sul grosso sono più o meno in regola, ma a guardar bene è difficile distinguere ciò che più importante e ciò che lo è meno se c’è una sequela vera del Cristo ed un incontro con Lui non superficiale. Ci è richiesta una sapienza profonda che sola può venire da Dio ( essa è pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti... ), mentre la nostra sapienza umana è fatta di spirito di contesa, di vanto, di menzogna, ( dice Giacomo che è “ terrena ,carnale,diabolica). Mi viene in mente il libro della Sapienza,là dove Salomone chiede a Dio la sapienza perché lo sostenga nelle fatiche e nelle scelte quotidiane, quella Sapienza che era presente e assisteva il Signore nella creazione, Sapienza che mostra l’uomo ciò che è gradito a Dio e conforme ai suoi decreti.,Siamo richiamati ad un aspetto di sostanza ,più che di rispetto di norme. Ciò che si ritrova in un modo di dire proprio della sapienza popolare in Calabria di qualche anno fa, parlando dei progetti per il futuro: “ Se il Signore vuole”, cioè se è conforme a suo progetto d’amore . Giacomo suggerisce appunto un atteggiamento del cristiano che non si ferma alle norme, ma si configura come relazione d’amore, che richiede perciò un a profonda e totale coerenza ed unitarietà e perciò una impegnativa revisione continua e totale della vita.

E c’è, infine, un richiamo forte, quanto mai attuale ,a non mescolare la fede con favoritismi personali, a non subire gli innumerevoli condizionamenti sociali in considerazione del personaggio sociale o del vantaggio possibile da certe situazioni, tentazione forte ieri come oggi anche tra i cristiani.

Alberto La Porta

Le cose che mi hanno colpito ascoltando la lectio di padre Pino e rileggendo la lettera di Giacomo sono molte , a partire da un forte richiamo alla coerenza del cristiano( del discepolo che ha incontrato il Cristo), nelle parole, nelle azioni, negli atteggiamenti.

Mi soffermo in particolare su alcuni aspetti.

Innanzitutto lo stile di Giacomo nel parlare “ alle dodici tribù disperse nel mondo”, che siamo anche noi.

Uno stile pacato,improntato ad una testimonianza didattica che vuol convincere, senza giudicare o condannare nessuno. Uno stile di evangelizzazione che è schietto( il vostro si sia si e il vostro no sia no egli suggerisce), ispirato a saggia mitezza, uno stile, mi sembra di poter dire, dopo un anno di lettura della Evangelii Gaudium, che è sostanzialmente quello proposto da Papa Francesco ai cristiani d’oggi.

Questo stile pacato si ritrova anche quando Giacomo interviene sulla polemica che non è con Paolo sul rapporto tra fede ed opere , che sono entrambe decisive nel cristiano. Taluni superficialmente interpretando S. Paolo vanno sostenendo che le opere sono secondarie e ciò che conta per la salvezza è solo la fede. Come dire” credi e fai come ti pare”, che qualcosa di lontanissima dall’insegnamento e dalle preoccupazioni di Paolo. Giacomo sottolinea con esempi di vita concreta che “ la fede, se non ha le opere, è morta in se stessa”. La fede è fondamentale, ma sono essenziali anche i frutti della fede, cioè le opere coerenti. Abramo è uomo di fede e uomo di opere.

Noto dunque uno stile di “saggia mitezza” fondamentale, che deve riguardare il magistero e la testimonianza( che padre Pino qualifica come” didattica”), di ogni cristiano. Non richiamo solo norme,non giudico, non condanno,non guardo dall’alto in basso, ma mi mostro accogliente, comprensivo della situazione dell’altro pur non dimenticando la realtà e le contraddizioni, e dando un sostegno a riparare in direzione del progetto d’amore di Dio.. Si tratta di un atteggiamento quanto mai concreto ed attuale, come si può ricavare dal dibattito attuale sulla famiglia e sulle questioni più spinose,più drammatiche per le sofferenze connesse. che a quanto ho capito è stato sostenuto dal Cardinal Kasper nel recente sinodo della famiglia. La mia parrocchia ha organizzato in preparazione alla Pasqua una veglia di preghiera sulla famiglia,la cui impostazione richiama questo contributo, apprezzato dal Papa, ma contestato da molti cristiani più legati al rigore delle norme.

Un alto punto che mi ha colpito è quella che Padre Pino ha definito “spirale della delusione” denunciata da Giacomo tentazione che coinvolge ciascuno di noi nella vita d’ogni giorno e nelle situazioni quotidiane,una spirale che è molto all’opera.

Spesso pensiamo di fare tutto quello che ci viene richiesto in famiglia, sul lavoro, con i vicini,nei partiti,nelle parrocchie e poi sentendoci inascoltati addossiamo le responsabilità delle situazioni o dei conflitti sugli altri.

Rispetto ai figli, rispetto ai nipoti,rispetto agli altri siamo più pronti a vedere quello che gli altri non fanno, o sbagliano, che quello che noi non facciamo o sbagliamo. Una logica di delusione finisce per bloccarci e deresponsabilizzarci,farci vedere solo le nostre ragioni ed entrare in una logica senza misericordia e di scoraggiamento, perdendo di vista il disegno e l’azione del Signore sulle nostre vite.

La condivisione prosegue dopo una pausa dedicata alla consueta “agape” di mezza mattina

Soana Tortora

Desidero porre l’accento su una parola, che percorre tutto il testo: la parola pazienza, che si collega alla mitezza già sottolineata, ma è anche una forma di disciplina.

Pazienza ha la radice del patire, e richiama tutto il tema delle prove del cristiano di cui ampiamente parla Giacomo, ma anche il compatire, il patire con a cui Pio continuamente ci richiamava,nel senso di uno spirito di unitarietà ,solidarietà,fratellanza. “Confessate i vostri peccat gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti” è il monito di Giacomo per tutti noi.

L’altra cosa che mi sembra importante sottolineare è che questa lettera ha due caratteristiche che mi colpiscono: una semplicità ed una chiarezza straordinarie, con un linguaggio molto diretto; l’essere indirizzata proprio a noi, parlando di noi. I pagani siamo noi, dentro un cammino di evangelizzazione e una vita di prove, illuminati da una parola che ascolteremo sempre di più che è la misericordia,una misricordoa fatta di fede, fatta di opere,fatta di preghiera. Ed è una misericordia che si traduce (Gc 1,27) nel “ soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni ( le opere necessarie) e conservarsi puri da questo mondo ( la fede), fuori dalla logica mondana,la logica delle apparenze, con un tentativo forte di concentrarsi sul proprio cammino di vita cristiana coerente di fede e di preghiera insieme.

Tutta la lettera è percorsa dal richiamo ad essere persone intere davanti a Dio, che operano nel disegno di dio con la logica del Magnificat ( sia fatta la tua volonta’),persone che operano nel disegno di Dio,e dentro questo cammino operano,vivono,hanno le prove,sbagliano,credono epregano. E poi sia fatta la sua volontà, proviamo. Dio è misericordioso.

Franco Passuello

Sono molto d’accordo con quello che avete detto in molti su questa lettera di grande attualità.

L’attualità della lettera si mostra già dall’inizio, allorché si richiama la perfetta letizia. Il tempo che viviamo è il tempo della prova, è un particolare tempo di prova dove tutto quello in cui abbiamo creduto sembra scompaginato e contraddetto tutti i giorni. Il mondo , ai nostri occhi,va in direzione opposta alle nostre speranze, che il Vangelo ci dice essere le vie del regno? Siamo dentro queste prove con in cuore la perfetta letizia?Siamo convinti che la prova è la via per la pienezza di vita cristiana e quindi umana ?Questo mi ha messo in difficoltà; io non vivo questo periodo con questo stato d’animo. Se c’è un tempo di prova che noi viviamo più depressi che nella speranza è proprio questo tempo. A parte papa Francesco che nella evangelii gaudium ha espresso il suo sperare e il suo programma di servizio pastorale. Dunque un primo punto: noi non viviamo le prove dell’oggi nella perfetta letizia.Certo è fondamentale il fiat voluta tua, ma questo è meno semplice di quel che può apparire, vedi il richiamo ad Abramo invitato a sacrificare il suo unico figlio e la meretrice Raab, giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori del popolo di Israele.

Anche considerando l’età, cosa posso fare, quali opere significative posso fare? C’è una risposta nell’affidarsi interamente a Dio, perché come sottolinea Giacomo come filo rosso di tutta la lettera tutto quello che è buono viene dall’alto, non viene da voi. L’indicazione è perciò vivere la perfetta letizia nell’esperienza del proprio limite riconoscendo la grandezza dell’opera di Dio.

Mi colpisce il fatto che i mali che Giacomo denuncia sono gli stessi della Chiesa di oggi,perché la critica che fa non a Paolo, ma ai paolini è di vivere in contraddizione con il Vangelo tanto ci giustifica la fede. Nella lettera ho sentito il richiamo ad un affidarsi completamente a Dio, che sento grazie all’età particolarmente in questa fase della mia vita.

Giulio Cascino

Posso fare una- due glosse?

L’affidarsi a Dio e alla sua azione salvifica è proprio frutto pasquale, sul quale stiamo riflettendo in questo periodo di Pasqua. Non so se l’avete notato . ma i discepoli che hanno a lungo vissuto con Gesù non capiscono la Resurrezione, almeno fino a Pentecoste, combattuti tra incredulità e gioia di vedere il risorto,paura e speranza. Fanno una enorme fatica a credere all’opera di Dio.

Una seconda glossa riguarda l’attualità di ciò che ci dice Giacomo. Noi viviamo in un periodo in cui le cose che ci diciamo già di per sé complicate,lo sono ancor di più. Si sono verificate due cose:

1° l’illuminismo prima e l’idealismo dopo hanno molto centrato sull’io, hanno realizzato un forte spostamento dell’interesse sull’io e la sua realtà fino a negare la realtà che ci circonda frutto proprio e solo dell’io ( ad e. questo accendino non esiste in sé ma solo perché lo penso io, cioè non esiste di per sé al di fuori di me), con la conseguenza di un totale relativismo sia intellettuale che etico.

2°Si è verificato un dominio potente e prepotente dei mezzi di informazione, per cui l’apparenza è quella che conta. Le parole scissa dalla realtà . Diceva Mons. Martini “ Le parole hanno il volto di chi le pronuncia”.

Es. un testo sull’onestà letto da Totò Riina e letto da un galantuomo: pur essendo identiche le parole acquistano un significato del tutto diverso. In questo periodo l’apparenza domina sulla sostanza; è più importante apparire che esse, ciò che è proprio il contrario di quanto ci dice Giacomo.

Bisogna risalire una china di generalizzato relativismo, in cui si punta sull’ io in modo esasperato,con una attenuazione data dal richiamare la tolleranza che in realtà è poco più di una sopportazione e quello che conta è solo l’apparenza,l’immagine di efficienza,di onestà,di democrazia ecc. La politica è dominata dall’apparire.

Soana Tortora

Permettete una glossa che ci aiuti ad uscire da una spirale di depressione. Dentro la realtà vi sono anche segni di quella perfetta letizia di cui parla Giacomo. O noi crediamo alla luce del Vangelo del progetto di Dio già e non ancora realizzato pienamente allora possiamo vedere la luce alla fine del tunnel oppure cadiamo inevitabilmente in una spirale di frustrazione e scoraggiamento, non ci aiutiamo l’uno con l’altro,nel senso che la nostra fratellanza finisce per diventare una fratellanza per la discesa. Certo la perfetta letizia come ricorda Franco è accettare i limiti e fidarsi,affidarsi al Signore,ma attenzione a farci fagocitare dai segni della delusione. Il problema è che ciascuno di noi è fatto di tutte e due le cose,segni della luce e segni delle tenebre. Il punto è riuscire a vedere anche i segni della luce. L’aiuto che noi possiamo darci, fuori da ogni teoria o metafora,di trovare in noi e fuori di noi i segni della luce, i segni del Risorto . Non è che scanso il dolore perché lo vivo; ma un conto è farne un idolo, un conto realizzare condivisione , farci forza, prendersi carico gli uni degli altri ,che è in realtà l’ ama il prossimo tuo come te stesso.

Edmondo Cesarini

Voglio fare qualche osservazione sul tema della parola, sulle parole.

Rogers, il fondatore della psicologia umanistica, diceva che le parole sono relazioni; Vitgestein diceva che le parole sono pietre nel senso che hanno un peso più grande di quanto normalmente si pensa: Pannikar diceva che la parola è sacramento. Ma quello che ha detto la cosa più interessante dal punto di vista di quanto riflettiamo stamane è Manzoni , nei Promessi Sposi:” la vita è il paragone delle parole”

La parola ha un senso, valore e significato in base al tipo di vita di chi fa la valutazione. Il problema non è tanto tra importanza delle parole od,opere,ma di coerenza tra quello che uno fa e quello che uno dice.

E questa è la cosa più importante perché allora la contrapposizione tra opere e fede passa in secondo piano; tu non puoi avere una intellettualità disgiunta da quello che fai. Certamente quando Paolo diceva che solo la fede giustifica intendeva dire che la salvezza comunque è dono, azione gratuita di Dio, che in nessun modo si può acquisire per meriti nostri. In realtà la vita è il paragone delle parole e da questo punto di vista sono sempre rimasto colpito come tutti i miei guai, parlo per me, sono derivati tra la scarsa coerenza tra la nostra vita e quello che poi affermiamo con le parole .Quello che facciamo è spesso frutto della nostra dimensione emotiva, se vogliamo in notevole misura dell’inconscio e allora voglio sollecitare

tutti noi a cercare la massima coerenza tra la dimensione emotiva e la nostra elaborazione intellettuale,la nostra identità, la nostra personalità. Anche perché tutti i mistici arrivano alla conclusione che per entrare in relazione con la divinità occorre entra in relazione con la dimensione più profonda di noi stessi. A volte noi con le vicende della vita costruiamo una sovrastruttura intellettuale e culturale che a volte risulta del tutto estranea al nostro intimo, se vogliamo alla nostra anima. Questo è un tema . personalmente sia trascurato nella predicazione, nella omiletica: la coerenza tra ciò che diciamo e il nostro agire,tra il nostro essere figli di Dio, fratelli di Cristo che non dipendono dalle nostre idee, da quello che sappiamo fare o non fare, e quello che quotidianamente facciamo.

Anna Polverari

Sì, è vero quanto diceva Franco: c è’una piccola babilonia, nella quale viviamo anche per le nostre contraddizioni quotidiane, che a volte ci paralizzano e a volte, troppo spesso direi ci fanno tornare indietro

E questo significa proprio una mancanza di discernimento. Allora cerco aiuto, certamente nella preghiera,

in voi amici. Per cui n effetti mi sento una privilegiata, perché è una amicizia che ci sostiene da anni e non è qualcosa di poco conto. E’ una cosa che è cresciuta con noi.

Però io lo vivo questo disagio mentre il motore della nostra vita dovrebbe essere questa perfetta letizia di cui parla Giacomo. Tutto è venato dalla malinconia e dalla distanza tra vita concreta e quello che dovrebbe essere l’essenza della vita cristiana. E allora si imposta male tutto : il rapporto con il vicino di casa, il rapporto con quella persona che ha sbagliato e si perde questo sollevamento da terra. Per essere come ti vuole il Padreterno implica “radersi a terra” e non solo alla fine della giornata, ma in ogni momento riconoscendo la distanza con quanto ci chiede il Signore in ogni relazione,con la mia fragilità Il tentativo c’è, ma devo confessare che il terreno mi sfugge sotto i piedi. C’è un aiuto per questo che chiedo alla vostra solidarietà. Ci proviamo a far trasformare in ricchezze le nostre povertà e ci ritroviamo immersi tutti immersi in questa inadeguatezza.

Massimo Panvini

Permettete che scenda nel personale, mi soffermi in quello che l’ascolto di Giacomo ha provocato in me.

Questa lettera è consolante, ma non è consolatoria, almeno non deve esserlo. Qui c’è l’invito ad ascoltare Dio e poi come diceva Pio a dargli retta.

Finché si parla d’ascolto, si cerca di ascoltare;per la conversione si cerca di annullare l’io”, o meglio ridurne a quello che deve essere senza prevaricare. E questo è un lavoro che può essere duro, ma ci può stare e può riuscire. A questo punto viene fuori ilo dilemma decisivo. Non dobbiamo confondere la mitezza con la viltà. Ed ecco perché la lettera non deve essere consolatoria. Siamo fortemente interpellati quando Giacomo ci invita a non esitare, a fare opere frutto ed espressione della fede, ad essere coerenti. Certo io cerco una certa coerenza, ma non incido sugli altri. Mi sembra di essere il personaggio di Woody Allen ,Zelig, un personaggio che in qualunque gruppo si trovi cerca di essere come gli altri, di scomparire. Dovunque si mimetizza: lui ebreo si trova addirittura al comizio di Hitler,incita la folla,perché ciò dà sicurezza. A me sembra di essere questo personaggio, perché la mitezza suggerisce di non giudicare e di essere comprensivo, ciò che io cerco di fare verso gli altri. Però ad un certo punto comprendere, perdonare può significare anche venir meno al dovere della parresia nel mettere in guardia gli altri dalla inaccettabilità di determinati comportamenti. Qui allora qualcosa non torna; non puoi trincerarti dietro il “sei fatto così”.

Parlo per me. Ma sento che facilmente la mitezza può sfociare nel viltà, nella ricerca di pace ad ogni costo.

E’ un problema che devo risolvere, anche con il vostro aiuto. Anche perché sento, come diceva qualcuno che il tempo è breve, non ho molto tempo per cambiare. Ci sono le opere alle quali siamo chiamati ed un’opera è fare un primo passo che dipende da me.

S.Ignazio negli esercizi dice: “ Ringrazia Dio perché fin’ora il Signore non t’ha fatto morire e quindi mandato all’inferno perché sei uno sciagurato. Nel poco tempo che ti rimane cerca di tirati fuori.” Non voglio metterla in questi termini, ma sento di dover operare andando oltre un atteggiamento solo difensivo o passivo. La risposta c’è e sono chiamato a farmene carico distinguendo tra mitezza e il non muoversi, il lasciar fare per un falso rispetto e un lasciar correre per quieto vivere.

Edmondo Cesarini

Una piccola chiosa. Prima citavo Manzoni,che diceva che le parole hanno valore alla luce della vita, così nella stessa maniera la nostra stessa vita è parola che viene detta. Anche se non sto lì a dire aduno “ guarda che tu sbagli”, parlo con la mia vita.

Massimo Panvini Rosati

Ti ringrazio, è quello che mi dicono sempre tutti. Ma io non mi sento rassicurato. Grazie per l’aiuto.

Francesco Giordani

In questa lettera di Giacomo appare il rifiuto della logica mondana ( Chi vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio”. Questo lo sento in questo momento come un tasto dolente, come parola per certi versi un po’ sgradita. Forse perché vivo in una fase in cui cerco in tutti i modi di integrarmi nel mondo, senza la certezza di riuscirci, con la possibilità di rimanere emarginato. Il mio sforzo è diretto a stare nel mondo e ad accettare talvolta i suoi meccanismi,la mentalità corrente in modo da ottenere una integrazione.

All’inizio della lettera si parla delle prove della fede cui è soggetto il cristiano. Ecco anche il mondo ci sottopone a prove molto faticosa per ammetterci ed accettarci,prove che accettiamo pur di essere integrati. Le prove nella vita ci sono comunque . Tutto dipende dalle interpretazioni che si danno loro. Questa è un difficoltà che provo. Certo la lettera è un invito a vedere le cose in una prospettiva diversa. La fine di questo mondo con i suoi meccanismi è presentata come una speranza. Giacomo proclama , infatti, solennemente che le ingiustizie ( il salario defraudato, il lavoro sfruttato…) gridano al cospetto di Dio, e che” le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti”.

Francesco Passuello

Volevo tornare al rapporto tra perfetta letizia e pienezza di vita . Infatti la gioia che attraversa la prova attinge alla pienezza di vita Non perché guardo fuori di me, ma perché le opere di cui ci parla Giacomo sono legate al saper essere, che è fare la volontà di Dio, cioè amare il prossimo come te stesso. Ma il prossimo non può diventare un idolo, ci dice il Signore attraverso Abramo . Dio può chiedermi di sacrificare l’unico figlio, il più prossimo dei prossimi e di ucciderlo al suo comando. Guardate che questa è la durezza della fede cristiana, neanche l’amore del prossimo può diventare un idolo. E’ fare la volontà di Dio che rende il mio operare pienezza di vita. Non c’è da cercare una consolazione. Se io percepisco nella prova il mio limite e smentisco, svelo la idolatria verso di me stesso e del mondo, solo allora acquisisco la pienezza della vita, che è la vita dell’amore, che nasce dal fatto che Dio mi ama.

Tutto questo non è facile per me da accettare. La perfetta letizia nella prova vuol dire che mi sento piccolo, non che mi sento grande, un eroe che ha accettato la prova. Ecco la logica della Pasqua: se non accetto di morire, non posso nascere ad una vita nuova. Quindi non posso essere depresso nella prova, se ho la fede. Questo è il punto. Se io distruggo l’egocentrismo, muoio alla vecchia vita e nasco ad una nuova vita, acquisisco la pienezza della vita umana. Ecco la gioia,la buona notizia del Vangelo: Io devo essere sconfitto nella pretesa di fare senza Dio, ( e tutti noi abbiamo questa pretesa con i nostri saperi) e solo allora nasco alla vita nuova,affidandomi a Dio che mi chiede di vivere nell’amore verso i fratelli. Per me sul finire della vita è una gioia scoprire l’importanza non tanto di un saper fare, quanto di un un saper essere che nasce dall’affidarsi completamente a Dio. Fiat voluta tua, che non è affatto facile.

Giulio Cascino

E’ sacrosanto quello che dice Soana: i nostri incontri devono servire non a piangerci addosso , ma a discernere i punti di luce ( quelli che si possono definire le tracce del Risorto) della nostra storia e della storia umana.

Però attenzione c’è anche il pericolo contrario, di vedere solo i punti luce e di non vedere la realtà ,in qualche modo anestetizzandoci in un ottimismo di maniera scordandosi che Gesù ha vissuta la perfetta letizia attraverso l’angoscia , il Getsemani,e la morte in croce.

Pino Macrini

Uno snodo importante della mia vita: se ti esamini bene, scopri le tue debolezze ed è il momento che rischi di paralizzati, deprimerti. Se però nello scoprire le tue debolezze scopri di essere circondato dall’amore di Dio, non può che nascere un sentimento di gioia, di tranquillità. Io per es. questo scatto di gioia non ce l’ho perché mi fermo moltissimo sui miei limiti. Vivere la gioia pasquale rappresenta la prova, la cartina di tornasole della nostra fede e del nostro affidarci con Gesù completamente al Padre.

Alberto La Porta

Adesso preghiamo gli uni per gli altri con l’ora sesta.

Segue e conclude il discernimento la preghiera liturgica della ora sesta.